La soffitta con i disegni scoperti dall’Espresso ?sarà salvata. E il palazzo dove Carlo e gli amici si rifugiavano potrebbe ospitare residenze per studenti. In arrivo due film, un libro fotografico e un percorso turistico nei luoghi del filosofo. E una giornata di studi a 130 anni dalla sua nascita
Ah, l'assoluto, seduzione e ossessione di ogni adolescente, «le oscure fonti a ricercar del vero, per ciechi orrori incontro al fine ignoto, che l’affascinava»! Non è difficile immaginarli quei tre, Carlo Michelstaedter, Enrico Mreule e Nino Paternolli, rintanati e infervorati nella soffitta lasciata in uso a Carlo dal padre di Nino. A disquisire di vita e morte, «brancolando avido e forte nell’orrendo vuoto». Di un Dio che svanisce nei dubbi e di fanciulle che, appena incontrate, «io schiavo del pensier ora divenni un sognatore». Di mondi lontani, la Grecia di Socrate o il Sudamerica dove Enrico si dileguerà di lì a poco. D’inusitate avventure e di spicciole ebbrezze, ché basta una bicicletta e il vento in faccia e il mondo è tuo, «volo e la strada fuggente di sotto alla ruota anteriore bianchi bagliori mi dà, tutto è una gran voluttà».
L’adolescenza con i suoi dubbi, fervori e tracolli, già col rimpianto per «quanto diversa è ormai la società» dove trionfano menzogna, egoismo e ipocrisia. E gli anni zero del Novecento, con il loro vitalismo spasmodico, di chi danza sull’abisso della prossima guerra. Un’età, un’epoca, un mood, nella smagliante Gorizia austroungarica. Questo ci restituiscono i componimenti inediti di Carlo Michelstaedter che qui pubblichiamo. Con il racconto e il commento di Sergio Campailla, che li custodiva e che del filosofo suicida ventitreenne nel 1910 è il massimo studioso, curatore per Adelphi di tutte le sue opere.
La soffitta al quarto piano di Palazzo Paternolli, nell’allora Piazza Grande oggi della Vittoria, era il luogo fisico ove si snocciolavano come in un rosario e s’accavallavano nei cuori dei tre quelle contraddittorie modalità del sentire, del vivere e dello scrivere, del gioire, dell’arrovellarsi e del dannarsi. La vicenda è narrata in “C’è un filosofo in soffitta”, sull’Espresso del 6 novembre 2016. Ma proprio quell’articolo ha generato una catena di eventi dagli esiti insperati: sta concretamente prendendo forma (con precisi soggetti economici, numeri in corso di valutazione, leggi cui riferirsi e fondi ai quali accedere) il progetto di recuperare la soffitta e l’intero palazzo dov’è situata, disabitato da un quarto di secolo. Rapido riassunto, prima di vedere come e per farne cosa.
[[ge:rep-locali:espresso:285262192]]Un anno fa una giovane ed entusiasta laureata in filosofia, Chiara Pradella, s’innamora di Michelstaedter, scopre la soffitta abbandonata, con un video su youtube comincia la sua battaglia per salvarla. Il proprietario, l’immobiliarista Eugenio Perissutti, quel palazzo ce l’ha sulle spalle da anni, nessuno lo vuole, ristrutturarlo costa un occhio. Chiara contatta allora enti locali, Camera di Commercio, Fondazione Cassa di Risparmio di Gorizia, Comunità ebraica (quadri e disegni di Michelstaedter sono nella Sinagoga), Biblioteca Statale Isontina (dov’è il ricco Fondo Michelstaedter, assai ben curato da Antonella Gallarotti). L’interesse c’è, i soldi è altra faccenda. Finché a ottobre il sopralluogo dell’Espresso rinviene, inciso nel muro destro della soffitta di Carlo ormai vuota, un graffito che rappresenta un frate, lo stesso di altri due disegni di Michelstaedter.
[[ge:rep-locali:espresso:285240951]]Comincia una sarabanda di articoli, interventi in Consiglio comunale, interrogazioni parlamentari. A fine novembre ha luogo in Camera di Commercio una prima riunione dei principali soggetti interessati. E, chiamato dal proprietario Perissutti, s’affaccia un nuovo protagonista: Pierpaolo Ferrante. Ingegnere, si deve a lui (con Università, Ministero e Fondazione Cassa di Risparmio) il recupero dell’ex-ospedale militare austriaco di Trieste, «oggi Casa dello studente con 250 posti letto», spiega, «già overbooked per i prossimi due anni, un successo anche economico per il privato cui l’ateneo l’ha dato in gestione, la Soges di Firenze. Perché, ho proposto, non fare lo stesso con Palazzo Paternolli?»
Affinché l’idea prenda corpo si devono verificare alcune condizioni. Intanto, serve davvero a Gorizia una residenza studentesca, oltre a quella già esistente con 50 posti letto a palazzo De Bassa, ristrutturato dieci anni fa grazie a fondi della Camera di Commercio? La risposta, netta, è sì, e viene dai rettori di Trieste e Udine, i due atenei cui fa capo il polo universitario di Gorizia con i suoi duemila studenti per quattro corsi di laurea. «Ho preso l’impegno di sviluppare l’attività didattica e di ricerca nei nostri corsi quinquennali di Architettura e di Scienze diplomatiche e internazionali, più la nuova magistrale in Cooperazione per lo sviluppo orientata a ong, Croce rossa, agenzie mondiali», rassicura Maurizio Fermeglia, rettore di Trieste; «e, sì, una nuova residenza universitaria non solo risolverebbe le attuali criticità ma attrarrebbe studenti dall’Europa e dai paesi emergenti, anche ai nuovi corsi che vorrei in inglese e attenti all’insegnamento dell’arabo».
Via libera convinta anche da Alberto Felice De Toni, rettore di Udine, che a Gorizia ha Dams e Relazioni pubbliche: «C’è da parte nostra la massima disponibilità. Anche a richiedere e gestire i fondi del Ministero». Snodo chiave, questo: per ottenere dal Miur, Istruzione, università e ricerca, il rimborso del 50 per cento dell’investimento necessario all’acquisto e alla ristrutturazione di Palazzo Paternolli, è infatti il Consorzio universitario che deve concorrere al nuovo bando nazionale per l’edilizia universitaria appena lanciato, presentare entro 90 giorni progetto e business plan, gestire le gare d’appalto, ricevere i fondi, assumersi la responsabilità di progettazione, direzione lavori, controlli e collaudi.
Ma il resto dei quattrini? Chi è disposto a metterceli e a quali condizioni? Con la Fondazione Carigo ben favorevole ma impossibilitata a decidere alcunché fino all’elezione in aprile di un cda rinnovato da cima a fondo, e il Comune felice per l’enorme indotto di migliaia di studenti sulla ricchezza cittadina ma un bilancio quasi al lumicino, il vero soggetto forte dell’operazione Palazzo Paternolli è la Camera di commercio. E il suo vicepresidente Gianluca Madriz: vice dopo la fusione con Trieste nella Camera Venezia Giulia, ma qui è sempre lui il dominus, nonché presidente del Fondo Gorizia che destina sul territorio anche risorse della Regione. «Mi sento di espormi», dichiara Madriz, «fino a un terzo dell’investimento»: un bell’impegno, visto che una stima approssimativa per acquisizione e ristrutturazione dell’immobile calcola in totale un paio di milioni.
Occhio però a non prenderlo come mero erogatore di denari: «Ogni investimento deve generare risorse, attrarre turismo, incubare cultura. Una perla come la soffitta di Michelstaedter, col suo fascino legato al personaggio e al primo Novecento, dovrà essere spazio vivo e fruibile, a disposizione degli studenti, biblioteca o sala di lettura o altro, ma aperta alla cittadinanza e ai visitatori». Bisognerà anche fare i conti con l’oste delle Belle Arti e delle Soprintendenze, trattandosi di un palazzo di 250 anni. Capire come tirar dentro l’operazione i due negozi a pianterreno, chiusi anch’essi da anni e di altri proprietari, diversi dall’immobiliarista Perissutti. E, con quest’ultimo, vedere se è disposto a sforbiciare il prezzo, inizialmente azzardato sui 700 mila euro.
Tanto per precorrere i tempi ed impicciarci di trattative che non ci competono, glielo chiediamo direttamente. E a sorpresa l’interessato risponde: «Devo parlarne con i miei soci, ma non escludo ci possiamo rimettere, che so, 200 mila euro». Ci crede, Perissutti. È stato lui, dopotutto, a introdurre l’ingegner Ferrante, che quel progetto s’è inventato e ora ne sta mettendo insieme i tasselli. S’è inventato un logo, Perissutti, usando il disegno che Michelstaedter tracciò della soffitta.
Lo intriga l’idea che quel suo palazzo torni a essere «uno spazio abitato da giovani come Carlo, quando vi studiava e amava e nella malta incideva i tratti del frate». Ancorché tuttora in fieri, questa storia è già un bell’apologo su come la sconsiderata passione di una ventisettenne, Chiara Pradella, per un suo quasi coetaneo suicidatosi cent’anni prima abbia messo in moto una macchina da guerra, slogan “God save the loft”, che può ridisegnare un pezzo di città e di memoria. Una storia da film, ce ne sono un paio in fase di ideazione. E da libro: “Esistimi”, della Pradella, di prossima pubblicazione per le Edizioni della Laguna di Francesco De Grassi. Attesi anche un volume fotografico di Carlo Gulin e Artegorizia sui luoghi di Michelstaedter, l’avvio a opera del Comune di un percorso guidato che conduca il turista tra tali luoghi e suggestioni, una giornata a lui dedicata a maggio all’annuale festival goriziano “èStoria”. Quasi una rinascita in patria. Nel 130° anniversario della sua nascita, il prossimo 3 giugno.