Se fai sesso orale con un uomo che non è tuo marito, il tuo amante ti scatta una foto e un hacker la ruba dal tuo telefono e la rende cosa pubblica, la tua vita cade in pezzi, il tuo lavoro scompare, la tua reputazione anche. Tu, tu, tu. E pazienza se sotto quelle lenzuola eravate in due, il plurale a volte segue regole tutte sue, che si allontanano dal senso comune alla velocità della luce. Perché alla fine te la sei cercata e ne paghi le conseguenze. E se non lo potevi evitare comunque non sarà mai gratis: sei una donna, e la ruota gira con fatica. “I Hate Suzie”, mirabile prodotto inglese su Sky Atlantic, mette in scena un dramma individuale che si trascina dietro quel sapore ferroso di disastro collettivo, ennesimo esempio di storia di una trasformata in storia di tutte.
Una commedia nera, ironica, struggente, claustrofobica e satirica, che si chiede per otto episodi, tanti quanti sono le fasi del trauma, cosa voglia dire essere una donna sotto i riflettori della vita, lasciata lì, nell’angolo a guardare quella luce che si affievolisce man mano. Interpretata dai mille colori di Billie Piper dai cui occhi si potrebbe leggere un mondo intero, la serie accompagna la protagonista in una caduta che la lascia, attimo dopo attimo, sempre più sola nel biasimo generale, ormai eletto come suo unico abbraccio. Il marito la giudica, la colpevolizza, decide quando se e come volerla o allontanarla. L’amante ne esce immacolato, forte e vincente. La routine la tiene in ostaggio, nuda e vulnerabile, in equilibrio sul filo del cambiamento inatteso. Neanche le fantasie sessuali riescono ad allentare le corde che la imprigionano.
E Suzie, nonostante sia a tutti gli effetti una vittima di revenge porn, derubata, profanata, sbattuta in prima pagina come uno dei mostri da cui viene inseguita sul set, viene lasciata in compagnia del suo peccato primordiale di irrecuperabile rea infedele. Sino a che, con un doppio carpiato, scavalca il suo micro universo che vorrebbe tenerla lì, ferma nell’angolo in cerca di espiazione, e stretta nei suoi vestitini gialli e nei suoi capotti lunghi, prova a compiere un gesto del tutto inusuale: dopo una vita intera trascorsa ad essere definita dagli altri, governata dai salti mortali a cui ti costringe un sistema che pone i tuoi bisogni all’ultimo posto in classifica, prova a cercare per la prima volta se stessa.
Così, alla fine di questa prima stagione restano due solide certezze. Innanzitutto, come la metti la metti, è sempre colpa tua. Ma quando hai un indice puntato contro, puoi sempre provare a ridurlo a una voce fuori campo.