L’elettronica commestibile crea congegni da ingerire per fare controlli o cure mediche. A partire da oro e frutta secca, capperi e carote

Ricerche scientifiche che sfidano ricette gastronomiche, perché si concludono con la lista degli ingredienti: carote, mandorle, crostacei. A occuparsi di “elettronica commestibile” è il laboratorio Printed and Molecular Electronics, coordinato da Mario Caironi, dell’Istituto italiano di tecnologia di Milano. L’attività si concentra sullo studio delle proprietà elettroniche degli alimenti al fine di creare un sistema ingeribile dotato di batteria, circuito e sensori. Questi dispositivi potrebbero essere impiegati nella diagnostica medica per costruire pillole in grado di eseguire analisi lungo l’intestino e, all’occorrenza, di rilasciare farmaci. Per realizzarle servono tre materiali: isolanti, conduttori e semiconduttori. I primi sono facilmente recuperabili nel cibo. Per i conduttori occorre ingegnarsi di più, ma l’oro a 24 carati utilizzato nelle pasticcerie va benissimo. Così come il carbone attivo, farmaco da banco molto diffuso. 

 

Il vero problema sono i semiconduttori, l’equivalente del silicio utilizzato nei dispositivi tecnologici. E qui arriva l’elettricità della carota o, meglio, del betacarotene, in generale dei carotenoidi. Il primo prototipo di circuito commestibile è stato stampato su un sottilissimo strato di etilcellulosa, un additivo alimentare, impiegando inchiostri d’oro e di chitosano, materiale proveniente dalla corazza dei crostacei. Mentre la prima batteria edibile si realizza con: riboflavina (vitamina B2) presente nelle mandorle che agisce da anodo, quercetina presente nei capperi che fa da catodo. 

 

Per aumentare la conducibilità elettrica si usa il carbone attivo, mentre l’elettrolita è a base d’acqua. Le alghe nori del sushi fanno da separatore. Gli elettrodi sono stati incapsulati con la cera d’api, da cui escono due contatti in oro alimentare. La batteria funziona a 0,65 volt, una tensione bassa, che non crea problemi al corpo umano. Può fornire una corrente di 48 microampere per 12 minuti, o di pochi microampere per più di un’ora, per alimentare piccoli dispositivi elettronici, come i LED a bassa potenza. Queste tecnologie potrebbero essere utilizzate anche nei giocattoli per i bambini, dove il rischio di ingestione è elevato.