Si chiama idrometallurgia verde. L’ha brevettata un'azienda di giovanissimi per recuperare metalli preziosi dalle batterie

Acqua e limone contro i mali del mondo. Mai mettere in dubbio i rimedi “della nonna”: il potere corrosivo dell’acido citrico è in grado di stupirvi. Lo hanno studiato cinque giovani laureati pugliesi che hanno fondato AraBat, acronimo di arance e batterie.

 

La startup promuove un processo innovativo per recuperare batterie esauste attraverso gli scarti degli agrumi e riacquisire così metalli preziosi come litio, nichel, manganese, idrossido di cobalto e altre sostanze tra cui rame, alluminio e grafite. «Dopo aver letto un articolo di una rivista ambientale che parlava di un progetto asiatico sul riciclo di batterie al litio ho chiesto ai miei attuali soci di scendere in campo», spiega Raffaele Nacchiero, venticinquenne Ceo dell’impresa. «L’idea era quella di riciclare dei rifiuti pericolosi, come le batterie, e farlo con le risorse del nostro territorio, come le bucce delle arance. Sapevamo in qualche modo che la biomassa, ricca di zuccheri riducenti, poteva avere degli effetti positivi sul recupero di materiali dalle batterie, tuttavia occorreva testarlo.

 

Da quel momento, ne abbiamo parlato con il visionario professore Matteo Francavilla dell’Università di Foggia che ci ha aperto le porte del suo laboratorio, permettendoci di comprovare questa folle intuizione. Il tempo poi ci ha dato ragione, avanzando verso lo sviluppo di una tecnologia ad hoc - dal nome “idrometallurgia verde” - che abbiamo poi brevettato». Entro il 2025 avremo circa settecentomila tonnellate di batterie agli ioni di litio a fine vita. Solo una piccola parte di queste viene riciclata, il resto termina in discarica. I costi di recupero sono elevatissimi: si stimano circa 4 euro al chilo per lo smaltimento e 55 euro a KWh ora per il riciclo. Le batterie al litio aumentano assieme ai mezzi elettrici in circolazione. Da una parte cresce la domanda globale, dall’altra la scarsità di materie prime: il prezzo del nichel, per esempio, è quadruplicato. Dal problema all’opportunità che unisce due scarti e ne fa una risorsa. Il reagente chimico utilizzato è l’acido citrico, perfetto sostituto dei comuni acidi inorganici forti. Un processo d’economia circolare inedito, per sostenibilità e performance, che ci permette di guardare con occhi diversi anche rifiuti pericolosi come quelli elettronici.