E' stato uno dei personaggi rivelazione del 2014 grazie alla partecipazione al talent musicale, ma è riuscito ad occupare la scena politica con il suo sostegno ai 5 Stelle e le polemiche contro Gasparri e Salvini. L'artista ora parla all'Espresso. E confessa: "Questo lavoro imborghesisce anche chi viene dal popolo come me"

Il disco di platino con l'album “Pop-hoolista”. La grande ribalta televisiva come giudice di X Factor. Le polemiche politiche su Twitter. La decisione di scrivere un inno per il Movimento 5 Stelle. Sono stati mesi intensi, da incorniciare, per il rapper Fedez, fenomeno musicale italiano del momento che ora si appresta al gran finale del talent show di Sky.

Prima di essere tutto ciò, però, Fedez è un ragazzo di 25 anni, all'anagrafe Federico Leonardo Lucia. «Sono cresciuto a Corsico, periferia di Milano. Adolescenza normale, per nulla guerrigliera», spiega in questa intervista a “l'Espresso” mentre, trascinato in macchina, viene palleggiato tra il telefono dell'ufficio stampa e quello della manager (che poi è sua madre).
 
Federico comincia a diventare Fedez a Milano, al muretto di Corso Vittorio e in centri sociali come il Leoncavallo e il Cantiere: «Erano gli unici luoghi in cui potessi davvero fare rap. È lì che ho fatto le mie prime gare di freestyle e ho cominciato a improvvisare testi nelle “slam poetry”, sfide di poesia. Si associano spesso i centri sociali alle canne, ma io le droghe leggere le ho sperimentate in discoteca, lì invece ho cominciato a interessarmi al mondo e alla cultura».
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Sono anni ben lontani dai lussi e dai lustrini di oggi. Fedez lascia il liceo artistico al quarto anno per dedicarsi alla musica. Il padre fa il magazziniere. La madre rimane disoccupata dopo esser stata licenziata da una multinazionale, ma con la liquidazione si comprano un bar a Milano, dove Fedez porta i caffé ai tavoli («Ma non ero proprio uno stakanovista»). È un'esperienza traumatica per la famiglia, perché dopo qualche anno vendono il locale a persone che scappano senza pagarli: «Ci impantanammo in un processo pazzesco, dove sperimentammo sulla nostra pelle che cosa sia la giustizia italiana».
 
Se con i suoi si parla con sfiducia della politica, fuori casa Fedez frequenta il Leoncavallo ma si avvicina sempre più a un fenomeno che sta muovendo i primi passi: «Mi informavo su internet, divoravo certi documentari complottistici tipo “Zeitgeist”. Così scoprii pian piano Beppe Grillo, e nel 2007 partecipai al primo V-Day, a Piazza Cairoli». È l'inizio di un percorso che lo ha portato a «votare sempre e solo M5S» e a scrivere “Non sono partito”, inno della manifestazione tenuta a Roma dal M5S lo scorso 10 ottobre. Una scelta discussa, visto che, dopo che ha attaccato con quel testo il Presidente della Repubblica sulla trattativa Stato-mafia, due improvvidi deputati del Pd, corrente Tafazzi, hanno chiesto a Sky di cacciarlo da X Factor.
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È ben comprensibile il fastidio del Pd. Grillo ha provato così a mettere la bandierina sul fenomeno giovanile del momento, e per interposta persona a sfidare Renzi nel bacino elettorale dei talent, dove il premier si era lanciato, a “Amici”, con tanto di giubbotto alla Fonzie. Fedez è strategico per Grillo perché grazie a X Factor parla ai giovani post-ideologici, ma nelle sue canzoni mescola un messaggio filogrillino a uno “de sinistra”, risultando così funzionale al nuovo posizionamento del M5S per un'opposizione distinta da quella della Lega Nord.
 
È in stile grillino cantare che qui «anche un giornalaio può fare il giornalista», attaccare le banche e persino l'Iva («Rubi il mio fatturato, ma qui non è reato, perché tu sei lo Stato»). Parla ai giovani di sinistra quando critica i lussi della Chiesa, la tv, la polizia e i neofascisti, quando litiga con il proibizionista Giovanardi o sta con i palestinesi (in “Restiamo umani”). Su Twitter è entrato in polemica con due nemici storici della sinistra, Matteo Salvini e Maurizio Gasparri. «Non sarebbe meglio andare in Tanzania a cercare i 40 milioni di euro di rimborsi elettorali che avete fatto sparire?», ha chiesto al primo. Il cyberbullo Gasparri lo ha definito “coso dipinto” criticando i suoi tatuaggi, e, quando ha attaccato una fan del rapper un po' sovrappeso dicendole «Meno droga, più dieta», Fedez ha preso le sue difese («Caro Gasparri, io sono sporco all’esterno ma giudicare le apparenze è l’atteggiamento tipico di chi è sporco dentro»).
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Con le sue rime esprime la rabbia della sua generazione post-ideologica e populista. Ne racconta la vita quotidiana frustrata e low-cost, e le solitudini ipertecnologiche («La tua foto profilo è sempre account a me»). Come mai i giovani si riconoscono in lui? «Sicuramente non sono attratti dalla mia voce, perché non ho un talento vocale, canto di merda, e quindi devono essere i contenuti, su cui punto da sempre. La popolarità del mio sfogo e della mia satira sono la prova che ai giovani, se non gliela racconti in politichese, la politica interessa».

E Renzi? «È giovane solo sulla carta d'identità, dentro è un vecchio democristiano, non ha freschezza. Le sue radici sono sempre quelle di un partito legato al passato e ai multimilionari. Basta vedere chi lo finanzia». Ma c'è qualcuno che gli piace, del Pd? «Bersani è un politicante, ma sembra onesto. Certo, gli mancano un po' le palle». E i sindacati? «Non mi sono mai interessato. Sicuramente hanno le loro colpe. Ma rispetto molto Landini e la Fiom».
 
Insomma è un po' l'ala sinistra del M5S. Senza esagerare, però. Su un forum di internet c'è chi si chiede preoccupato: «Ma è anarchico, comunista o cose di questo genere?». Fedez, che è nato qualche giorno prima della caduta del Muro, ci dice: «Fortunatamente sono cresciuto in un'era in cui il comunismo era solo un'iconografia da t-shirt». Durante la prima puntata di X Factor è stato attaccato per aver criticato la scelta di un brano di Lucio Dalla che parlava di pugni chiusi, sostenendo che era fuori luogo. Fedez ci chiede di poter precisare: «Ti prego, fammi dire che intendevo l'opposto. Non volevo criticare il brano in sé, ma la scelta di usare un pezzo così importante e profondo in uno show con delle coreografie stellari, dove hai anche gli stilisti che ti tolgono i peli dal naso!».
 
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Comunque, quanto al M5S, non è che a Fedez vada bene tutto, soprattutto in questo periodo: «Sull'immigrazione ho posizioni molto diverse, non mi piace che ci sia Rocco Casalino nello staff, e il ruolo di Casaleggio andrebbe chiarito». In verità c'è anche un altro aspetto, che è emerso quando ad aprile una sua fan torinese si è suicidata dopo gli insulti ricevuti su internet, e Fedez ha scritto parole durissime. «No, non ho affatto il mito del web», aggiunge ora: «Devo tantissimo a internet, ma lì esiste una grande libertà che viene sfruttata male. Per dire cose spregevoli nascondendosi dietro la tastiera o nell'anonimato. Per fare i bulli senza prendersi le responsabilità. O per propagandare falsità, e lo dico io che penso ancora che solo sul web può trovare informazioni che vengono nascoste dalla stampa. Certo, su internet trovi di tutto, come quelle storie sulle scie chimiche e i rettiliani, che sono sicuramente affascinanti, ma solo finché hai 17 anni».
 
Nella vita si definisce insicuro, e a X Factor piange spesso. Eppure dai suoi toni tranchant non si direbbe, anche se uno dei suoi pezzi più riusciti si chiama “Generazione Boh”. Fedez è comunque consapevole delle sue molte contraddizioni. Si atteggia a antisistema, ma esalta il mercato ed è dentro il sistema che più non si può, attraverso due multinazionali come Sky e Sony. Ironizza sulla “generazione televoto coi cervelli sotto vuoto”, poi fa il giudice di X Factor. Canta la spassosissima “Alfonso Signorini (Eroe Nazionale)”, ma poi nel video ospita Signorini stesso, con una divertente tutina rosa da supereroe (e il direttore di “Chi” lo mette in copertina con un'intervista titolata “Io contro il sistema”).
 
Conosce così bene le regole del mondo delle spettacolo e le logiche del marketing (come Grillo d'altronde), nelle canzoni si sceglie per le polemiche degli sparring partner nazionalpopolari gustosi, di sicuro richiamo, perfetti da citare nei giornali di gossip e non solo, come Francesco Facchinetti e come Barbara d'Urso (con cui invece Renzi si è fatto un selfie). Con J-Ax ha fondato una nuova etichetta discografica indipendente, la Newtopia. A giudice di X Factor si è autocandidato quando ha saputo che stavano scegliendo un suo collega rapper, a cui ha soffiato il posto. Ha detto che è pronto a vendere alle aziende spazi nei suoi tweet o nelle sue foto su Instagram («Anche a 10mila euro»). Nelle polemiche dimostra una freddezza di esecuzione impressionante, di una persona ben più matura della sua età.
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Gli amici dei tempi del Leonka gli rimproverano di più che è a X Factor o che è vicino a Grillo? «Che ho fatto i soldi con la musica». C'è un momento di libertà che ricorda con nostalgia? «Quando al Leoncavallo rivisitai “Meno male che Silvio c'è” elencando i suoi processi. Oggi, se lo facessi, dovrei rispondere a mille accuse, come il fatto che vado ospite a Mediaset. È vero, devo andare in posti che non mi piacciono, ma non ci sono alternative. Questo lavoro imborghesisce anche chi viene dal popolo come me».
 
Sì, Fedez è un ragazzo che ce l'ha fatta, tramite uno dei pochi ascensori sociali che in Italia ancora funziona, lo spettacolo. Una volta ha detto che nello showbiz si sente trattato «come un pupazzone di Walt Disney». Non si è sentito usato un po' anche dal M5S? «Ti faccio io una domanda», replica: «E se fossi stato invece io a usare loro?». Poi ride, e non si capisce se fosse una battuta.