I benefici dell'esposizione ai raggi ultravioletti sono assodati. Ma, soprattuto d'estate, sono diversi gli accorgimenti che possono aiutare a combattere questa patologia. Di cui soffre il 3% della popolazione italiana

Il sole fa bene, il sole fa male, quali sono gli orari da evitare e quali i filtri da applicare alla pelle. Le valutazioni estive più comuni ruotano intorno a queste riflessioni, ma i mesi più caldi sono di certo i migliori per chi soffre di psoriasi, soprattutto per l’esposizione alla parte ultravioletta della radiazione solare. E subito dopo, in autunno, è in programma un open day nazionale nei centri specializzati.
La patologia riguarda il 3% della popolazione italiana senza particolari distinzioni per sesso ed età, anche se è piuttosto difficile che si manifesti prima dei 10 e dopo i 70 anni. «Risultano picchi intorno ai 20 e ai 40 anni», dice Fabio Ayala, direttore della Clinica Dermatologica dell’Università Federico II di Napoli. «Ma sono differenze rilevanti, e la malattia, genetica, ambientale e sociale, ha un andamento cronico».
La psoriasi è determinata infatti da una predisposizione che le permette di apparire in qualunque momento a causa di fattori scatenanti come grandi eventi traumatici, fisici o psicologici, o l’assunzione di farmaci come beta-bloccanti e sali di litio.

L’infiammazione e la riproduzione accelerata delle cellule dell’epidermide causate dall’alterazione del sistema immunitario rendono esternamente le squame che ne sono l’espressione più evidente, in alcuni casi aggravate da pustole e ragadi. Ma non è comunque soggetta a contagio.

«A far così tanto bene in questo periodo non è il caldo estivo e nemmeno l’acqua salata», continua Ayala. «Si tratta del sole. È importante che il paziente diriga le chiazze interessate direttamente alla luce e inizialmente senza alcuna protezione per non ostacolare i raggi ultravioletti: i filtri vanno applicati solo per l’esposizione prolungata e superiore a quindici minuti. Anche le squame fanno da schermo, quindi vanno rimosse con acido salicilico nei giorni immediatamente precedenti. Forse occorre specificare che la psoriasi non si combatte solo in questo modo e che parliamo di un’efficacia variabile a seconda dell’importanza della patologia. Per la forma lieve l’esposizione al sole estivo ha un effetto benefico 9 volte su 10, mentre per quella moderata/grave, con almeno il 5-10% di superficie cutanea interessata, l’incidenza è ridotta».

Negli ultimi anni, le cure hanno registrato una svolta significativa con l’introduzione dei farmaci biotecnologici, ai quali si può avere accesso solo in caso di resistenza, o impossibilità, ai trattamenti tradizionali. E c’è stata pure una maggiore consapevolezza dei benefici e degli effetti collaterali delle terapie più comuni, tant’è che guardare alla psoriasi con l’idea di una convivenza passiva risulta oramai superato.

«Anche l’attività fisica e un’alimentazione corretta possono avere effetti positivi. Si tratta di una malattia infiammatoria, quindi sono consigliati pesce, frutta e verdura, e in generale cibi ricchi di Omega 3 che d’estate si consumano con maggiore frequenza. E poi evitare alcol e fumo. Nel 2010 l’Università Federico II di Napoli è stata capofila del “Progetto Daniele” per la ricaduta della patologia sulla qualità della vita. Lo studio ha riscontrato che il 40% dei pazienti affetti da forma moderata/grave la ritiene una limitazione per la propria carriera, mentre il 10-15% ha addirittura perso l’impiego o cambiato professione. Ma i condizionamenti riguardano in modo consistente anche le relazioni interpersonali e quelle amorose. Ecco perché è importante sottolineare che, se affrontata in modo adeguato e tempestivo, la psoriasi può essere curata con ottimi risultati, eppure capita spesso che i problemi più robusti siano il sottotrattamento di molti pazienti e il dato sommerso che cerchiamo continuamente di scovare: lo scorso maggio abbiamo organizzato una giornata di visite gratuite che speriamo di replicare molto presto».

Il 29 ottobre ci sarà invece un open day nazionale di incontri, consultazioni e test. Lo fa sapere Mara Maccarone, presidente di ADIPSO - Associazione per la difesa degli Psoriasici. «Stiamo lavorando per raccogliere le adesioni dei centocinquanta centri italiani. Con questo appuntamento non vogliamo creare solo un contatto tra medico e paziente, ma pure realizzare un censimento reale dei malati e sottoporli a un questionario breve per verificare quanti, e soprattutto perché, non accedono o abbandonano le terapie».