«I flussi migratori diventano invasione solo se manca un'autorità statale forte. Così è stato negli ultimi anni dell'impero romano, che aveva sempre fatto dell'afflusso di genti diverse la sua forza». Il celebre storico 'smonta' gli stereotipi: «Le popolazioni longobarde si fusero perfettamente con quelle locali. Non furono invasori barbari e spietati»
Di migrazioni, barbari, battaglie e costumi d’età medievale, Alessandro Barbero è un esperto e brillante divulgatore televisivo. Professore ordinario di Storia medievale presso l’università del Piemonte orientale ?e Vercelli, collabora a Rai Storia e a “Superquark” di Piero Angela, col quale ha pubblicato “Dietro le quinte della storia. La vita quotidiana attraverso il tempo” (Rizzoli).
Vincitore del Premio Strega nel 1996 con il romanzo “Bella vita e guerre altrui di Mr. Pyle gentiluomo” (Mondadori), è autore di numerosi saggi, tradotti anche all’estero, tra i quali ricordiamo: “Carlo Magno. Un padre dell’Europa”, “Barbari immigrati, profughi, deportati nell’impero romano”, “Benedette guerre. Crociate e Jihad”, tutti editi da Laterza, e il recente “Costantino. Il Vincitore” (Salerno), risultato di una ricerca durata dieci anni. Con questi personaggi e periodi così travagliati del nostro passato, è sempre forte la tentazione di fare paragoni, anche con l’età contemporanea. A cominciare con la differenza tra le varie invasioni ?di barbari in Italia nella tarda romanità. «Ma per quanto riguarda i Longobardi, sappiamo poco sui primi tempi del loro arrivo», rileva Barbero. «È possibile addirittura che l’impero bizantino ?ne abbia favorito il trasferimento per l’impossibilità di governare l’intera penisola: la ricerca archeologica ?non ha mostrato tracce di vere ?e proprie distruzioni».
Cosa distingue l’occupazione longobarda da quelle precedenti?«I Longobardi sono l’ultimo popolo barbaro che invade il mondo romano, ?ma non arrivano in un impero ancora ricco e organizzato, bensì in un’Italia devastata e spopolata dalla terribile guerra greco-gotica. Perciò il loro regno ?è più debole degli altri romano-barbarici che lo hanno preceduto, e non regge il confronto con la potenza di quello franco di Carlo Magno, che infatti conquisterà ?il trono longobardo. Si può dire che da questo momento l’Italia smette di essere il paese più potente d’Europa come ?era stata in epoca romana».
Le donne, in ogni migrazione di popoli, hanno sempre un ruolo importante, anche se poco riconosciuto. Nel caso dei Longobardi, vediamo emergere invece forti personalità femminili, ?che decidono le sorti o i cambiamenti del regno.«I Longobardi davano addirittura un posto importante alle donne nella loro mitologia. Secondo la leggenda i guerrieri si erano presentati al dio Odino e, per ?far credere che erano molti di più, su consiglio della dea Freya si erano portati anche le donne, che si erano annodati ?i capelli sotto il mento per sembrare uomini. Il dio, vedendole, aveva detto: ?chi sono queste lunghe barbe? E da lì era nato il nome “Longobardi”. Perciò non stupisce che le regine abbiano avuto un grande peso per la legittimità dinastica ?e per indirizzare politiche: pensiamo alla vendicativa Rosmunda, o alla bavara Teodolinda, che contribuì molto alla conversione della sua gente dall’arianesimo al cattolicesimo, a sua figlia Gundeperga, alle tante reggenti ?di regni e ducati per i figli minori».
Guerrieri, donne temerarie, badesse cattoliche e vescovi ariani, sovrani violenti o illuminati che, soprattutto ?nel dibattito ottocentesco, sono stati considerati chiave di volta per l’identità o la divisione del nostro Paese.«Fino all’Ottocento si pensava ai Longobardi come invasori stranieri, rimasti separati dalla popolazione italica: pensiamo al Manzoni che nell’“Adelchi” li immagina come tedeschi alti, con i capelli biondi o fulvi, e li contrappone al "volgo disperso" degli italiani. Quindi parlare dei Longobardi significava fare un paragone con le dominazioni straniere successive, fino a quella austriaca, e gli storici tendevano a insistere sulla loro barbarie ?e malvagità. Ma oggi sappiamo che i Longobardi molto presto si sono fusi con ?la popolazione locale: quando Carlo Magno ne invase il regno, gli abitanti d’Italia, dalla pianura padana fino alla Puglia e alla Basilicata, si consideravano tutti Longobardi. L’identità italiana moderna è una stratificazione in cui si intreccia anche la loro eredità: tutti noi siamo un po’ Celti, un po’ Romani, un po’ Greci, un po’ Arabi ?e un po’ Longobardi».
Ai nostri giorni invece, parole come migrazione, diversità, mescolanza di culture, evocano scenari differenti e tutt’altro che inclusivi. Eppure, ancora una volta, ci troviamo di fronte a mutamenti climatici, guerre, povertà, ?che spingono gruppi, se non intere popolazioni, a cercare nuove opportunità di vita altrove, e l’Italia si trova ad affrontare le emergenze provocate ?dagli sbarchi sulle sue coste meridionali. ?Si può trarre una lezione dal passato? «Nel caso dell’impero romano e del suo rapporto con i barbari, la lezione è che i Romani per secoli hanno accolto immigrati e li hanno integrati nella loro società: ?e finché lo hanno fatto, l’immigrazione di interi popoli è stata un punto di forza dell’impero romano; gli immigrati erano assoggettati a regole molto severe, ma avevano anche la garanzia di trovare lavoro e di ottenere la cittadinanza. Quando la corruzione dell’impero romano ha fatto sì che queste regole ?e queste garanzie non ci fossero più - e questo purtroppo proprio in un momento in cui la pressione degli immigrati diventava sempre più forte – gli arrivi in massa hanno cominciato ?a produrre effetti destabilizzanti, e in qualche caso sono diventate invasioni. Mi pare che come lezione non sia ?del tutto inutile».