Non è un Paese per giovani, figuriamoci un festival. Insomma Baglioni ci ha provato a dare una svecchiata generale, tra trap, rap e Rolls Royce, ma la platea ingrigita proprio non ne vuole sapere e scalpita per battere le mani a tempo solo con prodotti a lunga conservazione. Sarà per questo che Venditti e il suo cappello trasforma l'Ariston nella curva Sud sanremese, sarà per questo che si alza in piedi con il coretto di Raf e Tozzi.
Sarà per questo anche che scherza sulla qualifica di super ospite regalata ad Alessandra Amoroso, considerata una bambina nonostante dieci anni di carriera e dischi di platino quanto basterebbero a molti per dormire sonni tranquilli. Eppure, a volte succede che quello che sulla carta sembra solo una citazione ripescata dalla memoria diventa un gioiello senza tempo. Così, se è vero che per fare un albero ci vuole un fiore (e Sergio Endrigo, ti prego, perdonali per quello che ti è stato spacciato per un omaggio), per fare un festival ci vuole un guizzo di freschezza. E quando una carrettata di autori, cantanti e presentatori stentano, arrancano e a tratti si perdono alla spasmodica ricerca di un futuro dietro le spalle, arriva la magia che ti svolta la serata. Trasformando con la bacchetta la parola ieri in domani.
Come un coniglio dal cilindro sbuca all'improvviso Ornella Vanoni e per una manciata di minuti tutto il mondo che girava intorno scompare. Una signora con la esse molto ma molto maiuscola, entra in scena per la decima volta della sua carriera e dimostra a un pubblico semi congelato cosa si possa combinare con la sola forza dell'intelligenza e dell'ironia. Perché quando si è donne di tale statura l'età è solo un accento sull'ultima vocale.
All'improvviso, dopo una snocciolata di cantanti e tristanzuoli siparietti Ornella si palesa sul palco e asfalta tutto, prendendo in giro se stessa e mettendo a tacere con un diluvio chi si ostina a pensare che il tempo che passa sia un limite uguale per tutti. Canta a mezza bocca, bacia Patty Pravo, sforna battute e imita Virginia Raffaele che la imita a sua volta, in un meta sketch dal meraviglioso sapore della surrealtà. Un gran bel momento, una gran bella donna. Dura poco per carità, giusto il tempo di lasciare spazio al trombone di Cevoli. Che poi è una tuba ma rende l'idea.