Intervista
Alicia Giménez-Bartlett: «Io e la mia Petra siamo molto incazzate: questo ritorno dell’estrema destra fa paura»
I riti quotidiani, la scrittura, i polizieschi con l’ispettrice che nella serie tv è interpretata da Paola Cortelelsi. La scrittrice spagnola si racconta: "Ho sempre difeso la mia libertà sin da quando ero molto piccola"
Ciascuno di noi, per motivi diversi, deve inventarsi una via di fuga, un’uscita di emergenza, ma bisogna avere sempre il coraggio delle proprie azioni», dice Alicia Giménez-Bartlett, la scrittrice che anni fa aveva intitolato proprio “Exit” uno dei suoi bestseller più amati. Il titolo, in realtà, si riferiva al nome di una villa che faceva sfondo alla storia. «Oggi che mio marito mi ha lasciato (è morto di cancro in soli sei mesi, ndr) le mie vie di fuga sono ancora di più le piccole cose: stare con i miei amici, i miei figli, i miei cani e i miei gatti, leggere e ovviamente poter fare il mio lavoro, a cui dedico ore precise della giornata: dalle 10 del mattino alle 16 senza mangiare nulla, solo una tazza di caffè. Poi però non ne voglio più sapere nulla fino al giorno successivo. Dopo tanta concentrazione, occorre staccare e pensare ad altro, mi aiuta molto il giardinaggio. Porsi dei limiti è fondamentale, altrimenti si diventa matti».
La più importante scrittrice spagnola di romanzi gialli, tradotta in 24 Paesi, già vincitrice del Grinzane Noir (2006), del Raymond Chandler Award (2009) e del Premio Planeta (2015), ha appena vinto la terza edizione del Premio Internazionale Costa Smeralda. «Non fuggo da nulla, se non dalla stupidità umana, ma in alcuni casi è davvero molto difficile», aggiunge la creatrice dei polizieschi che hanno come protagonista l’oramai celebre ispettrice della Policia Nacional di Barcellona Petra Delicado, tutti pubblicati dalla casa editrice Sellerio nella collana La memoria. L’ultimo, “La donna che fugge”, è un’indagine tra gli ambulanti dello street food dove Petra e il suo vice Fermín Garzón indagano sull’omicidio di un uomo accoltellato dentro il suo furgone, «un mondo, quello degli ambulanti, che mi incuriosisce, perché si sentono più liberi degli altri».
«Ho sempre difeso la mia libertà sin da quando ero molto piccola», continua la Bartlett, classe 1951, originaria di Almansa, dove c’è uno dei castelli più belli e meglio conservati di tutta la Castiglia La Mancha. «A scuola ero una ribelle per la gioia dei professori e dei miei genitori a cui arrivavano le loro lamentele», ironizza con un sorriso messo in evidenza da un rossetto che non sovrasta mai il suo caschetto bianco come la frangetta. È una ribelle, e lo ha dimostrato sin dalla sua apparizione in “Riti di morte” nel 1996, anche la sua amatissima eroina Petra, «una donna decisa e indipendente, forte e delicata insieme, come dice il suo nome e cognome che è un vero e proprio ossimoro». «Non è né spagnola né italiana, è semplicemente una donna di oggi e pertanto può essere considerata internazionale».
È delusa dalla vita «come tutti noi quando invecchiamo» ed è delusa dai cambiamenti della società «che non capisce molto bene«, ma la salva «il non abbandonare mai il suo sense of humor». «Dell’ironia non faccio mai a meno neanche nel mio lavoro come nel privato, in questo ci assomigliamo molto così come per il modo che abbiamo di vedere il mondo. Una cosa è sicura: siamo entrambe molto incazzate. Io in particolare lo sono per quanto sta accadendo attorno a noi. La politica attuale è molto difficile, non sappiamo davvero cosa succederà. Ci sono sempre stati dei periodi complicati nel corso della Storia, ma questo ritorno dell’estrema destra un po’ ovunque mi fa paura. Quando guardo in tv le proteste degli studenti contro uno come Netanyahu – sono tutti giovanissimi, vittime principali, tra l’altro, della solitudine - allora penso che una reazione, e quindi un cambiamento, siano ancora possibili». Poi aggiunge: «L’altro problema è il fatto che alla cultura non si dà la giusta importanza come all’economia e alla politica. La possibilità che ha uno scrittore di cambiare qualcosa è minima, ma c’è una cosa che non deve mai fare: l’autocensura. Bisogna sempre dire la verità, cosa si pensa davvero».
La sua Petra lo fa ogni volta che può, da un po’ di tempo anche in tv dove ha assunto il volto di Paola Cortellesi che, dopo il grande successo ottenuto con “C’è ancora domani”, il suo primo film da regista, è tornata ad interpretarla sul set della terza stagione della serie “Petra” diretta da Maria Sole Tognazzi, due nuove storie targate Sky Original prodotte da Sky e Cattleya. «Paola è una grande professionista, è perfetta in quel ruolo, e non mi dispiace che la serie sia ambientata a Genova e non a Barcellona. Non sono intervenuta nella scrittura della sceneggiatura (è firmata da Giulia Calenda, Furio Andreotti, Ilaria Macchia e dalla stessa Cortellesi, ndr), perché scrivere un romanzo, come scrivere di cinema e della tv, è un’arte e ognuno ha la sua. Scrivo perché sono molto curiosa e mi piacerebbe essere come Petra che non è mai convinta di quello che le accade intorno, sempre abituata a vedere al di là delle cose e di una possibile apparenza che invece rassicura molti». Petra è entrata nel cuore di molti e lo resterà a lungo, almeno per un altro libro («ho già firmato per scriverlo»). Poi, tra una birra e un’altra, grande passione della Bartlett, ci sarà spazio anche per altri, ad esempio per due giovanissime sorelle Berta e Marta Miralles appena uscite dall’Accademia di Polizia che si sono fatte conoscere con un altro romanzo, “La presidente”. «Voglio scrivere ancora di loro e, magari, se ne farà anche una serie, ma sarà davvero un’altra storia».