Dal ritorno di Squid Game ai cartoni di Inside Out: finalmente è arrivato il momento di uno scatenato binge watching

Il binge-watching può essere paragonato a una vera e propria dipendenza comportamentale, dicono alcuni. E questo sarà anche vero. Ma solo l’idea di avere qualche giorno a disposizione durante le feste da passare incollati a schermi piccoli e piccolissimi per annegare nelle produzioni seriali come se non ci fosse un domani è per molte persone quasi più allettante delle grandi abbuffate. Il guardare un episodio dopo l’altro, sino all’ultimo fotogramma, e poi passare a un altro titolo e un altro e un altro ancora, diventa il lusso di un tempo che in genere non c’è, il regalo da scartare schiacciando il tasto play. Quei giorni lenti in cui il parente più prossimo è il divano, si traducono così in una sorta di apostrofo rosa tra le parole serie e tv. Anche perché, al contrario dell’offerta barbina della tv generalista schiacciata dalla pigrizia delle repliche, di offerte valide le piattaforme ne offrono parecchie e scegliere dal menù piatti golosi è più facile di quanto sembri.

 

C’è una serie unica, cattiva, buia e dolorosa, come “Dostoevskij”, quattro ore e mezza in odor di capolavoro disponibile su Sky, firmata da quei due strani geni dei fratelli D’Innocenzo, che trascinano il loro cinema in purezza in un progetto tanto scomodo quanto bello. Ci sono i camici di “Grey’s Anatomy”, che tornano su Disney+ per la 21esima stagione e anche se per ricominciare da capo forse servirebbe un’altra vita si può sempre usare come digestivo scacciapensieri. Per rimanere in tema, alla lontana, c’è anche il faccione sempre assai gradevole di Patrick Dempsey in “Dexter: Original Sin”, prequel su Paramount+ della fortunata serie dedicata al serial killer che uccide i cattivi per sentirsi buono: circa seicento minuti senza prendere fiato.

 

Giusto il tempo di smaltire il cenone di pesce ed ecco che su Netflix sbarca il gioco del calamaro. “Squid Game 2”, dal giorno di Santo Stefano, è forse l’appuntamento più atteso visto che la prima stagione del cult coreano è a tutt’oggi considerata dei record. Certo l’effetto sorpresa è un po’ esaurito e soprattutto risulterà difficile capire il motivo per cui un vincitore che si è portato a casa la cifra monstre di 45,6 miliardi di won sudcoreani anziché godersi la novella condizione da nababbo, decida di smantellare l’organizzazione dietro i giochi, affrontando per la seconda volta l’infernale giostra mortale tra biglie e bambolone assassine. Ma tant’è, e sette ore di visione (sette episodi di sessanta minuti ciascuno) saranno per molti il modo perfetto di passare il dì di festa.

 

È considerato l’incipit più bello di sempre e la serie “Cent’anni di solitudine” (Netflix) non poteva che partire da lì: «Molti anni dopo, di fronte al plotone di esecuzione, il colonnello Aureliano Buendía si sarebbe ricordato di quel remoto pomeriggio in cui suo padre lo aveva condotto a conoscere il ghiaccio». I primi otto episodi provano a tradurre per immagini il capolavoro di Marquez, sette generazioni, un sudario e un milione di formiche comprese. Per arrivare all’uragano finale invece, bisognerà attendere il 2025, ma tanto a quel punto le ferie saranno già finite da un pezzo.

 

Apple tv si conferma una sicurezza e due consigli su tutti sono doverosi. La seconda stagione di “Bad Sisters” torna due anni dopo con altri segreti, altre verità e persino un altro cadavere e l’ultimo episodio verrà rilasciato proprio il giorno di Natale. E per chi non avesse goduto del piacere di “Shrinken”, esercizio di ironia e intelligenza con Harrison Ford burbero e adorabile psichiatra potrà cogliere l’occasione al volo.

 

La fantasia del mondo Disney+ ondeggia tra un Jude Law protagonista di “Skeleton Crew” ambientato nell’universo Star Wars e “Dream Production”, tenero spin off, ovviamente animato, di “Inside Out” mentre l’asso di Paramount+ è probabilmente “The Agency”, remake del francese “Le Bureau” con un cast che vale l’abbonamento: Michael Fassbender, Jeffrey Wright e Richard Gere.

 

Infine, il miglior prodotto seriale italiano degli ultimi anni, firmato da Giuseppe G. Stasi e Giancarlo Fontana. La seconda stagione di “The Bad guy” (Prime Video) si gioca tutta sulla ricerca dell’archivio di Suro, tra boss e intercettazioni, passato e presente, ironia e spruzzi assai dark. Certo andrebbe recuperata anche la prima, ma si potrà sempre dire: non ho avuto tempo.