Il Mann di Napoli dedica una grande e affascinante retrospettiva al condottiero dell’antichità. Alle gesta, il fasto orientale. E a una corte di artisti che influenzò tutto il mondo antico. Un’anticipazione

Ditemi: dov’è la tomba di Alessandro Magno?... chiedeva nel IV sec. d.C. il vescovo Giovanni Crisostomo ai fedeli di Alessandria d’Egitto. Voleva sottolineare la precarietà delle glorie umane perché da molto tempo si erano perse le tracce del venerato sepolcro dal corredo d’oro.

 

Il fondatore della città, cui aveva dato il nome, era diventato un mito per le sue gesta: partendo giovanissimo dalla Macedonia, patria dove regnava, aveva conquistato Grecia, Egitto, Fenicia, regno persiano, dilagando nell’Asia centrale fino alla valle del fiume Indo a est, dove sconfisse il re Poros con i suoi elefanti. In procinto di impadronirsi anche dell’Arabia, nel 323 a.C. morì a Babilonia.

 

Si è molto discusso sulla sua fine a soli 33 anni, dopo alcuni giorni di alte febbri intermittenti, tra un banchetto e l’altro: malattia o un veleno propinato da qualcuno dei suoi fedelissimi, come sostenne la madre? Comunque, i luogotenenti (diadochi) cominciarono subito a litigare per designare il successore, e poi si divideranno i territori conquistati con titoli regali.

 

Il lascito di Alessandro era enorme, dal punto di vista geografico e culturale. La lingua greca si era diffusa ovunque, insieme al patrimonio che racchiudeva e, per la visione universale del giovane sovrano, dal IV al I secolo a.C. si parla di età ellenistica o alessandrina. Tra i tanti simboli di tale milieu, basta citare la Biblioteca e il Museo di Alessandria, dove si racchiudeva tutto lo scibile antico e si effettuavano ricerche scientifiche.

È possibile in una mostra rappresentare la figura e le gesta di un tale personaggio? Per la visione nel suo complesso, Paolo Giulierini, direttore del Museo archeologico nazionale di Napoli (MANN), ne è convinto e si accinge a inaugurare l’esposizione “Alessandro Magno e l’Oriente” il 25 maggio (fino al 28 agosto, organizzazione e catalogo Electa).

 

«Non è stato facile», ammette, «ma l’impegno dei curatori, Filippo Coarelli ed Eugenio Lo Sardo, l’elevato numero di reperti che si conservano in questo museo, il contributo di istituzioni italiane e straniere, sono sicuro che riusciranno a far immergere i visitatori in quello che è lo spirito dell’iniziativa: ricreare le influenze di un processo sociale e culturale, così vivace in Campania. Senza dimenticare il fascino che ha sempre emanato Alessandro e la fama che si è prolungata fino ai nostri giorni».

 

L’esposizione si articolerà in diverse sezioni su due piani, con circa 150 manufatti. L’inizio è nell’atrio, dove potremo vedere il ritratto di Alessandro, in marmo e inciso in gemme, della madre, la fascinosa e intrigante Olimpiade fissata in un medaglione d’oro, del padre Filippo II raffigurato su monete.

 

È lo storico greco Plutarco che descrive nei particolari il condottiero. Sguardo dolce, pelle chiara, tendenza a flettere leggermente il collo verso sinistra (come di solito è raffigurato), generoso, avido di gloria e, al contempo, irascibile, propenso a smodate bevute di vino. Risaltano il desiderio di conoscenza, l’attrazione per il nuovo da scoprire, la passione per la medicina: gli insegnamenti del filosofo Aristotele, suo primo maestro, avevano lasciato il segno.

La corte macedone delle origini, frequentata da artisti come lo scultore Lisippo e il pittore Apelle, sarà evocata dagli affreschi risalenti alla metà del I sec. a.C., che provengono dalla Villa di Boscoreale, presso Pompei, detta di Fannius Synistor dall’ultimo abitante. Rappresentano infatti le influenze esercitate dai modelli macedoni; il ciclo pittorico ne richiama architetture e simboli tipici, come l’astro a rilievo sullo scudo, mentre i curatori della rassegna identificano Alessandro nella persona giovane in piedi. All’attribuzione hanno concorso vari fattori: il copricapo ufficiale dei sovrani macedoni (kausia), lo stretto di mare che ha davanti (i Dardanelli), la sua lancia conficcata sulla sponda opposta, dove siede una donna con abiti orientali, a significare il dominio sui due continenti allora conosciuti. Compaiono anche i Cabiri, geni alati assimilati ai Grandi Dei, dei quali Filippo e Olimpiade seguirono i riti iniziatici.

 

Tra le figure dipinte, al centro di una parete, si trova Afrodite con Eros, la dea considerata progenitrice della famiglia Iulia e, secondo Coarelli e Lo Sardo, il committente degli affreschi può essere stato proprio Giulio Cesare. Egli, al pari di altri romani di alto rango, si serviva di eleganti residenze durante i suoi spostamenti per ricevere amici e clienti. E Cesare aspirava alla stessa gloria dell’eroe macedone.

 

Al piano superiore del Museo, il Salone della Meridiana ospiterà il racconto delle spedizioni vittoriose di Alessandro, mentre promuoveva il sorgere di altre città – una fu dedicata a Bucefalo, il suo straordinario cavallo – e favoriva matrimoni “misti” (lui sposò l’asiatica Roxane). Tra itinerari e volumi storici, troveremo sculture in alabastro, marmo, bronzo, monete, mosaici, il celebre Vaso da Canosa, mosaici, e anche reperti preziosi riferibili al lusso della corte achemenide.

 

Per creare il suo esteso impero Alessandro affrontò battaglie epocali nello scontro con i persiani: Granico, Isso, Gaugamela. Il Re dei re Dario III, di fronte alla sconfitta, si diede alla fuga – sarà ucciso da un satrapo – e le sue regge spalancarono favolosi tesori al vincitore.

Due focus nel Salone riguarderanno il mosaico-icona del MANN che raffigura Alessandro col suo esercito contro Dario: una copia, nel pavimento, lo mostrerà nella sua integrità ricomposta, con manufatti relativi alla Casa del Fauno di Pompei, dove si trovava fino al 1843. In un altro angolo, alcuni video illustreranno la tecnica di composizione e il distacco dalla dimora. Nel Museo, dove è collocato l’originale, si potrà vederlo mentre è oggetto di un delicato restauro.

 

Eccidi, tradimenti, crudeltà non mancano nelle imprese del sovrano macedone, come in quelle di altri conquistatori; ma egli fu travolto dal fasto orientale e, considerandosi figlio di Zeus Ammone dopo un oracolo frainteso in Egitto, pretese la prostrazione ai suoi piedi di chiunque lo avvicinasse. L’adozione delle usanze persiane fu mal sopportata dai suoi e considerata un eccesso dagli storici posteriori; tuttavia, il coraggio, l’audacia, la ricerca di un sincretismo politico-culturale tra popoli diversi, hanno contribuito a far passare Alessandro dalla Storia alla leggenda.