Da "Favole fuorilegge", dello scrittore di origine siberiana, la storia di Ignat e Filat
3 marzo 2017
Questa storia è accaduta in un lontano villaggio siberiano, nel cuore della taiga, dove regna Amba, che ha le sembianze di una vecchia tigre.
Là dove si può camminare tutta una vita senza mai incontrare essere umano, tra paludi infestate da spiriti maligni, sulle rive del fiume Lena, nelle cui acque hanno dimora creature magiche, vivevano due amici: Ignat e Filat.
Erano sempre insieme. Cresciuti insieme, andavano a caccia insieme, si prendevano cura l’uno dell’altro e non conoscevano il rancore. Tutti, nel loro villaggio, li chiamavano «fratelli».Insieme andavano dove finiva il bosco profondo, compiendo lunghi viaggi per unirsi ad altri giovani siberiani e con loro fermare i serpenti fumanti che correvano sulla strada di ferro portando via l’oro e le pietre trasparenti dalla terra siberiana.
Uccidevano gli uomini malvagi che si nascondevano dentro quei neri serpenti sbuffanti e restituivano al bosco ciò che gli apparteneva. Nei loro numerosi viaggi erano scampati a tanti pericoli, grazie anche al generoso Amba che sempre li aveva protetti, perché sempre si erano comportati da persone oneste. Ma il severo Veres, padrone dell’acqua, che abitava nel fiume Lena, era molto in collera con i due amici perché, quando andavano a pescare, con le loro reti lunghe alzavano la terra dal fondo del fiume, sporcandone l’acqua e disturbando il suo sonno.
Così, per guastare l’amicizia tra Ignat e Filat, fece un incantesimo all’acqua del suo fiume: i due, dopo averla bevuta, si innamorarono della stessa ragazza, che abitava nel loro villaggio.
Ignat e Filat, quando si accorsero di ciò che era successo, andarono dal vecchio sciamano per chiedergli consiglio. Lui guardò l’acqua, buttò ossa di lupo per terra e interrogò gli spiriti dei morti. Il responso fu che gli amici dovevano abbandonare il villaggio e viaggiare tre anni separati l’uno dall’altro, per far cessare quella passione amorosa.
Prima di partire i giovani si giurarono a vicenda che nessuno dei due avrebbe mai sposato la ragazza. Si divisero e viaggiarono tutto il tempo separati: Filat scalò la vetta della montagna più alta e toccò il cielo; Ignat attraversò la steppa ghiacciata, arrivando alla fine del mondo.
Passati i tre anni, tornarono al villaggio. Ma non avevano smesso di amare la ragazza, perché l’incantesimo dello spirito dell’acqua era potente, e si era rafforzato ogni volta che avevano bevuto acqua, ovunque fossero.
Per primo arrivò Filat: decise di non andare dalla ragazza e si mise ad aspettare l’amico, per stabilire insieme cosa fare. Nell’attesa, andò al fiume a fare il bagno, ma nel fiume c’era una strega che lo trascinò sott’acqua, e morì annegato.
Quando Ignat lo venne a sapere pianse a lungo. Poi però andò a chiedere in sposa la fanciulla. Il vecchio sciamano tentò di fermarlo, spiegando che lo spirito del suo amico era ancora tra i due mondi, e finché non fossero passate sei lune sarebbe restato tra gli uomini e avrebbe potuto offendersi del suo comportamento sleale. Ignat rispose che il destino stesso aveva deciso chi doveva sposarsi, chi doveva vivere e chi morire, e che non c’era nessuno che potesse cambiare il corso del destino.
1146951-JPGQuindi andò dalla ragazza e decisero che con l’arrivo della luna nuova avrebbero organizzato le nozze. La notte prima del matrimonio Ignat sentì male al petto, andò dallo sciamano e quello gli disse che la causa era lo spirito del suo amico che gli si era seduto sopra mentre lui dormiva. Allora Ignat andò al cimitero per chiedere perdono a Filat. Quando si mise in ginocchio davanti alla sua tomba, la terra si aprì e vide che il suo amico stava seduto là dentro con un bicchiere in mano. «Perdonami Filat, - gli disse, - non sono riuscito a trattenermi, il mio amore per lei è cresciuto e tu ormai sei morto, ho pensato che il destino stesso avesse deciso per noi...»
Il morto sorrise e rispose: «Non temere, amico mio, non sono arrabbiato, voglio solo brindare con te al tuo matrimonio e alla nostra amicizia», e invitò Ignat a scendere nella tomba. Bevvero un bicchiere insieme, poi Ignat si alzò per uscire, ma Filat lo fermò: «Aspetta, amico mio, questa è l’ultima volta che ci vediamo, bevi con me», e così bevvero un altro bicchiere e un altro ancora, finché la bottiglia fu vuota e Ignat perse i sensi. Si riprese che era mattina. Per paura di tardare al matrimonio corse al villaggio, ma non lo riconobbe: le case erano diverse, la gente per strada era sconosciuta. Si precipitò dallo sciamano, ma al suo posto c’era un’altra persona. Quando raccontò la sua storia, lo sciamano sconosciuto disse che suo nonno gli aveva parlato della scomparsa di un ragazzo di nome Ignat, avvenuta cent’anni prima: costui aveva abbandonato la giovane sposa il giorno prima del matrimonio, e tutti avevano pensato che lo avesse fatto per rispetto verso l’amico annegato. Così Ignat capì che per il suo comportamento egoista e irrispettoso, Filat l’aveva punito rubandogli il tempo. Desolato, andò nella taiga a cercare la morte per raggiungere le persone che conosceva: ormai non aveva più nessuno in quella che era stata la sua terra. Dicono che ancora oggi si può udire il suo pianto disperato e rabbioso nel bosco profondo, perché a causa del suo atto vile nemmeno la morte lo accolse.
Dalla tomba di Filat invece sgorga una sorgente di acqua magica, i vecchi la chiamano «l’acqua del morto»: chi la beve resta sotto incantesimo per qualche giorno, e il tempo non ha potere su di lui. Per questo, ancora oggi, chi vuole restare giovane va a bere a quella fonte.