Parla l'economista inglese Jim O' Neill, che ha tracciato per il governo britannico la road map per combattere il problema dell'antibiotico resistenza

Lo chiamano Mister Brics, perché è l’uomo che ha inventato l’acronimo per indicare le economie emergenti di Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica. Ma da qualche tempo Lord Jim O’Neill
of Gatley, economista con un passato in Goldman Sachs e al ministero del Tesoro del Regno Unito, più che di finanza globale deve occuparsi di superbatteri. A lui l’ex premier David Cameron affidò, nel 2014, il compito di redigere un rapporto complessivo sul fenomeno e tracciare una roadmap per combattere il problema delle resistenze agli antibiotici. L’Espresso gli ha chiesto di raccontare i punti principali della strategia del Regno Unito.

Lord O’Neill, quello dell’antibiotico resistenza è anche un problema economico, oltre che di sanità pubblica? 
«Certamente. Ed è un problema globale. Abbiamo calcolato che già nel 2030, per esempio, i costi associati alle resistenze ammonteranno a duemila miliardi di dollari l’anno, nel 2050 potrebbero arrivare a 8 mila miliardi l’anno, per un totale di oltre cento trilioni da qui a trent’anni. È evidente che dobbiamo cambiare modo di pensare e di agire. Investendo nella prevenzione, nel miglioramento delle tecnologie diagnostiche,
e soprattutto in ricerca e sviluppo per trovare nuovi antibiotici». 
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Quali sono i punti principali della strategia del Regno Unito?
«In primo luogo bisogna agire sul mercato. Al momento quello degli antibiotici è un settore che non risulta attraente né per le aziende né per gli investitori. Abbiamo calcolato che i primi profitti della ricerca si vedono dopo 23 anni e un impegno economico di centinaia di milioni di dollari. Tra il 2003 e il 2013 solo il 5 per cento (pari a 1,8 miliardi di dollari) degli investimenti dei venture capitalist in farmacologia è andato alla ricerca sugli antibiotici. Quindi dobbiamo intervenire incentivando la ricerca e lo sviluppo, per esempio immaginando dei premi di ingresso sul mercato per i nuovi prodotti, e l’impegno dei governi all’acquisto delle nuove molecole. Ma l’industria deve fare la propria parte. Come diciamo noi, le aziende hanno ballato finché non è finita
la musica. Ora però bisogna ricominciare a ballare. Altrimenti, quando ci saranno milioni di decessi dovuti ai superbatteri, con chi crede che se la prenderanno i pazienti?». 

Nella strategia c’è anche molto spazio per la prevenzione.
«Anzitutto bisogna migliorare l’igiene negli ospedali e le condizioni igieniche, acqua potabile e infrastrutture fognarie, nei Paesi a basso reddito. Ma un ruolo fondamentale è ricoperto dai vaccini: la vaccinazione può ridurre l’uso degli antibiotici, prevenire le malattie batteriche che comportano l’uso di questi farmaci e le malattie virali per le quali si fa un uso non necessario di antibiotici. Una copertura universale con vaccini contro lo pneumococco, per esempio, potrebbe evitare 11,4 milioni di giorni di antibiotici ogni anno nei bambini sotto i cinque anni, pari a una riduzione del 47 per cento nell’uso di antibiotici per polmoniti».