Le tappe della vita del gigantesco scrittore

È il 31 luglio 1919. In una Torino alle prese con la febbre spagnola e scossa dai primi moti del Biennio Rosso nasce Primo Levi, primogenito di Cesare Levi ed Ester Luzzatti, entrambi di religione ebraica. Primo è gracile e di salute spesso cagionevole: così nei primi anni non frequenta la scuola con costanza, costretto a ricorrere a insegnanti privati. Nel 1934 inizia il liceo, il Massimo D’Azeglio, già sede di professori antifascisti ma allora politicamente “epurato”. Studia con profitto: sempre buoni i voti nelle materie scientifiche, meno quelli in italiano. Anche per questo, presa la licenza, nel 1937 decide di frequentare il corso di laurea in Scienze all’Università di Torino. Giusto in tempo: un anno dopo il regime promulga le leggi razziali che non gli avrebbero permesso di iscriversi. Levi si scopre diverso, discriminato, un nemico anche lui che era stato balilla prima e avanguardista poi.

Nel 1941, quando termina gli studi, sul diploma di laurea insieme alla lode ci sarà la menzione della “razza ebraica”. Inizia subito a lavorare e, nel 1942, si trasferisce a Milano. Lì inizia a militare nella Resistenza: dopo la caduta di Mussolini e l’armistizio di Badoglio, con l’inizio dell’occupazione nazista del Nord Italia si rifugia sulle montagne della Val d’Aosta.

Serve a poco: il 13 dicembre 1943 viene catturato e spedito nel campo di concentramento di Fossoli, vicino a Carpi. Da lì, pochi mesi dopo, è caricato su un treno direzione Auschwitz. Levi ha studiato, è considerato manodopera specializzata, per questo i tedeschi lo fanno lavorare nell’impianto chimico di Buna. È uno dei fattori che contribuiranno alla sua salvezza, insieme alla scarlattina: si ammala poco prima dell’arrivo dei russi, il 27 gennaio 1945, e le SS non lo portano con loro. Inizia allora un lungo giro d’Europa al seguito dei sovietici, raccontato ne “La Tregua”.

Torna a Torino nel 1946 e inizia subito a scrivere la sua esperienza di deportato: nasce così “Se questo è un uomo”. Rifiutato da Einaudi, il libro è pubblicato da De Silva nel 1947: viene accolto da buona critica, ma delle 2500 copie stampate ne vengono vendute poco più della metà.

Levi, deluso, continua a scrivere ma torna a lavorare in fabbrica. Solo nel 1956 ritrova fiducia nella sua penna e ripropone il libro a Einaudi, che questa volta lo pubblica anche per l’interesse suscitato da Levi dopo una mostra sulla deportazione negli anni della guerra.

Nel 1961 inizia a scrivere “La Tregua”, che pubblica due anni dopo e gli fa vincere il primo Premio Campiello.
Negli anni Settanta pubblica “Il sistema periodico” (1975) e “La chiave a stella” (1978), frutto dei suoi viaggi a Togliattigrad, con cui vince lo Strega. Poi è la volta di “Se non ora, quando”, del 1982, romanzo con cui vince di nuovo il Campiello e de “I sommersi e i salvati” (1986), da molti considerato il suo capolavoro intellettuale.
È il suo ultimo libro: malato e depresso, l’11 aprile 1987 si getta nella tromba delle scale del palazzo dove era nato 67 anni prima.