Il film pur essendo basato su un’idea addirittura romanzesca (l’appartamento in cui si fa l’amore senza sapere nulla l’uno dell’altro) non è fatto di eventi bensì di situazioni simboliche e ideologiche. Sbrogliare l’intrico di significati di questa vicenda a ben guardare allegorica come un mistero medievale è insieme facile e difficile. In tutti i casi la filigrana freudiana è piuttosto visibile. Nell’appartamento vuoto e opaco - e tuttavia sede privilegiata di un erotismo risplendente - abita Eros; tutto il resto del mondo è abbandonato al dominio di Thanatos. Dunque l’anonimità sessuale è la vita; l’identità sociale è la morte. (…)
“Ultimo tango a Parigi” è un film fascinoso ma di un fascino freddo perché intellettualistico. Come un astro spento, lo si può guardare in faccia senza restarne abbagliati cioè commossi. Significativamente, la psicanalisi che è un tentativo di estendere il dominio della ragione al mondo interiore, qui viene adoperata come veicolo per un’irrazionalità furiosa, disperata, mortuaria.
A tal punto che Eros, attraverso il sadismo e il masochismo vendicativi e sodomitici del protagonista, finisce per scambiare la parte con Thanatos. Tuttavia, le sequenze più belle del film sono proprio quelle in cui il sesso, rappresentato dal personaggio femminile, è sentito dal regista direttamente e sinceramente senza tristezza nella sua accezione più selvaggia e più casta. Qui Bernardo Bertolucci conferma le grandi qualità di intensità espressiva e di complessità tematica già così notevoli ne “Il conformista”.