L’Espresso racconta in anteprima la nuova fatica di Robert Zemeckis con Pitt e la Cotillard. ?E scopre molte somiglianze con “Mr. & Mrs. Smith”. Dove Brad incontrò Angelina

Da tempo, a scatola chiusa, si parlava di “ Allied: un’ombra nascosta” come di uno de i film favoriti per le nomination agli Oscar. Poi invece la nuova fatica di Robert Zemeckis con Brad Pitt e Marion Cotillard è finita nel vortice del gossip come presunta causa del divorzio della premiata coppia Pitt&Jolie, e la qualità del film è finita in secondo piano. Ma l’Espresso, che è in grado di raccontarlo in anteprima, può confermare che “Allied” è un thriller ben confezionato, che meriterebbe di far notizia per le sue qualità e non solo per i pettegolezzi.

Di un possibile flirt tra i due protagonisti si parlava da tempo, ma sembrava essere solo il solito “lancio rosa” che negli anni d’oro di Hollywood era una strategia classica per lanciare un film. Quando però Angelina Jolie ha improvvisamente chiesto il divorzio da Pitt, è sembrata una conferma. Tanto che la Cotillard, incinta del secondo figlio dal compagno storico Guillaume Canet, si è trovata costretta a smentire ufficialmente su Instagram la vociferata liaison amorosa con il bel divo hollywoodiano. Le smentite sono state accolte con prevedibile scetticismo. Anche perché la trama di “Allied” sembra uno scherzo del destino: con quel succedersi di avventure tra spie-killer e doppiogiochiste ricorda per certi versi “Mr. & Mrs. Smith”, film galeotto che nel 2005 fece scoppiare la passione tra Pitt e Jolie e mandò in frantumi il matrimonio di lui con Jennifer Aniston. E del resto anche Cotillard e Canet, si sono innamorati sul set, mentre recitavano la parte di due amanti in “Amami se hai coraggio”.
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“Allied” però non ha nulla della leggerezza da “sophisticated comedy” del film di Pitt e Jolie. È invece un thriller romantico teso e cupo, ambientato durante la Seconda guerra mondiale. La sceneggiatura originale - per una volta il film non è la trasposizione di un romanzo - è firmata da Steven Knight, già collaboratore di Stephen Frears (“Piccoli affari sporchi”) e David Cronenberg (“La Promessa dell’assassino”) e neo-regista di due operine piacevolmente sperimentali come “Locke” e “Redemption - Identità nascoste”.

Il grosso punto interrogativo del film è il regista. Zemeckis, premio Oscar per “Forrest Gump”, ha alle spalle una carriera iniziata in modo entusiasmante e quasi impeccabile (“Ritorno al Futuro”, “All’inseguimento della Pietra Verde”, “Chi ha incastrato Roger Rabbit?”, “La Morte ti fa Bella”, “Cast Away”) gettata però alle ortiche dopo il 2000 con un lustro di insulsi film d’animazione in stop-motion (“Polar Express”, “La leggenda di Beowulf”, “A Christmas Carol”). Traumatico e stentato è stato il suo ritorno al “live-action” nel 2011 con il pasticciato e irrisolto “Flight”, anche se il potente ed evocativo “The Walk” ha dimostrato che la zampata rabbiosa del leone, l’impronta del genio creatore ancora c’è. Sarà “Allied” la celebrazione di un maestro di provata esperienza e prestigio o ne segnerà il definitivo declino? La risposta arriverà dopo il 24 novembre, quando il film uscirà nelle sale italiane e di quasi tutto il resto del mondo.

L’inizio della storia è un omaggio evidente al mitico “Casablanca”. Subito dopo un atterraggio rocambolesco, l’agente canadese Max Vatan (Pitt) incontra al Café Rivoli della città marocchina Marianne Beausejour (Cotillard), conturbante ufficiale dell’intelligence francese, unica sopravvissuta a una retata della Gestapo a Dieppe. Da quel momento i due proseguono le loro missioni sotto le mentite spoglie dei coniugi Berne, riunitisi dopo una lunga e sofferta lontananza, ad uso e consumo di astanti e avventori, tra cui gerarchi tedeschi e militari francesi di Vichy. Il compito dei due agenti è una missione suicida: introdursi a un ballo dell’ambasciata tedesca e uccidere l’ambasciatore di Hitler nel Nord-Africa francese. Al primo brindisi, Max e Marianne agguantano i mitra nascosti sotto il tavolo dello champagne e aprono il fuoco tra i presenti. Riescono a fuggire e trovano riparo su un motoscafo nelle acque del Mediterraneo, dove finalmente si arrendono alla passione nata durante le settimane di convivenza forzata.

La vita dei due sembra avviata a una tranquilla routine, per quanto lo permette la guerra che continua. Max accetta un impiego dietro una scrivania a Londra e convola a giuste nozze con Marianne che è incinta. Il parto è a dir poco avventuroso: la piccola Anna nasce nei giardini di un ospedale in fiamme, sotto un diluvio di bombe. I neo sposi si trasferiscono in un cottage a Hampstead, ma la loro tranquillità dura ben poco. Max si gode il primo week-end libero dopo mesi di lavoro quando, a sorpresa, è convocato dai vertici del controspionaggio. L’agente pensa ad una promozione, e invece il suo superiore gli annuncia che Marianne è sospettata di essere una talpa al soldo della Gestapo. Nell’ultima settimana sono stati intercettati messaggi in codice inviati da Londra a Berlino con una ricetrasmittente. Max reagisce con furia e incredulità alla notizia, ma le rivelazioni continuano: pare che la vera Marianne Beausejour sia morta a Dieppe, e che una spia tedesca ne abbia assunto l’identità. In più, l’ambasciatore ucciso a Casablanca non era un vero nazista ma un oppositore, un alleato di Erwin Rommel, che Hitler voleva morto. Per stanare la spia, Max stesso dovrà tenderle un tranello passandole informazioni false. E se il sospetto è confermato, dovrà eliminare Marianne. Lui obbedisce, ma non può evitare che la moglie noti che il suo comportamento è cambiato, soprattutto nell’intimità.

Insomma, siamo tornati al cuore della trama di “Mr & Smith”: lui forse deve uccidere lei, lei forse sta per uccidere lui, e tutti e due devono far finta di non essersi accorti di nulla.

Tormentatissimo, Max si sfoga con sua sorella Bridget e decide di non rimanere inerme in balia degli eventi: disobbedendo ai superiori, avvia un’indagine personale. In tutta la Francia ci sono solo due persone che conoscevano la vera Marianne. Max parte per cercarli. Il primo però, il pilota Guy Sangster, è un veterano di guerra che ha perso la vista e quindi non può essere d’aiuto. Ora tocca scovare l’altro prezioso testimone, un corriere monco e alcolizzato di nome Laramint.

Una notte, mentre Marianne è intenta a scrivere una misteriosa lettera, Max decide di volare in segreto in Francia per incontrare il corriere nel carcere in cui è detenuto per ubriachezza. E apprende da lui un elemento decisivo: «Sì, mi ricordo Marianne», dice Laramint. «Mi ricordo come l’ho incontrata. In un caffè pieno di soldati tedeschi. C’era un pianoforte, lei è andata lì e ha suonato “La Marsigliese”. Ha suonato l’inno nazionale francese di fronte a tutti quei tedeschi. E l’unico uomo che ha avuto il coraggio di alzarsi sentendo l’inno sono stato io. Ci siamo conosciuti così».

Marianne al pianoforte? Lo spettatore finora non l’ha mai vista suonare. E neanche Max, evidentemente. Tornato a casa, trascina la moglie in un pub dove c’è un piano. E con una variazione sul leggendario “Suonala ancora, Sam” di“Casablanca”, Zemeckis gioca il primo dei colpi di scena che concludono il film. Come in ogni storia hollywoodiana che si rispetti, alla fine l’amore trionfa. Ma l’amore per chi? Non certo quello tra Brad e Marion, se vogliamo fidarci delle cronache rosa...