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Skam 6, il peso di una generazione in un racconto finalmente plausibile

di Beatrice Dondi   29 gennaio 2024

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Nicole Rossi

Disturbi alimentari e disagio giovanile nella serie che riesce ancora una volta a lasciare a casa retorica e pornografia

Che rumore fa un biscotto non voluto? È un frastuono molesto, mentre i denti lo afferrano, un rimbombo in bocca, un boato quando scende nella gola, piano, pianissimo, giusto il tempo di arrivare dritto al cervello. 

Ancora una volta l’unico sguardo reale sul mondo dei giovani ce lo regala “SKAM Italia” (Netflix). Con Nicole Rossi protagonista, diretta da Tiziano Russo e scritta da Ludovico Bessegato, Alice Urciuolo ed Elisa Zagaria, la piccola serie fenomeno anche in questa sesta stagione apre la porta sull’adolescenza e, semplicemente, ne mostra l’infinita complessità. Quella che ha, appunto, un suo rumore preciso, opposto e contrario al brusio degli adulti, che dicono «Mangia, perché non mangi, ora ci penso io a farti mangiare», come fosse facile, come se il “come” fosse più impellente del perché. Dopo aver affrontato la sessualità, le dipendenze, le scelte religiose, la salute mentale, le discriminazioni e la vergogna della supposta virilità mancata, “Skam 6” si concentra dunque sui disturbi alimentari, una fotografia dell’incontro col male di vivere, un racconto dettagliato di quell’ansia totale da controllo che sfugge via quando mancano gli appigli e le certezze, morali e politiche, quotidiane e universali. 

Ma quel che convince è la modalità, per immagini e scrittura, che esprime naturalmente un disagio profondo senza ricorrere alla retorica di chi è convinto di essere seduto dalla parte giusta della storia. E senza pornografia, perché non serve come troppo spesso accade sui piccoli schermi, esporre lo strazio fisico dei corpi per provare a comprendere quanto pesano addosso quei chili nemici. Basta una ciocca di capelli caduta nella doccia per rappresentare un universo, un dettaglio, una forchetta che indugia come il pensiero, una goccia di maionese che striscia come un serpente. 

Così il riflettore si accende su Asia (Nicole Rossi), amica, compagna, attivista, punto di riferimento collettivo, che a furia di tenere in mano tutti i fili perde la matassa di se stessa, e cerca imporre al suo corpo una strada da seguire. «È un momento un po’ difficile, ma al di là del cibo», dice Asia. «Eh no, non è mai al di là». «E perché succede?» «Perché è bello avere almeno una cosa sotto controllo, soprattutto se pensi di non riuscire mai a controllare niente». 

Carne, politica, barricate, sentimenti: obbligarsi alla scelta giusta è un peso che a tratti diventa insostenibile. Ma alla fine, ci raccontano i ragazzi di “SKAM”, ripresi al rallentatore nei momenti del dubbio e i cui volti si allargano in primi piani sfacciati mentre al contrario la carne si lascia rubare ogni spazio, è che si può anche non sapere dove andare, perdersi e sbagliare tutto, persino il nome a cui rispondere. E imparare ad accettarlo è una lezione, cari adulti, mica da poco. 

DA GUARDARE 
Nel deserto televisivo, arriva il film su chi il deserto l’ha attraversato davvero. “Io capitano”, lavoro prezioso di Matteo Garrone candidato all’Oscar, sbarca su Sky Cinema dal 29 gennaio. Guardarlo e farlo guardare è un’occasione da non perdere. Per far pendere una volta tanto la bilancia dalla parte dell’umanità.

MA ANCHE NO
Il problema della fiction italica, salvo fortunate eccezioni, sono le facce. Basta un’inquadratura di questa terza stagione di “Doc – Nelle tue mani” (Rai Uno) per capirlo. Sei triste, fai la faccia triste, sei felice, fai la faccia felice. Non esiste corpo, voce, postura, sfumature. Niente. Solo facce. Al massimo, qualche piega nel camice.