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Adelaida Gigli, la donna dalle mille vite
Adrián N. Bravi ha dedicato all'artista e poetessa italo-argentina una biografia che è un invito a ripercorrere un tempo di sanguinarie dittature, idee forti e desaparecidos. E a riconoscere in lei il destino di molte donne esuli
Una donna nata più volte, una storia dopo l’altra, tra continenti diversi, arte, nuovi amori. E figli a cui spetta il destino più atroce: svanire. Desaparecidos (nel 1976 e nel 1980) come moltissimi altri giovani rivoluzionari, in lotta contro il potere più feroce.
Perché “Adelaida”, l’ultimo libro di Adrián N. Bravi (Nutrimenti), selezionato nella dozzina del Premio Strega, non è solo la vertiginosa biografia di una vita che ne contiene altre. Ma un’epopea collettiva di artisti e intellettuali ai quali è toccato il destino di resistere, in Argentina, a censure e divieti: alla libertà negata di parola. Che trova la strada su riviste come Sur di Victoria Ocampo. O Contorno, fondata dalla protagonista e schierata con le classi più povere. Adelaida Gigli, figlia del pittore Lorenzo che in pieno fascismo lascia l’Italia alla volta del Sud America per non sottostare alla propaganda, ha nel Dna geni anticonformisti e libertari. E sono sempre le dittature a costringerla all’esilio («parto per la sola volontà di continuare a vivere»): prima, dal Venezuela all’Argentina nel 1961, punita da Betancourt col marito David Viñas (l’autore di “Dar la cara” che ha tra i personaggi una bambina di nome Mafalda, a cui il fumettista Quino si ispirò per la sua piccola contestatrice), per aver aderito alla Rivoluzione cubana, poi dalla dittatura militare argentina. È allora che riprende il piroscafo per Genova coi versi di Mandel’stam in mente (“Chi può sapere che congedo attende/nella parola addio”).
È a Recanati che Bravi, argentino di Buenos Aires, la incontra e la frequenta fino alla morte, nel 2010: sigaretta in bocca e bicchiere di whisky, «intrappolata in un groviglio di rammendi», con l’arte della ceramica tra le mani. Struggente e affascinante, restituita da uno sguardo penetrante che sa quando ritrarsi, emblema di tutti gli esuli: come una sefardita che abbandona la Spagna dopo che i re hanno espulso gli ebrei; un’ebrea di Odessa in fuga dalla Germania anni Trenta; l’artista afghana Fatimah Hossaini che lascia Kabul per i talebani. Una figura sorprendente, e in cerca di un’identità «che in definitiva è quella di essere donna», che si incide nel cuore.
ADELAIDA
Adrián N. Bravi
Nutrimenti, pp. 142, € 17