Le gaudenti note

Sanremo è inevitabile: inutile anche solo cercare di difendersi

di Gino Castaldo   17 gennaio 2024

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Il festival nazionale diventa ogni anno più ingombrante e onnivoro. Merito o colpa di Amadeus. E degli italiani che ne hanno fatto l'unico rito che unisce il Paese

L'incommensurabile e quasi inspiegabilmente duraturo festival. Si avvicina, inesorabile, l’appuntamento degli appuntamenti musicali, ma oggi più che mai è lecito chiedersi cos’è questo festival che supera ogni prevedibile durata storica, e che anzi continua a crescere quando si pensava che più di tanto non potesse crescere, che continua a smentire ogni ipotesi probabilistica e forse costituisce un caso unico nel panorama mondiale. 

 

La domanda sorge spontanea. Cos’è davvero il festival di Sanremo? Una risposta corretta implicherebbe una distinzione fondamentale: di quale Sanremo parliamo? Perché questa è una delle verità da dire, sono esistiti nel corso dei decenni tanti diversi Sanremo e per ognuno ci sarebbero spiegazioni diverse. Sorprende casomai la capacità di non soccombere all’inevitabile declino. Ma se ci riferiamo agli ultimi anni, assistiamo a un’ulteriore vita, a una fase in cui il mercato della musica è tornato centrale, e a conferma di questo Amadeus persegue la tendenza (catastrofica per gli orari dello spettacolo…) ad aumentare il numero dei cantanti in gara. 

 

Il risultato è che dopo decenni di netta separazione perfino i giovani si sono in parte riavvicinati al festival, visto che molti dei big in gara sono praticamente sconosciuti al pubblico più adulto, ovvero quello generalista e attempato che sembrava essere il dogma assoluto della tipologia di pubblico sanremese. Le cose si sono allargate e mescolate, ma soprattutto c’è una tendenza che il festival ha sviluppato negli ultimi anni ad autoalimentarsi, a sembrare ineluttabile, un evento a cui non si può sfuggire e al quale è inutile resistere, polverizzando l’idea stessa che qualcuno possa immaginare una qualsiasi forma di concorrenza, tanto vale arrendersi e partecipare a questo collettivo rituale che oltretutto sembra essere l’unico, in mancanza di meglio, in grado di unire il Paese.