Dissacrante, ribelle, incandescente. Dopo aver diretto “L’arte della gioia”, la regista vestirà i panni di Goliarda Sapienza nel film di Martone. “Ho seguito la sua impronta, è più estrema di me”

Avevo voglia di raccontare la carica rivoluzionaria di un femminile inedito, mostrandone per una volta il lato oscuro». Valeria Golino racconta così “L’arte della gioia”, tratto dal romanzo postumo di Goliarda Sapienza, in anteprima al Festival di Cannes e in questi giorni al cinema in due capitoli (il secondo è uscito il 13 giugno). Più avanti sarà disponibile in sei episodi su Sky e Now.

 

Dissacrante, incandescente, ribelle, racconta la storia di Modesta, un’incorreggibile antieroina nella Sicilia del primo Novecento. Ironia della sorte, dopo questo lavoro da regista Golino interpreterà da attrice proprio Goliarda Sapienza nel nuovo film di Mario Martone: «Lo spirito di Goliarda mi perseguita», scherza lei. «Sono abitata da lei come un burattino e ne sono felice, racconteremo una bellissima storia di donne girata dentro e fuori dal carcere di Rebibbia».

 

Perché trova importante raccontare la disobbedienza delle donne oggi?

«È un aspetto pochissimo raccontato, se non attraverso cliché di femme fatale, oppure in film di genere in cui le disobbedienze delle donne erano sempre funzionali alla storia del protagonista maschile. È raro trovare personaggi femminili che abbiano caratteristiche non rassicuranti, non edificanti, lontane da tutto ciò che è buon senso, cura, maternità, come Modesta ne “L’arte della gioia”».

 

 

Perché?

«Ancora oggi la donna viene spesso raccontata e rappresentata come vittima, come quella che subisce, a me invece interessava raccontare una donna libera nel torto e nell’errore. Trovo sia la vera evoluzione del modo di raccontare le donne e noi stessi, la complicazione degli esseri in generale».

 

La rivoluzione di Modesta passa anche attraverso il sesso. Come mai il desiderio femminile è ancora poco esplorato sullo schermo?

«Il sesso è stato raccontato al cinema e nella letteratura in maniera bellissima, ma sempre dal punto di vista maschile – che a me piace moltissimo e non lo trovo meno interessante, sia chiaro. Ma io ho seguito l’impronta di Goliarda Sapienza, più tosta ed estrema di me. Il suo libro è il più spregiudicato della mia serie, perché lei è più spregiudicata di me. Io ho filtrato la storia tramite la mia personalità, raccontando l’erotismo che pervade la vita di Modesta come di tutti i personaggi».

 

Modesta è quella che oggi chiameremmo “fluida”.

«È pansessuale, vive il sesso come qualcosa di non ideologico, è ben oltre quello che pensiamo debba essere giusto o sbagliato. Anche io, come donna e come regista, ho trovato difficile superare a volte pudori e imbarazzi, dipende dal modo in cui siamo state educate. In genere quando l’erotismo femminile è raccontato da donne capaci e coraggiose escono film provocatori. C’è una spudoratezza provocatoria nella messa in scena, tanto da diventare spesso film o libri “erotici”».

 

Anche lei voleva provocare?

«No, non avevo questo intento, e non faccio mai un manifesto dei temi che affronto nei miei film».

 

Eppure non fa sconti, mette in scena incesti, matricidi, sacrilegi in convento. Temeva la censura?

«La temevo prima di cominciare, anche mentre giravo scene scabrose, ma ho trovato in Sky un interlocutore aperto, i soli “scontri” editoriali sono stati sulla forma, mai sui contenuti».

 

Perché nel 2024 le donne libere fanno ancora paura?

«Modesta fa paura perché può sterminare una famiglia, “L’arte della gioia” in fondo è una storia di matricidi. Racconto una donna che uccide le madri, cioè noi stesse di prima, le vecchie generazioni un po’ ferme e complici del famigerato patriarcato. Lo subivano, certo, ma lo hanno anche appoggiato e riadattato. Siamo esseri troppo intelligenti per non dircelo, non siamo solo vittime. Ecco, Goliarda va verso la presa di coscienza e di posizione rispetto a quanto noi donne siamo state corresponsabili, e la sua Modesta che non vuole essere né serva né padrona, che agisce anziché subire, in questo è rivoluzionaria. Tornando alla domanda, stanno succedendo tante cose dappertutto rispetto alla presa di coscienza femminile che fa paura. Ogni cambio di coscienza crea tensioni tra generi».

 

Tensioni di che tipo?

«Stiamo vivendo un momento di grande tensione tra uomini e donne, tra chi la pensa in un modo e in un altro, la violenza sulle donne è sempre in aumento e in generale viviamo un periodo molto violento. Anche dissentire è difficile».

 

Il pensiero comune è diviso in tifoserie…

«Esatto, cambiare idea sembra non essere previsto. Eppure il cinema nel Novecento era fatto in tutti i modi, dalla propaganda ai grandi capolavori che facevano cambiare idea al pubblico».

 

Il cinema può aiutare ad allargare gli orizzonti?

«Tutto può aiutare, tutto il pensiero diverso dal minimo comune denominatore e dal senso comune. Il cinema ha un po’ perso la sua potenza comunicativa, siamo diventati prodotti, una serie di caselle, il rischio è che non si lasci più traccia».

 

Le nuove generazioni stanno avanti?

«Rispetto alla politica sono molto più avanti di quanto potrebbe sembrare. I ragazzi oggi prendono per scontato cose su cui noi vecchi ancora discutiamo. Ci sono cose che stanno succedendo, c’è un progresso in quello che sta accadendo, che però non è rappresentato nei nostri governi, loro continuano a parlare una lingua che è già stata superata. I ventenni sono già altrove, sono più aperti. Ma anche più chiusi, se penso ai dogmi sul linguaggio, a quello che va detto e che non va detto. Non tutto ciò che viene dalla giovinezza mi piace, ma qualcosa sta succedendo e non possiamo non vederlo».

 

Ha detto che Meloni come presidente è un’occasione sprecata. In che senso?

«Aspettavamo tutte una donna presidente del Consiglio. Io non sono esperta di politica, non condivido i suoi contenuti, penso abbia una sua gravitas per quel tipo di carisma, solo che mi sarebbe piaciuto vederlo usato per cose che mi somigliano. Per il resto gli slogan a effetto non mi piacciono, neanche le semplificazioni».

 

Non trova che in un momento come questo gli artisti dovrebbero schierarsi?

«Tutti dovremmo essere partecipi, attivi, capire meglio cosa ci stia succedendo, come reagire, non essere inermi rispetto a tutto quello che accade. La cosa più importante è non arrivare a chiederci un domani: “Ma io dov’ero?”».