Il merito (?) è di Enrico Letta, che ha usato l'aggettivo derivato in veste ufficiale, durante una conferenza stampa. Breve storia di un'antica analogia morfologica uscita definitivamente dal turpiloquio

Da tempo "palle" non sembra più una parolaccia. Già i termini che il turpiloquio riprende dalla lingua comune (come "scopare" e "zoccola") sono meno grevi dei loro equivalenti e tutt'al più possono muovere al sorriso quando rendono equivoche certe frasi (telecronaca di Caressa: «Interviene Hulk, con il fisico
ma anche con il fallo»).

Quando poi uno di questi termini produce a sua volta dei derivati la sua volgarità si annacqua ulteriormente: "cazzotto" o "sfottere" sembrano parole normalissime, o appena gergali, e non parliamo di termini che ormai si sono rinverginati perfettamente, come l'insospettabile "buggerare".

"Palla" è in origine l'oggetto sferico con cui si gioca. Per analogia morfologica diviene un termine volgare (spec. al pl., dicono i dizionari) per "testicolo". Riferendosi a organi delicati e bisognosi di quiete e protezione, il nome "palle" evoca la tranquillità turbata. Da qui una serie di modi di dire metaforici: «rompere le palle», «far girare le palle», «che palle!», «avere le palle» (anche «quadre»), «farsi due palle così», fino a termini gergali come «appallatto».

Scrive ancora Alberto Arbasino, che è il più spassoso turpiloquista della nostra letteratura: «Invece che star lì a rompersi le impazienti palle...» (sembra un distico del Parini).

Dal giocattolo ai testicoli alla noia, il sostantivo ha acquisito quindi perso volgarità. L'aggettivo derivato "palloso" forse turpe non è stato considerato mai. Così nessuno si è preoccupato troppo quando Enrico Letta, ha detto in conferenza stampa: «Lo so che tutto ciò che coinvolge Berlusconi per voi è fantastico perché vi consente di scrivere lunghi articoli (risate in sottofondo) mentre le cose pallose (risate più diffuse) che vi racconto io nel merito dei provvedimenti sono molto meno vendibili alla vostra pubblica opinione, però è il mio lavoro, e quindi...». Insomma, il palloso non è vendibile. Potrebbe essere uno di quei "valori" aziendali da scrivere sui muri degli uffici. "Memento mori" (di noia).

Anagramma: postilla a (=) pallosità.