L’autore grossetano interviene sul dibattito lanciato da Roberto Cotroneo sul futuro del romanzo e la replica di Antonio Moresco contro la stampa che ignora alcune opere

Caro direttore, ho letto su L’Espresso la risposta di Antonio Moresco a Roberto Cotroneo, polemica interessante. Per chi se la fosse persa: Cotroneo dice che in Italia i romanzi sono tutti uguali, non rompono gli schemi, e ha ragione. Moresco replica a Cotroneo che non è vero, perché c’è lui, Moresco, e Cotroneo dovrebbe leggersi le sue opere, perché è un grandissimo scrittore, e anche Moresco ha ragione.

 

Al che Cotroneo risponde: «Avrei molte cose da dire anche sulla tua imbarazzante ansia autopromozionale e autopubblicitaria, sul tuo ossessivo ripetere che saresti il più grande scrittore della galassia dopo Proust e l’unico che dice la Verità ecc ecc, cosa che non dicevano di sé neanche i grandi scrittori del passato, non avevano bisogno di dirlo, non passava loro neanche per la testa».

 

No, scusate, mi sto sbagliando, questa non è la risposta di Cotroneo a Moresco, ma la risposta che ha dato Moresco al sottoscritto pochi mesi fa, sul suo sito Il primo amore, rispondendo a una questione molto simile a quella posta da Cotroneo. Motivo per cui non mi metterò certo a parlare delle mie opere, ma dell’ipocrisia dei letterati italiani, e anche della non ipocrisia di altri, che non rientrano né nella visione di Moresco né in quella di Cotroneo. Il punto è che gli scrittori, quelli veri, sono tenuti volutamente fuori dai vari circoli culturali mainstream, anche perché nessuno davvero legge. Per non parlare dei premi, gli Strega, i Campiello, i Mondello: gli autori passano la vita a scrivere il libro giusto per vincere il famoso premio, deve essere una sindrome scolastica, e sono pronti a tutto pur di vincere il famoso premio, soprattutto a frequentarsi tra di loro, usare la lingua non per scrivere ma per leccarsi l’uno con l’altro, e circoscriversi le proprie lobby e sfere di influenza (altro che, come pensava Thomas Bernhard: «ricevere un premio è come farsi cagare in testa»).

 

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I libri, in tutto questo, passano completamente in secondo piano (figuriamoci le antologie in cui vuole finire Moresco, devono ancora metabolizzare Morselli e D’Arrigo, i quali oggi continuano a essere ignorati anche da morti, perché in Italia gli scrittori sono tollerati purché non siano geni), anche per questo sono tutti uguali, basta che respirino (non i libri, chi li scrive) e bazzichino i salottini giusti, per cui vedi sempre gli stessi in giro per l’Italia a presentare i loro i libri (ve lo immaginate Proust che presenta la Recherche? Magari dalla Gruber? «Ci dica, com’è questo tempo perduto? E di Renzi cosa ne pensa?»), o a fare la lagna perché sono stati esclusi dalla cinquina del famoso premio dei quattrocento catatonici della domenica, dopo aver fatto di tutto per andarci (incluso Moresco).

 

Vorrei ricordare che del famoso premio se ne sono sempre fregati grandi scrittori ignorati sia da Cotroneo che da Moresco: mai uno strega a Alberto Arbasino, mai uno a Aldo Busi, mai presi in considerazione Piersandro Pallavicini o Giuseppe Culicchia o il sottoscritto (una volta in realtà mi hanno proposto di partecipare ma li ho mandati a quel paese, se combatto la massoneria non entro in una loggia massonica per poi lamentarmi che è una loggia massonica, così come le redazioni televisive sanno quanto sia impossibile invitarmi nei loro talk show per farmi talk di quello che vogliono loro, preferisco starmene a casa, a scrivere, sono uno scrittore, non un opinionista, non una soubrette), mai neppure, nel proliferare di narrativa femminista con o senza schwa, ho visto prese in considerazioni scrittrici vere, da Barbara Alberti (qualcuno, di grazia, ristampa il suo “Delirio”?), a Isabella Santacroce (che si pubblica da sola ormai, e non piace alle femministe perché si definisce “scrittore”) a Gaia De Beaumont (una nipotina di Arbasino, delicata e feroce) e non perché siano donne (uno scrittore non è né maschio né femmina quando scrive), ma perché i loro romanzi sono molto più belli di chi partecipa al conformismo dominante delle idee politicamente corrette e femministicamente corrette, di chi va in giro per presentazioni, perché i libri non contano, non sono opere, sono al massimo pere, per questo vanno a presentarle, presentano se stessi, altro non c’è.

 

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A proposito ancora di Moresco, a differenza di Cotroneo, che è stato un critico (non so se lo sia ancora o si definisca solo scrittore: in Italia i critici si sono resi conto che in fondo, per le ragioni suddette, bastava poco salire sul podio loro anziché studiare e leggere i libri degli scrittori), io da scrittore sono stato tra i primi a accorgermene e a scrivere delle sue opere sul Giornale, a tal punto che Antonio Franchini, all’epoca direttore della Mondadori, mi disse: «Senza i tuoi articoli non sarei riuscito a farlo passare in Mondadori», con il risultato che adesso le opere di Moresco sono in Mondadori, e l’ho fatto per la letteratura e non certo per Moresco, che mi considera uno scrittore nichilista, di destra (a destra però mi considerano di sinistra), e non si capacita del perché da suo fan sia diventato un avversario. Cioè prima dice che la letteratura è realtà, poi deve continuare a piacermi anche quando lui si trasforma in una suora con le visioni mistiche.

 

Ma nel frattempo, sistemato Moresco e la sua setta religiosa, non si trovano più le opere di Aldo Busi, che giustamente visto l’andazzo generale è sparito pure lui sia dai media che dalle librerie, per celebrarlo o renderlo reperibile dobbiamo aspettare che muoia (e tra l’altro, avendo già sprecato per un altro Antonio, - Pennacchi - la definizione di “grandissimo scrittore”, non so cosa si dovranno inventare per Busi, ma almeno lo ristamperanno).  Infine resta il mistero del perché Moresco non sia accolto dall’establishment culturale come pretende, in fondo va benissimo: lotta per salvare il pianeta, si interessa alla scienza ma solo per vedere nella materia oscura un possibile paradiso, è un complottista che vede nel capitalismo il male, denuncia l’uomo che sta commettendo un genocidio di specie (quella umana? ma magari) insomma è un prete, un vitalista che vuole la redenzione del mondo, il suo caos è un’altra favola consolatoria, come consolatori sono quasi tutti, in letteratura non usano il cervello perché hanno un’anima.

 

Tuttavia enorme artista, Cotroneo dovrebbe leggerlo, un visionario come non ce ne sono altri, fosse un pittore sarebbe El Greco, ma non abbiate paura di lui (anche El Greco alla fine dipingeva le stesse cose, madonne e giù di lì), visto che l’Italia è un paese di preti, lui potrebbe fare il papa. No, mi rendo conto, non sono intervenuto per parlare di scrittori, ma di impiegati in carriera. Vogliono premiarsi tra loro, vogliono un premio, vogliono la benedizione di Cotroneo, dategli tutto, per favore, e festa finita. Quanto a me vi svelo un segreto: come mi insegnò Aldo Busi «per fare il buffone devi potertelo permettere con l’annichilente forza dei tuoi romanzi». Per questo non mi vedrete mai da nessuna parte a tenere presentazioni, convegni, lectio magistralis o pietire per un premio: fuori dai miei romanzi, nella vita, non sono Parente, io sono Batman.n