Zaha Hadid vedeva il suo edificio come un pezzo ?di città permeabile all’esterno. ?E adesso il pianterreno sarà aperto sulla piazza
Se il Beaubourg festeggia i quarant’anni il MaXXI ne deve ancora compiere diciotto. Un museo adolescente con un patrimonio fatto di futuro più che di passato e un edificio firmato Zaha Hadid che rappresenta il suo più importante pezzo di collezione. Ma è da lì che il Museo delle Arti del XXI secolo ha deciso di ripartire con una ristrutturazione che aprirà al pubblico tutto il pianterreno unendolo alla grande piazza esterna.
Uno spazio continuo provvisto di caffetteria, bookshop ?e soprattutto quella collezione che già ?un paio di anni fa aveva trovato casa in alcune sale del primo piano, ma che dal prossimo 5 maggio, ampliata e riallestita dai due direttori del dipartimento Arte e Architettura (Bartolomeo Pietromarchi e Margherita Guccione), darà il benvenuto al pubblico, con accesso gratuito (escluso il week end) secondo buone abitudini anglosassoni. Così mentre la Galleria Nazionale d’Arte Moderna trasforma la collezione in mostra, il MaXXI, che aveva puntato sulla macchina espositiva di Arti Contemporanee, fa un passo indietro ?alla ricerca della sua memoria.
Direttore Pietromarchi, da dove nasce l’esigenza di questa trasformazione radicale?«Dal progetto stesso di Zaha Hadid ?che vedeva il museo come un pezzo ?di città permeabile e praticabile. E permeabile sarà anche l’allestimento ?che fluttua tra i tre grandi nuclei: fotografia, architettura e arte. Non ?avremo ordine cronologico stretto, ma un’introduzione storica grazie ai materiali che arrivano dall’archivio di Graziella Lonardi. Mentre la collezione d’arte ?parte dagli anni Ottanta con opere tarde ?di grandi maestri, da Paolini a Zorio, per testimoniare poi il passaggio del secolo».
Che consistenza ha la collezione ?di un museo tanto giovane?«Il MaXXI come unico museo di architettura in Italia, ha nello specifico una raccolta davvero unica; molte opere poi sono state acquistate attraverso un fondo pubblico del Ministero; altre da noi prodotte in occasione del Premio ?annuale. Oltre questo ci sono donazioni ?e acquisizioni degli amici del Museo, tutte naturalmente selezionate dal comitato scientifico. Inoltre alle circa 450 opere ?in collezione aggiungeremo comodati ?e prestiti a lungo termine per costruire ?una narrazione fluida, aperta, che si sposi con gli spazi che la ospitano».
Che ha un titolo acchiappa-pubblico: “The place to be”, il posto dove stare ?ma anche dove “bisogna” farsi vedere.«Speriamo di acchiapparlo il pubblico! Anzi i tanti diversi pubblici. Un museo nasce per essere visitato e quello del XXI secolo in particolare deve parlare a molti diversi livelli, risolvere problemi scientifici e tecnici di conservazione, di nuova scrittura visiva, di uso delle tecnologie ?e di pensiero futuro. In più stiamo lavorando alla ripubblicazione di un catalogo generale perché andare incontro al pubblico non significa rinunciare alla missione di un museo e al suo compito ?di sedimentazione della cultura contemporanea».