Più di quarant’anni hanno fatto scandalo. Ora i racconti di Tondelli arrivano a teatro. E raccontano ancora l’angoscia della gioventù

Libertini di ieri e di oggi

Anno 1980. L’editore Feltrinelli pubblica “Altri libertini”, opera prima di Pier Vittorio Tondelli (1955-1991), il giovane scrittore di Correggio che spariglia le carte del panorama letterario. In sei  episodi dirompenti racconta - con una lingua viva, piena di slang e a tratti oscena – l’irrequietezza disinibita e contagiosa dell’ambiente studentesco bolognese. Proprio su queste colonne, nel numero dell’Espresso del 10 febbraio 1980, Massimo D’Alema lo definisce un libro politico, perché «svela una mancanza di politica».

“Altri libertini” va in stampa ed è subito sequestrato per oscenità. Tondelli viene processato, poi assolto e infine venerato come una rock star. Ora quel testo così spudorato debutta in teatro. Licia Lanera, solida regista e attrice pugliese, ne ha acquistato i diritti, trasformandolo in uno spettacolo punk e un po’ sgangherato, andato in scena al Teatro Vascello per il Romaeuropa Festival (produzione Compagnia Licia Lanera, in coproduzione con Teatro delle Albe /Ravenna Teatro). L’atmosfera tondelliana c’è tutta: il fumo, il vino, l’eroina, gli amori omosessuali, la trasandatezza di quelle stanze abitate da giovani sprofondati nella solitudine o catturati da un bacio. Ma Lanera sceglie di tradire Tondelli almeno su due fronti. Il primo è quello della lingua: dei tre attori in scena con lei solo uno (Roberto Magnani) parla in romagnolo, mentre gli altri due (Giandomenico Cupaiuolo e Danilo Giuva) mantengono il proprio dialetto originario. Il secondo riguarda la drammaturgia (adattamento firmato sempre da Lanera), che fonde i tre capitoli scelti - “Viaggio”, “Altri libertini” e “Autobahn” - in un unico racconto, dove s’intrecciano anche frammenti di vita degli stessi attori, tutti straordinari, ma in certi momenti ingessati in una narrazione poco fluida e statica. Eppure questi libertini che cantano a squarciagola “Sono un ribelle, mamma” degli Skiantos e “Siamo solo noi” di Vasco Rossi ci parlano ancora: è l’urlo delle generazioni di ieri e di oggi rimaste intrappolate nella promessa di un sogno mai realizzato.

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