L’attore non ha mai avuto paura di schierarsi anche sui temi più divisivi

Nino Manfredi
Quasi

Sarà che mi sto veltronizzando (a proposito: sarebbe un presidente della Repubblica perfetto. E non scherzo) ma sto venendo sempre più a patti con la nostalgia. Anzi: spesso la inseguo proprio. Specie se in qualche modo mi strizza l’occhio, pennellando qualche nuance di affetto in più sulla memoria di un attore che ho sempre adorato: Nino Manfredi. Il sentimento ha a che fare con la “sindrome del quasi”, che titillo da secoli. Attiene alla felicità a momenti, al successo istoriato da qualche venatura, a chi raccolga stima e complicità per attimi mai abbastanza lunghi. Gli scrittori da un solo libro, le cantanti da un tormentone e mai più, gli onestissimi lavoratori cui l’onestà non basta. Intendiamoci: Manfredi non era un mediano. In una squadra calcistica dei bei tempi sarebbe stato un numero 8 con tendenza al 10. Un regista consapevole con tendenza al ghirigoro, all’invenzione, alla giocata illuminante. Solo che quella maglia la portavano Sordi e Gassman, il cui gigantismo attoriale è rimasto scolpito ovunque. Mentre Manfredi… sì, certo, “C’eravamo tanto amati”. Sì, certo, “Pane e cioccolata”. Sì, certo, quel gioiello che è “Gli anni ruggenti” di Luigi Zampa. Sì, certo, il successo fa chansonnier dei primi anni Settanta. Però quasi. Un po’ come quella bella canzone del mitologico Freak Antoni, il leader degli Skiantos, che si intitolava appunto così. E a Sanremo mica gliela presero.

Ma è appunto dagli anni Settanta che è emerso in questi giorni un reperto che circola sui social. Risale ai tempi del referendum sul divorzio, quando ancora le leggi di civiltà rappresentavano il Paese, arrivavano in Parlamento, passavano pure. E i Fanfani di turno cercavano di abolirlo per interposte urne. È un video (ne fece uno simile anche Gigi Proietti) nel quale Manfredi spiega dritto per dritto che lui è per il divorzio ma solo dei matrimoni falliti, che le corna infinite, i maltrattamenti, le liti davanti ai figli, non debbono e non possono durare in eterno. E soprattutto racconta di due conoscenti separati dalla Sacra Rota per impotentia coeundi, cioè impossibilità a fornicare. Con quattro figli. Privi di alimenti perché certe cose non erano e non sono previste, in ambito Vaticano. Una pepita che ne restituisce il nitore, il coraggio, la voglia di affrontare i famosi temi divisivi – più divisivo di un referendum sull’etica, che c’è? – che oggi spaventano troppi artisti e soprattutto chi li consiglia.

 

 

 

Va detta una cosa: oggi, probabilmente, Nino avrebbe postato il video sui social. E sotto si sarebbe scatenata la gazzarra di chi non poteva e non potrebbe lustrargli le scarpe, come capita oggi a chi si cimenti con l’affermazione delle proprie idee per scelta, perché ha ragione, senza pensare al tornaconto immediato. E i primi sarebbero stati i politici. Chissà, magari tra cinquant’anni, in una rubrica come questa, rivaluteremo anche gli artisti che si sono spesi per la legge Zan.

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David Sassoli
Esempio

È incredibile come, raramente, siano davvero i migliori che se ne vanno.