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La cartolina di Andrea Barbato, un gioiello del giornalismo che la Rai ha cercato di dimenticare

di Beatrice Dondi   19 marzo 2024

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Nella Rai Tre di Angelo Guglielmi si rivolgeva direttamente al potente di turno. Con garbo, ironia e intelligenza. Ma senza tirarsi indietro. E all'improvviso, guarda caso, il programma chiuse. Forse per questo oggi sembra meglio non ricordarlo

Avrebbe compiuto 90 anni giusto in questi giorni in cui si celebrano, con frattaglie e fegatelli di natura perlopiù insulsa, i settant’anni della Rai. Mentre la “Cartolina”, il suo programma più celebre, venne chiuso dall’oggi al domani nel 1994, trent’anni fa esatti. Eppure ad Andrea Barbato, giornalista, come si usava un tempo, di ferrea integrità morale e capace di utilizzare l’ironia e l’acume per il bene dell’informazione, non è stata dedicata neppure una candelina spenta. E più che strano ma vero si potrebbe dire strano ma mica tanto. 

Barbato era un uomo semplice. Nel senso che aveva semplicemente inventato diverse cosette ben prima di altri. Battezzò la conduzione del neonato Tg2, mise sotto processo la tv, diede vita all’ormai abusata maratona con lo sbarco sulla luna, al racconto in diretta dell’omicidio di Robert Kennedy e altre quisquilie. 

Ma soprattutto dimostrò che con un tono garbato si poteva essere pungenti lo stesso. D’altronde, a cosa serve alzare la voce quando si ha qualcosa da dire? 

Così con quella sua strana erre insegnò allo spettatore che ai potenti si possono fare domande e persino critiche puntute sul loro operato. Questo era la “Cartolina”, un preserale della Rai Tre di Angelo Guglielmi. La sigla suonava un piccolo corno da cui usciva la missiva, con un ardito escamotage la sua faccia si andava a posizionare sul francobollo e il tutto cominciava. Cinque minuti di discorso diretto a un personaggio, un politico, una sorta di antesignano “C’è posta per te” dove anziché proporre stucchevoli polpette di sentimenti, veniva interrogata quella parte di Paese che aveva il potere di decidere. E così facendo si aiutava il pubblico a capire, intercettando spesso quel che sarebbe accaduto da lì a breve. 

Al “dottor Silvio Berlusconi” per esempio, disse chiaro e tondo: «Lei, padrone del settore televisivo privato, ha detto che se dovesse entrare in politica lascerebbe l’impero dell’informazione. Ma è lecito dubitare di un distacco autentico. E come sempre, un saluto da Andrea Barbato». Diretto, facile e comprensibile. Niente male insomma, anzi, talmente centrato che venne fatto fuori all’improvviso, senza perché di sorta, come raccontò lui stesso nell’ultima puntata: «Caro spettatore, quello di stasera è un saluto. È stato deciso che questa sarà l’ultima cartolina, anche se chi vi parla lo ha appreso solo indirettamente dai giornali. Dopo cinque anni, il nostro corno postale non suonerà più. È stata una finestra dalla quale abbiamo espresso un’opinione con lo scopo di aumentare l’occasione di tutti di discutere. E questa funzione del giornalismo la consideriamo indispensabile per una società civile». Talmente indispensabile che meno ce lo ricordiamo e meglio è. 

Andrea Barbato

 

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MA ANCHE NO
Si chiama Mattino 4 perché va su Rete 4. Quando era su Canale 5 si chiamava Mattino 5. Ma il programma con Federica Panicucci e Roberto Poletti riserva anche delle altre novità informative, non ultima quella di parlare un po’ di cronaca nera, vista la carenza del tema in televisione.