L'artista è stata ingiustamente accusata di essere la causa della fine dei Beatles. E il suo valore artistico è stato spesso sottovalutato

Nessuno sa che cosa faccia, ma è la più famosa artista del mondo: con questa battuta amara John Lennon raccontava Yoko Ono, che all’ombra di un marito «più famoso di Gesù» ha sempre faticato a emergere per le sue opere. Anzi, divenne una delle donne più odiate al mondo quando, senza alcun fondamento, si diffuse la convinzione che avesse avuto un ruolo fondamentale nella separazione dei Beatles. Eppure Yoko Ono è una pioniera dell’arte e ha contribuito a introdurre - fin dalla fine degli anni ’50 -  un linguaggio nuovo e poetico, con opere che venivano completate dall’interazione con il pubblico. La Tate Modern oggi la celebra con “Music of the Mind”, una delle esposizioni più grandi di sempre dell’artista nata a Tokyo nel 1933, cresciuta durante la guerra e prima donna ammessa alla Gakushuin University, facoltà frequentata anche dal futuro imperatore Akihito che, a detta di molti loro colleghi di facoltà, si prese una cotta per lei.

 

Conosce Lennon in una galleria di New York, quando (vedendolo teso) gli infila in tasca un bigliettino con su scritto «respira». Tra le centinaia di opere esposte alla Tate molte ci parlano del legame tra i due, ma questa volta la protagonista è lei, è il suo lavoro: video, musica, poesia, documenti, performance. Non può mancare la rievocazione di “Cut Piece” del 1965, quando lei sale su un palco e invita il pubblico a raggiungerla e tagliarle i vestiti, a fare a pezzi, brandello dopo brandello, la più elementare delle corazze artificiali. E se da una parte si sveste lei, dall’altra veste i visitatori insaccandoli in grandi borse (“Bag Piece”), annullando ogni possibile sovrastruttura legata a età, razza o sesso. Si diventa voce, o forse più semplicemente anima, con Yoko Ono.

 

Speriamo che questa mostra serva per ricucire i rapporti tra il Paese che più di ogni altro la accusò per il “divorzio” tra Lennon e McCartney, perché Yoko Ono è una pietra miliare dell’arte contemporanea. A prescindere dal marito.