Buio in sala
Chien de la casse, un cine miracolo ripescato da lontano
Due ventenni fin troppo dipendenti uno dall’altro. E un’amica che li mette in crisi. In un ritratto sorprendente dell’età oscura che segue l’adolescenza
C’è un’età fatta apposta per il cinema che il cinema affronta raramente con onestà, forse perché è così ricca, generosa, indifesa (e universale) che preferisce farcirla di cliché. O di invenzioni anche poetiche ma non sempre vere. Ogni tanto però un film sbucato da chissà dove strappa quel velo tutto luoghi comuni e cattiva poesia per restituirci la nuda verità. Che non sta nei singoli personaggi ma nei loro rapporti.
Il notevole “Chien de la casse” (più o meno “Cane rognoso”), è uno di questi cine-miracoli capaci di catturare l’essenza della lunga fase intermedia che segue l’adolescenza. Con i suoi sogni, i suoi eroismi, le sue ferite, le sue viltà. E la crudeltà inconsapevole di un’età in cui tutto, forse, è ancora possibile ma nulla, spesso, sembra realizzabile.
Ventenni o giù di lì, Mirales e Dog (Raphael Quénard e Anthony Bajon, che attori!), trascinano le loro vite in un paesetto della Francia del Sud tra playstation, chiacchiere, un po’ di fumo spacciato per avere due soldi (Mirales). Ma soprattutto sono così diversi da essere inseparabili anche se la loro amicizia è a schema fisso. In sintesi: Mirales parla, straparla, provoca, protegge. Mentre Dog tace, incassa, rimugina e - raramente - reagisce, mai come penseresti. Naturalmente Mirales e Dog, che come dice il regista «si vogliono un bene profondo ma lo fanno male», sono una sorta di coppia di fatto, congelata in uno stato transitorio e vagamente malato ma a suo modo indistruttibile.
Fino a quando in paese non sbarca Elsa, che ha la grazia di Galatea Bellugi (altra attrice dotata del dono più raro: la singolarità) e quell’equilibrio sadomaso inizia a vacillare. Anche perché Elsa farà una scelta sorprendente, per noi e per loro. Mentre il film abbatte uno a uno i nostri pregiudizi donando ai suoi personaggi tratti tanto più contraddittori quanto più veri.
In quel paesino depresso infatti c’è chi legge, chi dipinge, chi suona il piano. Anzi, il rapporto con la cultura, la sete di sapere (o l’indifferenza al sapere), mezzo insostituibile di crescita e conoscenza, è un punto di scontro non secondario tra il placido Dog e l’inquieto Mirales, lettore vorace, pianista mancato, capace di citare Hesse e Montaigne ma anche di volgarità irriferibili se punto sul vivo.
Il resto conviene scoprirlo al cinema, meravigliandosi per come questo esordiente (premiatissimo in Francia) dà vita a personaggi memorabili, e a un microcosmo così preciso, tra campagne e banlieue, senza cedere a un solo luogo comune. Una scoperta - e un esempio.
CHIEN DE LA CASSE
di Jean-Baptiste Durand,
Francia, 93’
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AZIONE!
Per festeggiare “L’impero” di Bruno Dumont (parodia di “Star Wars” ma anche commedia satirica ambientata in un paese di pescatori), in sala dal 13, “Fuori orario” rende omaggio all’eccentrico regista francese con vari inediti tra cui “Jeannette”, musical pop-rock-metal sull’infanzia di Giovanna d’Arco. Venerdì 14 dalle 1.30.
E STOP
Numeri, numeri e ancora numeri. Al primo flop in sala (“Furiosa”) le cassandre si scatenano e predicono l’Apocalisse. Ma metterci un po’ di fantasia per formare un pubblico migliore e promuovere i tanti bei film che malgrado tutto si fanno, anziché ammucchiarli a fine stagione, non sarebbe più proficuo?