Plastica. Alluminio. E forme mai viste. Per strumenti amati da Frank Zappa, Guccini e Celentano. Da scoprire al Museo della Musica

Capita a volte di imbattersi quasi per caso in storie straordinarie. Mi è successo di trovarmi per altre ragioni a Bologna al Museo internazionale e biblioteca della musica, meglio conosciuto come Museo della musica, e approfittarne per visitare la mostra “La chitarra del futuro”, a cura di Marco Ballestri con la collaborazione di Oderso Rubini e di un gruppo chiamato Partigiani di Wandrè, dedicata al genio eccentrico e superlativo di Antonio Vandrè Pioli, in arte Wandrè, liutaio elettrico visionario, la cui storia è in Italia troppo poco conosciuta.

 

Ne avevo sentito parlare, ma la conoscevo superficialmente, sapevo che le sue chitarre erano diventate oggetto di culto, ma quella di Wandrè è una storia pazzesca, vale la pena conoscerla a fondo, dovrebbero farci un film, una serie, qualsiasi cosa, ma per ora accontentiamoci di poterla scoprire in questa mostra che rimarrà visitabile al Museo della musica di Bologna fino all’8 settembre. 

 

Wandrè fu un imprenditore innovativo e dal cuore d’oro, partigiano, il primo a creare in Italia una fabbrica di chitarre elettriche, in un ormai leggendario edificio rotondo a Cavriago, in provincia di Reggio Emilia, già nel 1959, incoraggiando gli operai a coltivare il proprio estro ed esprimerlo liberamente in questa fabbrica che riassumeva tutto il processo di progettazione e costruzione di esemplari di chitarra elettrica da favola, alcuni dei quali diventati famosi e richiestissimi dai collezionisti in tutto il mondo. Wandrè era uno che andava dritto a caccia delle sue visioni senza fermarsi davanti a nulla, usando materiali di tutti i generi, dall’alluminio alla plastica.

 

La mostra ripercorre questa storia con una esposizione di molti dei modelli più stravaganti e brillanti, a volte ispirati ad avvenimenti storici, a volte a uno stile musicale, forme assurde, chitarre imbracciate da Celentano, Guccini, Frank Zappa, gli Skiantos, modelli futuristi, tutti legati da questa vibrazione elettrica che sembra a volte espressa già nelle forme imprevedibili e luminose.

 

Non mancano modelli sorprendenti e controcorrente come contrabbassi pieghevoli, in modo da essere più facilmente trasportabili, e altre bizzarrie prodotte seguendo sempre il filo dell’idea piuttosto che quello della convenienza industriale. È una storia italiana tutta da scoprire, anche da un punto di vista imprenditoriale, un’avventura che ha legato indissolubilmente tutti quelli che hanno partecipato all’impresa. Ci rimangono chitarre fantasiose e giocose, oggetti d’arte che suonano.