La scrittura per frugare nella propria storia. Da un romanzo una lezione di emancipazione

Ogni libro libera. Le parole mettono ordine nel mondo e ci aiutano a nominare non solo tutto ciò che ci circonda, ma anche quello che ci portiamo dentro: sogni, paure, incertezze, speranze e incubi che spesso non riusciamo a esprimere finché non inciampiamo su un personaggio o su una storia che parlano di noi, sebbene le gioie e i dolori raccontati siano diversi dai nostri.

 

Se dovessi però scegliere il libro che, più di ogni altro, mi ha liberato, si tratta senz’altro di uno dei romanzi di Annie Ernaux, “La vergogna”, tradotto di recente in italiano, ma disponibile in francese sin dal 1997. Partendo dal racconto di uno scatto d’ira che aveva avuto suo padre nei confronti della mamma, e che era poi degenerato in violenza, la scrittrice ripercorre gli anni cruciali della propria infanzia: le raccomandazioni della madre e le regole da rispettare; i silenzi del padre e i segreti di famiglia. Soffocata dal falso perbenismo della provincia, Annie si vergogna. Non solo e non tanto della violenza improvvisa del litigio, quanto dell’ipocrisia, della meschinità, dei battibecchi e delle recriminazioni che osserva e ascolta nella sua famiglia.

 

La scrittrice inizia a sentirsi inadeguata, diversa dalla maggior parte delle ragazzine della sua età, sola di fronte a due genitori che non riescono a diventare quel punto di riferimento di cui tanto sente il bisogno. Come si fa d’altronde a crescere quando non ci si può identificare con una delle due figure genitoriali? Come ci si può proiettare nel mondo quando si fa fatica anche solo a respirare? «Nella vergogna c’è questo: la sensazione che possa accaderci qualsiasi cosa, che non ci sia scampo, che alla vergogna possa seguire soltanto una vergogna ancora maggiore».

 

“La vergogna” è stato il primo romanzo di Annie Ernaux che ho letto. Ero appena arrivata in Francia e non la conoscevo ancora. Esattamente come non sapevo che, a forza di leggere e rileggere i suoi libri, mi sarei pian piano liberata dalla paura di utilizzare anch’io la scrittura per frugare all’interno della mia storia familiare. Sono passati molti anni da allora. Anni durante i quali ho fatto di tutto per capire cosa volesse dire la scrittrice francese quando spiegava che la scrittura autobiografica le aveva permesso di andare molto più lontano di quanto non le fosse successo quando scriveva romanzi di pura fiction. Fino a che, anche grazie alla lingua scarna, essenziale e rarefatta di Ernaux, sono riuscita pure io a trovare il coraggio di raccontare l’origine della mia personale vergogna.