Una furia gioiosa padrona del palco: la comica siciliana regala lo show in un Festival dalla faccia imbronciata

L’aveva detto con quel suo sorriso speciale in conferenza stampa: «Non prendiamoci troppo sul serio». E così Teresa Mannino con puntuta efficacia aveva smontato i pomposi trionfalismi dei numeri. Dettando la linea. Quando è arrivata sul palco scendendo le scale a suo modo, con le sue piume svolazzanti per le quali «non è stato ammazzato nessun uccello, lo dico prima di qualsiasi polemica» ha travolto la terza serata, come una tromba d’aria benefica, al punto che è stata elargita al pubblico solo col contagocce perché passi tutto ma una donna che mette in ombra il conduttore è un’esagerazione a cui non siamo ancora preparati. Più a suo agio di Fiorello col broncio per le critiche, una furia comica dietro agli occhiali, che si è dedicata al teatro perché non c’è gara, altro che insipida televisione. 

 

Non prendiamoci troppo sul serio è il sottotesto quando dice «I giornalisti sono tutti qua, se succede un fatto nel mondo non lo sapremo mai» e salta in braccio ai tre giovani anziani del Volo. Richiama l’applauso, ma quello bello, sale e scende dalle scale, e cerca di fare «tutto quello che non ho mai fatto nella vita». 

 

A Morandi chiede una canzone di cui tutti in questo momento abbiamo bisogno (C’era un ragazzo) e stona e ride, perché no, non bisogna prendersi troppo sul serio, anche quando la storia ti dice il contrario. La colorata bufera di Teresa Mannino, che chiama le camere, sposta Amadeus, si intrufola, mischia le carte e soprattutto è capace di scatenare risate squillanti è un momento di pura verità. Parla di babbuini e di peni, parte da Protagora e arriva agli uomini ricchi, bianchi e occidentali che si credono la misura dell’universo. E chiude: «Anche a me piace il potere, ma il potere di ridere e farvi ridere. E non ho nessuna intenzione di smettere».

 

Insomma alla fine meno male che c’è stata Teresa Mannino in un Festival che si è mosso sulle uova, cercando di non rompere niente, mentre le pagine si giravano una dopo l'altra, dai morti per il lavoro di Massini e Jannacci alle piume dei Ricchi e Poveri, dalle promozioni delle fiction  (e non si dica che c'è la crisi del settore) alla presentazione in pompa magna di Massimo Giletti, pronto a condurre lo speciale sul compleanno del servizio pubblico dopo aver viaggiato in ben altri lidi. Come dire ancora una volta, non prendiamoci troppo sul serio, neppure nell’indignazione collettiva per il qua qua gate mentre fuori c’è l’inferno che scorre. Perché Boris ce l’ha insegnato con la locura: «Questa è l’Italia del futuro, un paese di musichette mentre fuori c’è la morte».

LEGGI ANCHE

L'E COMMUNITY

Entra nella nostra community Whatsapp

L'edicola

Il pugno di Francesco - Cosa c'è nel nuovo numero dell'Espresso