Tre ragazzini. Una comunità ristretta. E creature d’ombra che la avvolgono. In un romanzo uscito nel 2021, “Il buio non fa paura”. Da riscoprire

«È tutto nero. E in mezzo al nero c’è questo bambino…». Comincia così “Il buio non fa paura” di Pier Lorenzo Pisano: copertina verdina e il viso di un ragazzo che osserva fuori dalla finestra. Lo apro e non smetto più di leggere. Ferma sulla sedia ho ingoiato un gioiello e, terminata la lettura, mi sono detta: Come mai questo romanzo delicato e struggente non ha avuto successo? Distrazione, forse. O forse solo sfortuna. Perché Pisano ha scritto una favola nera bellissima, e l’ha fatto da scrittore autentico.

Siamo in montagna, il cielo brioso cambia i colori del panorama, la gente dimora tra le pieghe dei colli, il bosco, disteso su un lato, bisbiglia suoni misteriosi. E qui, in questo piccolo mondo dipinto con abilità, vive una famiglia allegra fatta di tre fratelli -il protagonista Gabriele, Giulio e Matteo- e di due genitori gentili.

La gaiezza, che si riscontra nelle prime pagine, è fatta di giochi, rincorse, complicità. È una felicità piena zeppa di mamma, della sua pelle calda, del suo sguardo rassicurante, dei suoi sorrisi aperti. Una mamma guardata dal basso verso l’alto. Una mamma minuta che appare altissima. E poi si immagina il profumo dei campi, la frescura del tempo che cambia, con le sue ombre che tinteggiano le giornate tutte uguali, ogni volta benefiche.

Ma sia ben chiaro, chi legge non si trova sempre a distanza, ad ammirare un bel quadro dai lineamenti morbidi; no, spesso si avvicina quasi quanto un respiro sul viso. E allora finisce sotto il letto, al buio, con la stessa agitazione di Gabriele che teme e spera di dover subire un attacco di solletico. O seduto a tavola a gustare la zuppa calda che straborda dai piatti. Addirittura, sente l’amore che invade ogni cosa, senza dichiararsi mai. E si sta bene, con questa famiglia. Eppure. Eppure, un’inquietudine già emerge nel bello. Come mai, visto che tutto va bene, io ho paura?

La verità è che io non sto solo leggendo. Io sto vedendo. E quello che vedo è troppo vicino e troppo lontano. Lo scrittore ci sposta a suo piacimento dentro e fuori, con loro e senza di loro, e lo fa con maestria, creando così un’agitazione simile a quella che si prova quando in barca ci allontaniamo dal molo. Con la terra che diventa una linea sottile e il mare che ci mostra ogni ruga del vento. Questo movimento oscillante crea insicurezza, diffidenza; sentimenti che Pier Lorenzo Pisano utilizza per prepararci al colpo di scena: la scomparsa della madre. Ed ecco il crollo. L’equilibrio dei personaggi cede e frana l’aspetto dei mondi: il mondo reale e il mondo interiore, che era madre, padre, solidità, cura, si stravolgono. La terra perde colore, le mura domestiche diventano tane dove nascondersi, la luce, imprigionata nelle lanterne e nelle case, testimonia la paura. E in mezzo a questo dolore, che per gli adulti non può essere che colpa di un mostro gigantesco e nero c’è, insieme ai fratelli, il giovane protagonista, che combattendo con la tenacia della speranza e con la fede nell’amore, trasformerà la paura in vita. Il buio, in pace.