Sette giovani cantanti Under 35 rinnovano il mito della Divina Callas. Cercando di non imitare i suoi eccessi da primadonna
Le cantanti della generazione precedente alle “Under 35” d’oggi sono note per un certo caratterino pepato, in buona parte ereditato dal mito della Callas. Non a caso il soprano Angela Gheorghiu, 53 anni, è stato soprannominato “Draculine”, rifacendosi al celebre personaggio creato da Stoker, con il quale condivide il paese di nascita. Ancora si ricorda di come abbia litigato furiosamente con il direttore del Metropolitan di New York che la voleva in scena con una parrucca bionda: perché lei, mora, riteneva che un altro colore le rovinasse il look. O come di recente, stavolta alla Staatsoper di Vienna, al terz’atto di “Tosca”, dopo che il tenore Jonas Kaufmann aveva cantato “Lucean le stelle” suscitando sette minuti d’applausi e a cui fece seguito il bis, ci fu un’imbarazzante e inaspettata pausa d’attesa: subito dopo sarebbe dovuta rientrare in palcoscenico la Gheorghiu nei panni di Tosca, portando con sé il fatidico salvacondotto strappato a Scarpia. Ma lei non si vide. Cavaradossi rimase desolatamente abbandonato sul tetto di Castel Sant’Angelo con la camicia imbrattata di sugo di pomodoro e così trascorsero un paio di minuti. Tutto questo perché “Lei”, la Divina Gheorghiu, non aveva gradito il bis del tenore, che aveva osato rubarle la scena.
Oggi, diversamente, anche per rispondere alle esigenze di un pubblico e di un mercato ringiovaniti, le primedonne sono scese dal castello fatato dove aleggiavano e son divenute “la ragazza della porta accanto”, modello che intendono imporre nel look e nelle comunicazioni mediatiche (e guai a contrariarle). Similmente, per seguire l’onda della moda, sono tutte un florilegio d’attività on line (supponiamo che abbiano dei collaboratori ipertecnologizzati che rinnovano costantemente al posto loro i diversi siti, twitter e facebook).
Tanto per conoscerle meglio e per sognare abbiamo scelto sette primedonne dei nostri giorni - le magnifiche sette “Under 35”– e le abbiamo descritte avvalendoci delle qualità vocali e psicologiche dei personaggi d’opera che le hanno fatte apprezzare.
Ha nel cognome il suo destino Lisette Oropesa, 34enne statunitense di origine cubana figlia di un’insegnante di canto, salita agli onori della cronaca per la pesantissima dieta che l’ha fatta dimagrire di 40 chili (anche in questo il mito callassiano si rinnova). Perché nel mondo della lirica di oggi l’aspetto esteriore è fondamentale e al Metropolitan di New York 14 anni fa le avevano fatto capire senza tanti giri di parole che grassoccia com’era avrebbe avuto enormi difficoltà a essere ingaggiata. Alla dieta ha affiancato pure la sua passione per il running, che pratica assiduamente partecipando alle maratone internazionali. Tutti accorgimenti che hanno avuto un riflesso, oltre che sull’aspetto esteriore, sulla fisiologia del canto, aiutandola a tenere lunghi i fiati al momento dell’emissione, sul palcoscenico. Ha così debuttato al Metropolitan in un allestimento dell’“Idomeneo” con Levine sul podio, esibendosi poi in un ampio repertorio che va dall’“Orfeo e Euridice” alla “Rondine”, da “L’oro del Reno” a “Rigoletto” nel ruolo di Gilda. Proprio in questa parte aprirà la prossima stagione dell’Opera di Roma diretta da Gatti. Un personaggio, Gilda, che le dà modo di esibire al massimo grado le qualità vocali: un bel timbro di soprano lirico arricchito dalla perfetta dizione, con un fraseggio fascinoso e accortissimo nel centellinare con cura gli acuti, senza mai sforare il climax del buon gusto. Ad agosto potremo ascoltarla a Pesaro impegnata al Rossini opera festival in “Adina” e alla Fenice di Venezia nella fatidica “Traviata”.
La 33enne sudafricana Pretty Yende è riuscita a rinvigorire la leggenda delle grandi cantanti di origine afro come Leontyne Price o Grace Bumbry. A suscitare la sua passione lirica fu, da bambina, il motivo della pubblicità della British Airways riecheggiante il duetto dei fiori dalla “Lakmé” di Delibes, ascoltato in tv. Dopo una formazione di base a Città del Capo arrivò all’Accademia scaligera, dove incontrò Mirella Freni. Poi vennero gli studi con altri colleghi di grande esperienza come Mariella Devia e, di conseguenza, l’ampliamento del repertorio, che iniziò a spaziare tra Rossini, Bellini e Donizetti che parrebbero aver scritto apposta per la sua voce di soprano lirico leggero dal timbro fluido e pastoso. Ormai canta nei teatri più importanti del mondo e dall’11 agosto sarà al Rossini opera festival di Pesaro accanto al divo Juan Diego Florez in “Ricciardo e Zoraide”, mentre l’anno prossimo sarà “Traviata” in una nuova produzione dell’Opera di Parigi con il direttore Mariotti.
Non viene da una famiglia di musicisti neppure la 31enne cosentina Mariangela Sicilia . Da piccola non sapeva neanche cosa fosse un cantante lirico. A volte ascoltava i dischi in vinile del nonno: c’erano classiche tarantelle e musiche da ballo liscio ma anche i brani d’opera più celebri. I genitori decisero allora di farle studiare il pianoforte al conservatorio e la passione s’è trasformata in professione. È una Mimì piena di nerbo e di carattere, quella che ha portato in scena nella “Bohème” di Puccini al Comunale di Bologna lo scorso gennaio. Nient’affatto dimessa e rassegnata, come siamo abituati a conoscere, che nell’aria «Sì mi chiaman Mimì» attira irresistibilmente l’attenzione dello spettatore nel momento culminante, cantando «Ma quando vien lo sgelo il primo sole è mio» con toni talmente appassionati da metter in soggezione il buon Rodolfo. Con quel timbro luminoso di soprano lirico drammatico si era già imposta l’anno prima nel fatidico ruolo di Violetta in una “Traviata” del regista Özpetek al San Carlo di Napoli. E più recentemente, a fine giugno, ad apertura della stagione dell’Arena di Verona, ha confermato le sue qualità nella rilettura “femminista” della “Carmen” di de Ana, marcando con vivido carattere il pur volubile spettro dinamico del personaggio di Micaela. Dal 21 luglio sarà protagonista dell’“Elisir d’amore” in scena al Macerata Opera Festival e nella prossima stagione l’ascolteremo a Bologna per “Traviata” e all’Opera di Roma per “Orfeo ed Euridice”.
Rosa Feola casertana di 32 anni è stata l’affascinante Norina del “Don Pasquale” scaligero diretto ad aprile da Chailly. Favorita dall’abilità del maestro nel coordinare e dare riconoscibile identità ai diversi piani sonori della partitura, il suo canto non è mai stato riassorbito dalla fitta trama orchestrale e si è potuto dispiegare liberamente esibendo timbro pieno e ricco di mordente, agilità turbinose e un fraseggio vario e sensibilissimo. Nel suo caso fu galeotto, da ragazzina, un cd con la “Butterfly” di Puccini. Iniziò quindi gli studi diplomandosi nel 2008 in canto presso il Conservatorio Martucci di Salerno. Poi frequentò i corsi dell’Opera Studio dell’Accademia di Santa Cecilia tenuti da Renata Scotto, che le ha insegnato, sue parole, il rispetto per lo spartito e l’eleganza. In questi giorni la possiamo ascoltare alla Terme di Caracalla a Roma nel ruolo di Micaela nella “Carmen”.
Il sovrintendente della Scala Alexander Pereira ha proclamato a proposito di Roberta Mantegna : è nata una stella. Lei, palermitana trentenne, l’altro giorno era comodamente seduta fra gli spettatori, pur facendo parte del secondo cast del “Pirata” . Nell’intervallo la “titolare”, Sonya Yoncheva, ha avuto un calo di pressione (ah, queste primedonne...). Roberta, a freddo, è entrata nel secondo atto dove il suo personaggio, Imogene, interpreta la temibile scena della pazzia. Era il suo debutto al Piermarini ed è stato un trionfo. La Mantegna sin dall’età di 8 anni partecipava alle stagioni del Massimo di Palermo, nel coro di voci bianche. Si diplomava in pianoforte nel 2009 e in Canto lirico l’anno successivo, sempre a Palermo. Poi si perfezionava con Renata Scotto a Santa Cecilia. Ha poi seguito “Fabbrica”, il programma di perfezionamento del Teatro dell’Opera. Proprio al Costanzi di Roma, lo scorso gennaio, aveva fatto un figurone come Amalia ne “I Masnadieri” con la musica che Verdi scrisse per Jenny Lind, detta l’“usignolo svedese”, che, pare, mettesse in mostra acuti e gorgheggi degni del pennuto canterino. Al prossimo Festival Verdi, a Parma, a fine ottobre, sarà Leonora nel “Trovatore” (anzi, nel “Trouvère”, poiché si tratta della versione francese dell’opera, con la bacchetta di Roberto Abbado).
Su Youtube si può ammirare la sicurezza con la quale Sabine Devieilhe, nata in Normandia 33 anni fa da genitori non musicisti, sfoggia il suo registro acuto nella famosa aria della Regina della Notte dell’amato Mozart, personale “porta d’ingresso” nel mondo dell’opera. Affinità e abilità tecniche di soprano lirico di coloratura che sono state esaltate nel concerto d’esordio a Santa Cecilia a Roma lo scorso aprile con Luisotti sul podio. Lei il suo meglio lo dà pure nel barocco, non a caso il primo recital discografico è stato consacrato alla musica di Rameau e, in generale, nel repertorio francese: “Lakmé”, Olympia nei “Contes d’Hoffmann”, Philine in “Mignon”, Ophélie in “Hamlet”, anche in questo, come in Mozart, avendo come modello la superba connazionale Natalie Dessay. In questi giorni è Zerbinetta nell’“Ariadne di Naxos” al Festival di Aix en Provence.
La trentenne Nadine Sierra, nata in Florida da madre portoghese, deve l’inizio della vocazione musicale alla nonna materna: lei amava molto cantare ma, quando era giovane a Lisbona, nel suo ambiente non era considerato rispettabile avere una carriera nel mondo del teatro. Più tardi, la piccola Nadine non parlando il portoghese e la nonna l’inglese, comunicavano fra loro proprio con la musica. Quando aveva dieci anni fu poi la regia di “Bohème” di Zeffirelli, che al Metropolitan la entusiasmò, tanto che ancora oggi considera Mimì il ruolo preferito insieme a quello di Gilda del “Rigoletto”. Vocalmente padroneggia una gamma ricchissima di sfumature, una linea di canto brillantemente appoggiata su un’emissione di gran scuola (la Music Academy di Marilyn Horne), acuti sicuri e carichi d’ardore. Nel 2013 al Teatro San Carlo di Napoli l’abbiamo applaudita nel prediletto “Rigoletto” e ancora come Gilda nel 2015 al Metropolitan. Recentemente è stato Luisotti a farla esordire alla Scala in questo ruolo. Al termine del secondo atto è stata subissata dalle richieste di bis, eccezionalmente - alla Scala pare che non accadesse dal 1986 - esaudite. Il prossimo 12 ottobre inaugurerà la stagione sinfonica (si fa per dire) di Santa Cecilia a Roma interpretando Maria nel musical “West Side Story” di Bernstein, diretta da Pappano.