Sommerse e salvate

Goliarda Sapienza e non solo, la seconda vita delle scrittrici del Novecento

di Emanuele Coen   13 agosto 2024

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Autrici destinate all’oblio malgrado il loro valore. Romanzi fuori catalogo riscoperti grazie all’ostinazione di editor e scrittori. Il caso dell'autrice de "L'arte della gioia", protagonista in libreria e sullo schermo, non è isolato

Romanzi dimenticati su una bancarella, fuori catalogo, sepolti negli archivi, snobbati da case editrici disattente. Non sempre si tratta di capolavori, ma a volte finiscono nel cono d’ombra cadaveri eccellenti, grandi storie in attesa di una riscossa che non arriverà mai, inventate da scrittrici destinate all’oblio malgrado il loro valore. Per una Goliarda Sapienza salvata, per intenderci, dieci autrici restano sommerse. Eppure in alcuni casi il destino inverte la rotta, il caso – o l’ostinazione di chi cerca – ribalta gli schemi. L’aria sta cambiando: sempre più spesso registe, pittrici, giornaliste, designer, atlete del Novecento vengono riscoperte, scalano le classifiche, tornano alla ribalta attraverso narrazioni altrui, spinte da un’onda potente che affonda le radici nella letteratura e contagia cinema, musica, fumetti, teatro, arti figurative. Scrittrici come Fausta Cialente, Briana Carafa e Laudomia Bonanni, fotografe come Lisetta Carmi, pittrici come Adriana Pincherle, sorella maggiore di Alberto Moravia. È una delle protagoniste della mostra “Artiste a Roma. Percorsi tra secessione, Futurismo e ritorno all’ordine” (fino al 6 ottobre al Casino dei Principi di Villa Torlonia), a cura di Federica Pirani, Annapaola Agati, Antonia Rita Arconti e Giulia Tulino. Cento opere tra dipinti, sculture e fotografie di molte artiste attive nella Capitale nella prima metà del Novecento. Figure  da recuperare a partire da Pincherle, appunto, tra suggestioni francesi e fermenti della Scuola Romana (Capogrossi, Cavalli, Pirandello), quando Roma svettava tra le grandi capitali internazionali della cultura. Alcuni dipinti sono custoditi nella Casa Museo Alberto Moravia, a Roma, ritratti del grande scrittore e delle sue compagne eseguiti da sua sorella. Dalle pittrici il fenomeno si allarga alle star del teatro come Eleonora Duse, considerata la più grande attrice del suo tempo, celebrata a 100 anni dalla morte con eventi, spettacoli teatrali (vedi articolo di Francesca De Sanctis) e la grande mostra “Eleonora Duse - mito contemporaneo” a Palazzo Cini (fino al 13 ottobre), a Venezia.

Intorno a Goliarda Sapienza, poi, si sta sviluppando un fenomeno ampio: prima “L’arte della gioia”, la serie tv (Sky Original) diretta da Valeria Golino e tratta dall’omonimo romanzo postumo ambientato nella Sicilia dei primi del secolo scorso, intreccio erotico e sentimentale sovversivo e sorprendente. E ora il film in corso di realizzazione “Fuori” di Mario Martone, interpretato da Golino, Matilda De Angelis e Elodie e tratto dal romanzo “L’università di Rebibbia”, storia autobiografica di una scrittrice che finisce in carcere per un gesto folle e in prigione incontra alcune giovani detenute. Un episodio che segna l’inizio della sua rinascita.

Il caso della scrittrice siciliana non è isolato. Grazie all’impegno di editor, studiosi e scrittori (soprattutto scrittrici) appassionati di librerie e mercatini di libri usati, molte di queste autrici escono dal dimenticatoio. E così tornano a brillare figure fino a ieri sconosciute come Alba de Céspedes, figlia dell’ambasciatore cubano a Roma, cresciuta tra Italia e Francia. A partire dal suo romanzo d’esordio, “L’anima degli altri”, che la casa editrice Cliquot, specializzata nel recupero di testi e scrittori del Novecento, ha riportato alla luce dopo quasi novant’anni. Situazioni d’amore, scene familiari che raccontano un pezzo d’Italia che sarebbe presto scomparsa. Le pochissime copie originali del romanzo erano disponibili in librerie antiquarie, una delle quali custodita nella biblioteca della Fondazione Bellonci. «È lì che abbiamo potuto leggerlo per la prima volta. Ci siamo accorti subito che si trattava di un testo prezioso, che non figurava neanche nel Meridiano Mondadori a lei dedicato», afferma Paolo Guazzo, uno dei soci di Cliquot, che sull’onda del successo del primo ha pubblicato altri due libri di de Céspedes: il romanzo breve “Prima e dopo” e la raccolta di racconti “Invito a pranzo”.

E così, mentre si moltiplicano le riscoperte, sorge una domanda: perché proprio ora? «Oggi c’è maggior consapevolezza da parte dei lettori, delle lettrici, degli editori, delle persone che si occupano di cultura e di educazione», afferma Anna Toscano, che insegna all’Università Ca’ Foscari di Venezia, fa parte della Società Italiana delle Letterate e scrive saggi sulle autrici del Novecento. «Parlare delle donne come autrici oggi non è solo una postura, come poteva essere vent’anni fa quando se ne parlava ma riferendosi quasi sempre solo a quelle autrici confinate in piccoli box a pié di pagina dei manuali scolastici», aggiunge. In particolare, Toscano su Goliarda Sapienza ha scritto “Il calendario non mi segue”, uscito di recente per Electa. Il suo amore per la scrittrice siciliana nasce nel 2008, quando riceve in dono da un’amica “L’arte della gioia” (Einaudi), firmato dalla scrittrice all’epoca sconosciuta. «Comincio una ricerca tra negozi dell’usato, biblioteche, amiche, siti. Scopro chi è Goliarda e trovo i pochi libri pubblicati in vita nelle prime edizioni», prosegue Toscano: «Poi vengo a sapere che esistono poesie inedite, impazzisco all’idea perché avevo pensato da subito che avesse scritto in versi». Negli ultimi quindici anni la studiosa ha collezionato tutte le edizioni dei libri della scrittrice siciliana e molte di quelle straniere. «Le prime edizioni che raccattavo a un euro sulle bancarelle ora hanno prezzi altissimi. Finalmente», aggiunge la studiosa: «Sapienza è stata ignorata, vuoi perché donna, vuoi perché i suoi testi non venivano capiti, vuoi perché venivano capiti ma facevano paura con tutto quel mondo che contenevano. Anche oggi, a distanza di così tanti anni, alcuni faticano a leggerli». Sapienza, inoltre, non era stata completamente pubblicata, come altre autrici. Ma non solo. «Esistono scrittrici le cui opere non erano state correttamente attribuite, come Camille Claudel, o che erano state considerate una meteora in un ambito specifico, senza considerare la loro vita completa, come Lisetta Carmi. Credo che questa possente riscoperta sia dovuta a una consapevolezza che attraversa vari ambiti. E non trascurerei l’effetto dei social che aiutano il passa parola tra lettrici e studiose, tra editoria e pubblico, tra amiche e amici, riportando a galla un mondo di donne sommerso fino a qualche anno fa. Il successo della ripubblicazione del primo romanzo di Briana Carafa, “La vita involontaria”, da Cliquot in piena pandemia, ci parla proprio di questa rete diffusa».

Quando si delinea un fenomeno culturale, una corrente, si tende a immaginare un magma indistinto. Nulla di più sbagliato. «Tra queste artiste spicca la totale diversità tra loro: per secoli e tempi di appartenenze, per luoghi di nascita e tipologia di esperienze e attraversamenti di vita», conclude Toscano: «Penso a Briana Carafa, uscita per Einaudi a metà anni Settanta e molto letta e poi scomparsa, o alla poeta Piera Oppezzo con una medesima sorte e ora ripubblicate. Autrici contemporanee tra loro e distantissime, che oggi riapprodano a noi. Fausta Cialente, Dolores Prato, Fernanda Romagnoli, Laudomia Bonanni, tra le tante, diversissime tra loro come tipologia di scrittura e temi».

Dalla letteratura, l’arte del ritrovamento passa attraverso altre forme espressive. Le graphic novel, ad esempio. “Matilde Serao. La voce di Napoli” (Becco Giallo editore) è l’appassionante biografia a fumetti realizzata da Francesca Bellino, giornalista e scrittrice, e Lidia Aceto, illustratrice, intorno a una figura emblematica del secolo scorso, Matilde Serao, innamorata di Napoli e pioniera del giornalismo, accompagnata in questo libro dalle sue prime esperienze nel campo dell’informazione fino al coraggioso passo di fondare un quotidiano. La storia si snoda tra le strade vivaci di Napoli, al centro il profondo legame con la città e l’impegno nel raccontare le storie della sua comunità, una su tutte l’eruzione del Vesuvio.

La febbre della riscoperta contagia le case editrici in maniera più o meno sistematica. Electa, ad esempio, ha lanciato la collana Oilà, curata da Chiara Alessi con progetto grafico di Leonardo Sonnoli: brevi biografie “antieroiche” di donne - artiste, illustratrici, scienziate, scrittrici – con l’obiettivo di liberare le protagoniste sia dal ruolo di regine che da quello di vittime. Una decina di titoli in un solo anno e in autunno nuove uscite, tra cui Irene Brin, giornalista di costume e scrittrice, viaggiatrice, mercante d’arte e donna di grande cultura. Figura poliedrica, fiammeggiante: gallerista insieme al marito, Gaspero del Corso, sposato nel 1937, Brin ha lasciato un segno nella Roma pre e dopoguerra fino agli anni Sessanta. Nomade e cosmopolita, figlia di un generale dell’esercito ligure e di un’austriaca, dopo un’esperienza come corrispondente di guerra dalla Jugoslavia firma i primi articoli di costume per Bellezza allora diretta da Gio Ponti. Anni ruggenti a Roma, popolati da attori e registi, sceneggiatori e musicisti, pittori e scrittori, seduttori e belle donne. Da Massimo Girotti a Luchino Visconti, da Filippo de Pisis a Renzo Vespignani e coppie in vista quali Renato Guttuso e Mimise Dotti, Giorgio de Chirico e Isabella Far, Palma Bucarelli e Paolo Monelli, Alberto Moravia e Elsa Morante.

E poi la designer e architetta Cini Boeri, protagonista del design e dell’architettura italiana del Novecento, oltre che una delle pochissime figure femminili, con Gae Aulenti, a ottenere un riconoscimento abbastanza tempestivo del suo contributo al mondo del progetto. Per Boeri, come per Achille Castiglioni, Vico Magistretti e altri grandi del tempo, il compito del designer è la democratizzazione di una migliore qualità della vita.

In molti casi artiste e scrittrici vengono scoperte o riscoperte grazie alla perseveranza di studiosi e autori contemporanei. Non proviene da un percorso accademico Giulia Caminito, tra le giovani scrittrici più interessanti del panorama italiano (“L’acqua del lago non è mai dolce”, edito da Bompiani e tradotto in venti Paesi, nel 2021 ha vinto il premio Campiello). Dopo la laurea in Filosofia, ha lavorato per quattro anni nella casa editrice Elliott, occupandosi anche della collana Novecento italiano. «È accaduto una decina di anni fa: ho utilizzato un approccio da bibliofila, ho trascorso molti giorni alla Biblioteca Nazionale a fare delle ricerche soprattutto nel fondo Falqui alla ricerca di voci di scrittrici non più ripubblicate», racconta Caminito, alla vigilia dell’uscita del nuovo romanzo “Il male che non c’è” (Bompiani), a settembre. Oggi continua a organizzare letture pubbliche, va nelle scuole e nei festival. «In autunno organizzeremo un convegno su scrittrici e attiviste intorno al tema della memoria», afferma Caminito: «La memoria delle scrittrici è ondivaga: a volte ci sono dei periodi di riemersione in cui vengono recuperate e poi però ci sono anche dei momenti di sparizione. Il tema, infatti, non è il recupero in sé ma la stabilizzazione della presenza delle voci delle donne all’interno del dibattito, come punti di riferimento anche all’interno del sistema scolastico».

I tempi cambiano, ma non è la prima volta il mondo della cultura e dell’informazione si accorge di figure dimenticate. Ogni epoca, comunque, fa storia a sé. «Dagli anni Settanta, con l’ondata del femminismo, c’è stata una fortissima rabbia nei confronti dell’assenza delle figure femminili nel dibattito e nell’insegnamento», prosegue Caminito: «Con gli anni Ottanta è iniziata una prima riscoperta e quindi con convegni, ricerche e una scoperta genealogica: le donne, le scrittrici, le attiviste si sono chieste: cosa c’è alle nostre spalle? Perché non le vediamo riconosciute, non vengono tramandate?». Un lavoro proseguito nel decennio successivo, con la riflessione su scrittrici, temi, figure, contenuti. Fino ai giorni nostri, con alcune importanti novità: «Il fenomeno in parte si spiega con il fatto che esistono molte donne lettrici, quindi un pubblico di riferimento, e una nuova onda di femminismo con il #MeToo», conclude Caminito: «Non da ultimo il grande successo di Elena Ferrante all’estero ha generato un grande interesse nel resto del mondo per la riedizione o alla riscoperta di scrittrici».