Il creatore più famoso d’Europa racconta il suo lavoro: alla base di ogni ciak di un film o di una serie tv di successo

Se ci fosse una classifica ufficiale Giuseppe Cristiano sarebbe inserito tra gli “storyboard artist” più richiesti d’Europa. E di certo anche tra quelli più simpatici. Nelle sale italiane è appena arrivato “Cinquanta sfumature di grigio”, mentre il Festival di Berlino ha accolto l’anteprima di “The Circle”, primo episodio dall’omonimo fantasy “The Engelsfors Trilogy” di Mats Strandberg e Sara B. Elfgren. La pellicola prodotta da Benny Andersson degli Abba è in uscita mercoledì 18 in Svezia ed è attesa in tutto il mondo. A maggio sarà invece la volta di “Birkebeinerne” del regista Nils Gaup (candidato all’Oscar nel 1988) quindi del videogame “Mad Max” ispirato al movie di George Miller.

[[ge:rep-locali:espresso:285147442]]Tutte produzioni internazionali alle quali Cristiano ha contribuito con i suoi storyboard, molti dei quali saranno in mostra il 4 marzo in una personale al Berns di Stoccolma. Non si tratta però di un caso eccezionale, perché in passato aveva già collaborato a film come “Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve”, ai video di Radiohead, Madonna e Moby, e alle serie tv “Csi: NY” e “Six Feet Under”.

Ma cos’è uno storyboard, e perché è così importante nel cinema? Il mestiere di Cristiano consiste nel disegnare in ordine cronologico le inquadrature di quella che diventerà un’opera in movimento. Con quale scopo conviene farselo spiegare direttamente da lui che se ne occupa dal 1995, quando ha lasciato l’Italia: «Lo storyboard», spiega, «è fondamentale per ogni produttore. Può essere usato per mostrare l’idea al cliente, per cercare i finanziamenti, calcolare i costi e i tempi delle riprese, per valutare gli effetti speciali e le attrezzature da noleggiare. Il regista lo utilizza invece per spiegare le scene agli attori e al suo team».

Quando il presidente Uefa Michel Platini è stato invitato al gala annuale del calcio svedese nel 2011, Cristiano ha realizzato lo storyboard della cerimonia per la diretta tv. Molte pubblicità portano la sua firma.Quindici anni fa l’artista ha iniziato ad insegnare agli studenti delle scuole superiori e delle università, e ha scritto un numero record di manuali sull’argomento: a luglio la Focal Press lancerà sul mercato americano il suo nono titolo, “Seeing the story”, scritto insieme a Trevor Goring.

I volumi precedenti sono già stati tradotti in cinese, francese, spagnolo e polacco, ma non c’è verso di vederli pubblicati nel nostro Paese, che poi è anche il suo. «In Italia il mio lavoro è poco conosciuto. Tranne casi molto rari - una collaborazione con Cattleya e le presentazioni in 3D delle Olimpiadi di Torino e della Fiera di Milano - è sempre passato attraverso un gancio straniero. Nel 2008 ho collaborato alla pubblicità del canone Rai, ma solo perché mi ha scelto il regista, lo svedese Johan Tappert».

Quando abitava a Casagiove, in provincia di Caserta, aveva pochi contatti locali e disegnava per case editrici di fumetti di Roma e Milano. Raccoglieva grandi apprezzamenti, vedeva poche prospettive e ha fatto le valigie. «All’estero si muove tutto più velocemente, ho imparato da pionieri come Jonas Åkerlund che ha lavorato con Paul McCartney, Lady Gaga e tanti altri. In Italia siamo lenti e burocratizzati, perfino nella gestione dei rapporti all’interno di un gruppo di lavoro. Senza considerare quanto ci vuole a farsi pagare... Ogni volta che torno ho la sensazione di trovarmi in un grande paese delle meraviglie che finisce sempre nelle mani sbagliate».