Memoria
La grande sfida tra Eros e Thanatos: la recensione di Moravia dell'Ultimo tango
Uno stralcio della critica che lo scrittore fece per L'Espresso al film di Bernardo Bertolucci poco dopo l'uscita il 24 dicembre del 1972
Il film pur essendo basato su un’idea addirittura romanzesca (l’appartamento in cui si fa l’amore senza sapere nulla l’uno dell’altro) non è fatto di eventi bensì di situazioni simboliche e ideologiche. Sbrogliare l’intrico di significati di questa vicenda a ben guardare allegorica come un mistero medievale è insieme facile e difficile. In tutti i casi la filigrana freudiana è piuttosto visibile. Nell’appartamento vuoto e opaco - e tuttavia sede privilegiata di un erotismo risplendente - abita Eros; tutto il resto del mondo è abbandonato al dominio di Thanatos. Dunque l’anonimità sessuale è la vita; l’identità sociale è la morte. (…)
“Ultimo tango a Parigi” è un film fascinoso ma di un fascino freddo perché intellettualistico. Come un astro spento, lo si può guardare in faccia senza restarne abbagliati cioè commossi. Significativamente, la psicanalisi che è un tentativo di estendere il dominio della ragione al mondo interiore, qui viene adoperata come veicolo per un’irrazionalità furiosa, disperata, mortuaria.
A tal punto che Eros, attraverso il sadismo e il masochismo vendicativi e sodomitici del protagonista, finisce per scambiare la parte con Thanatos. Tuttavia, le sequenze più belle del film sono proprio quelle in cui il sesso, rappresentato dal personaggio femminile, è sentito dal regista direttamente e sinceramente senza tristezza nella sua accezione più selvaggia e più casta. Qui Bernardo Bertolucci conferma le grandi qualità di intensità espressiva e di complessità tematica già così notevoli ne “Il conformista”.