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Com’è effimero il bronzo
Le opere di Manders giocano con le apparenze. E la mostra alla Fondazione Sandretto le asseconda. Realizzando un inno alla fragilità
Mark Manders da ragazzino lavorava in una tipografia ed è lì che inizia a fare opere con gli scarti della lavorazione industriale della carta, con quella fibra di cellulosa così malleabile e morbida, con la quale lui invece faceva strutture solide e resistenti. Con l’arte si può ingannare, si possono ribaltare situazioni, e la sua mostra appena inaugurata alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino fa proprio questo: ricrea lo studio (reale o immaginario?) di Manders dando l’idea di essere finiti nel bel mezzo di un grande magazzino nel quale vengono stoccati ritrovamenti archeologici. La sede della Fondazione - inaugurata nel 2002 - è un’architettura museale dal sapore minimale, costruita ex novo in un quartiere che testimonia il passato industriale della città e le sue continue trasformazioni. Insomma il contesto appare in contrasto con la mostra e questo esalta ancora di più l’allestimento, realizzato con assi e teli da cantiere trasparenti a separare gli ambienti, permettendo di guardare attraverso e scorgere enormi figure, che si intuiscono appena. Una volta oltrepassate queste mura morbide ci si trova davanti a enormi sculture che anche al più attento degli sguardi sembrano d’argilla. Lo stupore è enorme quando si scopre che invece sono di bronzo. E non solo le statue, ma anche le corde o le assi che sembravano di legno. Che bugia meravigliosa, detta da Manders per dare il senso della fragilità pur creando una cosa durissima, indistruttibile. Questa mostra si chiama “Silent Studio” e, proprio per rispettare quel silenzio, le opere sembrano sussurrare piano che essere fragili può essere un punto di forza, che non dobbiamo avere paura di confessarci labili. In un mondo in cui si esalta la forza, la fermezza a tutti i costi, trovo che questo messaggio sia fondamentale. Patrizia Sandretto Re Rebaudengo, che presiede la fondazione, dimostra ancora una volta il coraggio di celebrare un artista che, pur vantando un buon successo, ancora non ha avuto i giusti meriti. Negli stessi spazi si possono vedere anche le personali di Stefanie Heinze e di Bekhbaatar Enkhtur.