E' stata l'edizione dei record, quella che ha convinto tutti, pubblico, critica, ascoltatori e commentatori compulsivi. Era dunque quasi inevitabile che si andasse spediti verso un Baglioni a Sanremo due la vendetta. D'altronde quando si portano a casa quindici milioni di telespettatori viene difficile non perseverare nel corteggiamento del deus ex machina che l'ha reso possibile. Ma altrettanto difficile viene non aspettarlo al varco.
Un po' con le mani sui fianchi e il ditino alzato, un po' con le facce furbette di chi la sa molto lunga, si attende il nuovo ingresso all'Ariston del cantante conduttore come al banco delle prove Invalsi. Quelle domande le cui risposte esatte non dipendono certo dalla preparazione degli studenti quanto dal caso fortuito e bendato.
Non sarà infatti solo nelle mani di Baglioni e del suo staff il successo desiderato di questa seconda edizione perché onestamente quello di cui era capace lo ha già dimostrato lo scorso anno. Canzoni alla fine promosse, vincitori in primis, conduzione accattivante, esibizioni di pregio, ospiti ben gestiti e partner che hanno contribuito a far scorrere la macchina sanremese su un mare liscio come l'olio.
Dopo aver esplorato tutto il suo repertorio comprese le canzoncine scritte per la maestra e duettato con chiunque escluso il suo idraulico, dopo aver lasciato spazio al talento di Pierfrancesco Favino il cui monologo di chiusura resta ancora nelle orecchie e nel cuore, si fa fatica a immaginare che un nuovo coniglio possa uscire dal suo cilindro. Non solo. La ricerca di un guizzo innovativo a tutti i costi solo per dimostrare di essere l'uomo dei record, quello che capisce che le banane sono mature solo guadandole sotto i panama bianco, rischierebbe di rovinare tutto. A volte la strada dell'onesta qualità vale la pena di essere ripercorsa.