Il Pd ha pubblicato il nuovo software per smartphone che, nelle intenzioni di Matteo Renzi, dovrebbe essere la risposta alle strategie digitali del Movimento 5 Stelle. Ma, al momento, è solo un prodotto malfunzionante

Il "primo passo" del progetto Bob è realtà. Ed è un passo falso. La nuova applicazione per smartphone del Partito Democratico è pubblicizzata nell’app store come "un ecosistema digitale unico, inclusivo, collaborativo e, per chi lo vuole, la possibilità di essere protagonista". Ma è una fake news, come direbbe Matteo Renzi. Perché, nelle versione disponibile al lancio, non lo è.

Le aspettative erano alte. Il segretario democratico, dopo l’annuncio al Lingotto, aveva presentato Bob come la "controffensiva" web del Pd contro i Cinque Stelle e la loro "piattaforma" - lo stesso termine usato dall’ex premier - Rousseau. Un tentativo di sedurre l’elettorato più giovane, quello cioè più esposto alle campagne a base di hashtag e memi del movimento di Beppe Grillo.

E una mossa ambiziosa, dunque, che cerca di combattere il M5S sfondando nel suo territorio: la propaganda sui social network, la democrazia digitale, l’organizzazione "dal basso" - ma, anche e soprattutto, una consapevolezza più forte dell’influsso degli smartphone nella formazione del consenso. Per Renzi, come per tutti i liberal dell’Occidente, significa puntare il dito contro i portatori (malsani) di "post-verità" e "fake news", il tempo cioè e i modi in cui il vero si confonde scientificamente al falso, per fare engagement. BOB nasce "contro le falsità di chi ha fatto credere che fosse politica far diventare virali le fake news, guadagnandoci con la pubblicità", scriveva nell’enews del 2 maggio. E chi se non i Cinque Stelle?

E dove, se non sui social network, sugli iPhone? Renzi sembra essersi convinto siano soprattutto questi ultimi, i luoghi da pattugliare. E allora eccolo dotarsi di una app personale. Ecco la app del PD.

Una buona idea? Difficile dirlo, perché è difficile capire quale idea, esattamente, ci sia dietro la sua realizzazione. Sono le Pagine Gialle dei circoli locali del partito? D’accordo, non sono cliccabili ma ci sono. È un’altra sede per i comunicati e i video del governo, o la propaganda di governo? Bene, grazie, ma preferisco il giornalismo. Oppure è uno strumento di fact-checking, come nella sezione dedicata a sbufalare la "fake del giorno", immancabilmente di provenienza grillina? Non sembra esserci la terzietà richiesta.
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È uno strumento di partecipazione? Ecco, questo vorrebbe essere. Ma, almeno nella sua incarnazione iniziale, manca clamorosamente di soddisfare le potenzialità di coinvolgimento democratico di uno strumento come una app per smartphone del 2017.

La sezione "Partecipa" è un catalogo di orrori. A partire dalla premessa: per entrare in quella che Renzi definisce "una porta aperta a tutti" bisogna in realtà per forza rispondere affermativamente, sempre in un click, al comando: "Accetti la carta dei valori e intendi votare PD?"

Io accetto, mentendo, e mi trovo di fronte a tre sezioni. Lancio "Le idee di oggi" dal mio iPhone e appaiono alcune notizie e annunci di governo con un pollice verso e uno in alto. A dire: "mi piace", "non mi piace". Accanto c’è una piccola "i", dove ottengo alcune informazioni in più. Ma poche.

Insomma, è la tanto detestata click democracy che il PD ha sempre imputato a Grillo - solo, peggiore, perché per esempio il sistema non mi consente di cliccare sui due pollici - un bug di cui naturalmente non conosco l’estensione - ma soprattutto non mi fornisce abbastanza informazioni su cosa sto valutando, e perché. A volte poi l’italiano è terribilmente faticoso; altre compaiono gli asili nido "pubblici privati", e non si capisce se manca una congiunzione o una contrapposizione.

"Approvata la legge per il contrasto del ‘cyberbullismo’", dice per esempio una voce. Segue un riassunto di - letteralmente - sette righe, una trentina di parole in tutto. Nessun link alla norma; nessuna possibilità di approfondimento della notizia; nessuna possibilità di confronto sui dettagli. Solo "mi piace" o "non mi piace". E queste sarebbero le "idee", penso.

Poi si arriva ai "sondaggi", e qui Bob è già in autoanalisi e mi chiede cosa penso di lui, della sua stessa esistenza. "Cosa ti aspetti da questa app?", domanda, e le risposte sono a numero chiuso, quattro - ma di nuovo, per un fastidioso bug, non riesco a completare di leggere nemmeno quali siano le mie opzioni di risposta. Clicco, ma la frase resta sospesa: "Soprattutto notizie e informa…" lo capisco; "Soprattutto aggiornamento d…", invece, no. Scelgo a caso e passo oltre. Anzi, "Si è verificato un problema", dice un alert, "Riprova più tardi".



Quando poi mi riesce di completarlo, scopro che il sondaggio è fatto di tre domande identiche: che ti aspetti da Bob, che ti aspetti da questa app - che peraltro, in un climax di confusione e genio involontario, si chiama a sua volta Bob - e soprattutto, "ti piacerebbe poterti iscrivere al PD via app?"

"Con questa?", vorrei poter rispondere. Ma non posso, e anche se potessi leggere le possibili risposte, non potrei inviarle al sistema a causa dell’errore di sistema. Anche qui, grazie per la sezione in cui tenete in conto la mia opinione, scriverei - se potessi commentare.

Poi c’è "condividiamo": una serie di ulteriore propaganda renziana-governativa però immediatamente condivisibile su Facebook.

Un focus sulle #magliettegialle.

Degli eventi di cui non si capisce l’orario, perché ci si confonde con l’ora - ben visibile, invece - in cui ne è stata data notizia. Nessun luogo è cliccabile. Nessuna integrazione con le mappe del cellulare. Nessun link attivo. Niente.

Fine della partecipazione.

Anzi, no. Cliccando su un aeroplano di carta in alto, in home, si accede a "Proponi". Pensi: chissà che avrà inventato il PD, dopo anni di critiche affilatissime ai meccanismi dell’iperdemocrazia di Casaleggio, quella dei "plebisciti" sul blog, delle epurazioni, dei complottismi e delle bufale. Poi di fronte ti trovi un banale form, come quelli di qualunque sito di tutta Internet, con titolo e spazio per scrivere la proposta. E "Invia". A chi? "Alla redazione". Come la valuterà? Chi altro la valuterà? Chi è "la redazione"? Che peso avranno le mie parole?

Non si sa. Da anni si ripetono esempi, sempre più ben documentati in letteratura, di danni prodotti da falsa partecipazione, promesse di "inclusione" in mirabolanti utopie digitali che poi si traducono in meri strumenti propagandistici all’interno di una campagna di immagine e comunicazione.

Vale anche per il M5S, che tuttavia propone un’alternativa molto più strutturata, per quanto criticabile; capace di creare community, e dunque consenso.

Bob, o quanto ne sappiamo finora, mostra che il PD ha fatto scarso tesoro delle sue stesse critiche agli odiati avversari a Cinque Stelle; e che se è chiaro quanto ne detesti la visione, manca ancora di qualunque "piattaforma" strutturata che ne possa incarnare una diversa.

Perché magari Bob evolverà in modi innovativi e inediti. Diventando una sorta di canale per palinsesti di propaganda video in streaming, con veri e propri format televisivi - come nell’idea di Renzi. Collegando in qualche modo in una rete sociale, e in una app, le organizzazioni locali, rendendone la comunicazione più efficiente. O magari stupendoci con qualche software partecipativo degno dell’era in cui la sofisticazione raggiunge e supera Liquid Feedback.

Ma per ora ci sono bug grossolani. E gli utenti, sui social network, se ne accorgono eccome - come dimostra lo spettacolare fallimento delle stesse ore di un meme pubblicato dal PD su Facebook, in cui la propaganda riporta un passaggio del New York Times sull’addio di Francesco Totti ma lo strumentalizza dimenticando di riportare che le affermazioni riguardano l’ultimo decennio, non la sola Virginia Raggi.


Ecco: al momento, chiudendo la app resta solo la stessa sensazione di inganno.