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Goldrake, storia di un robot fenomeno e della sua censura
Quasi cinquant’anni fa sbarcava sulla Rai l’anime che conquistò una generazione ma venne attaccato dalla migliore intellighenzia. "Fascista", "orgia di violenza annientatrice", "satanasso fosco e crudele": contro Ufo Robot si scagliarono in tanti, da Dario Fo a Vittorio Zucconi fino a Nilde Iotti. E oggi Actarus è tornato in una nuova edizione
La storia comincia in un albergo di Tokyo nel 1975. Bruno-René Huchez, che lavorava per un’azienda di export, accese la tv nella sua camera, vide così per caso un omone di latta impegnato a difendere la Terra dalle forze del Male capitanate da Re Vega, e se ne innamorò perdutamente. Comprò diritti e bobine dell’anime partorito dalla fervida matita di Go Nagai, tornò in quel della Francia e fece sì che Antenne 2 cominciasse a trasmettere le inedite avventure di Ufo Robot Grendizer, poi ribattezzato Goldorak. A quel punto l’arrivo in Italia era cosa fatta. Per la proprietà transitiva dei cugini d’Oltralpe il principe alieno Duke altrimenti detto Actarus, che si muove dentro al robot Goldrake, atterrò da un altro pianeta su Rai Due il 4 aprile del 1978 dentro “Buonasera con…”, un contenitore variegato che ospitava uno spazio cartoni animati. Alla prima puntata di “Atlas Ufo Robot”, trasmesso alle 19,10, quell’orario in cui oggi a distanza di 48 anni si guardano le indagini di efferati crimini di Ncis, si scatenò il silenzio. Ragazzini ammutoliti da una visione del tutto anomala, cresciuti a pane e Disney si ritrovavano in una tempesta mai vista di suoni e colori nonostante la tv dei salotti comuni fosse ancora prevalentemente in bianco e nero e tra battaglie furibonde e lotte per la sopravvivenza si scardinò qualcosa in un Paese che aveva basato sulla stabile ordinarietà tutte le sue certezze. All’improvviso si cominciò a parlare di fenomeno.
Gadget, costumi, accappatoi, fumetti, tazzine e pupazzi occuparono le case come un’invasione, altro che alieni, mentre i bambini armati di penna chiedevano a Goldrake consigli di vita indirizzando le letterine alla Rai come se fosse Babbo Natale. Anche gli adulti guardavano sedotti Actarus, quell’eroe magrolino infilato in un’improbabile calzamaglia che si calava in un robot fuori misura per difendere il mondo, con quel linguaggio da superlativo che sembrava plausibile: «Maglio rotante, raggio supersonico, alabarda spaziale…». Tracce di Medioevo mescolate a un futuro remoto, pianeti lontanissimi che riportavano a un male vicino e condiviso, si mescolarono ai giorni furibondi delle Br e dall’adolescenza chiusa in casa per timore delle bombe.
Ma la pace, come spesso accade, durò poco. La richiesta di censura cominciò a comparire sui giornali che all’epoca ancora si leggevano, radiografando l’eccesso di violenza che inevitabilmente, dicevano in troppi, avrebbe rovinato i piccoli telespettatori abituati a una tv dei ragazzi perlopiù innocua e catapultati all’improvviso nel cuore di una guerra tra pianeti. Difese a spada tratta contro attacchi furibondi diventarono così lo scontro parallelo, che si muoveva con una pesantezza pari a quella dei robot. Intellettuali, politici, sociologici della prima ora, E il teorema era elementare: se guardi un cartone violento diventi violento. Senza ironia alcuna, si puntarono dita contro un temibile robot che mangiava libri di cibernetica e insalate di matematica, come cantava la sigla di Vince Tempera, Ares Tavolazzi ed Ellade Bandini, diventata negli anni una sorta di oggetto di culto nelle reunion di classe.
Così nell’Italia tremante sul nascere degli anni Ottanta, giusto un attimo prima di venire ingoiata dall’ingordigia del Biscione, gli adulti si rimboccarono le maniche per combattere a loro volta Actarus e compagni. La dicotomia tra bene e male convince qualcuno, a partire da Luca Goldoni che promuove un successo da “arrivano i nostri” in un tempo in cui i nostri sembra che non arrivino mai. Ma il “nostro” collettivo attecchisce poco e al punto che si scomoda nientemeno che Silverio Corvisieri, allora membro della commissione di vigilanza Rai, che vede in Goldrake niente di meno che il nuovo pericolo per la Nazione: «Si celebra dai teleschermi l’orgia della violenza annientatrice» e a questo punto chi non interviene nel dibattito non è davvero nessuno. Un boomerissimo Michele Serra parla di cartone “stopposissimo”, pregando la Rai di riguardare Cip e Ciop. Nantas Salvalaggio su Oggi lo definisce “satanasso fosco e crudele”, per la deputata del Pci Nilde Iotti è un cartone «fascista», oltre che «antidemocratico e violentissimo», Dario Fo attacca «l’esaltazione dell’odio per il nemico e la lotta tremenda senza esclusione di colpi» e mentre Gianni Rodari che di piccoli un po’ se ne intendeva, prova a dare fiducia a una generazione sedotta da questo oggetto misterioso chiamato manga, Vittorio Zucconi, pensa bene di volare a Tokyo per intervistare Go Nagai, «il creatore degli stramaledetti frullini spaziali», usando nelle sue domande toni quasi più minacciosi di quelli del cartone.
A un certo punto l’arena si allarga in tv, come un anticipo di talk show con gli scontri tra fazioni, e mentre Beniamino Placido già stufo dell’indignazione collettiva cerca di smorzare i toni a colpi di ironia, un gruppo di genitori di Imola raccoglie in appello comune ben 600 firme per dire basta ad Atlas Ufo Robot a cui risponde, ospitata dalle pagine dell’Unità, una ragazzina di 14 anni: «I vostri figli, cari genitori di Imola possono diventare terroristi non perché guardano Goldrake ma la violenza la subiscono comunque».
Ma alla fine la censura vinse in una soporifera assenza di dissenso, il mondo dei cartoni giapponesi traslocò alla Fininvest, si fece forte di un consenso unanime al di là di ogni simbologia, promuovendo a ruolo di eroe una coppia di giocatori di pallavolo, una bambina orfana a cui sorridevano i monti e via così, mentre Goldrake, che le sue avventure le aveva terminate col ritorno di Actarus sul suo pianeta d’origine, rimase come un ricordo indelebile e struggente, come il primo bacio. Oggi a distanza di quasi mezzo secolo, Rai Due con intemerato sprezzo del pericolo ha deciso di mettere nella calza della Befana il reboot “Goldrake U” (titolo originale “Grendizer U”), nuove avventure per Actarus, Venusia, Alcor, il dottor Proctor e il temibile Vega, una nuova grafica, una sigla incantabile ma in lingua originale, perché oggi la fruizione degli anime si è evoluta e usa così. I personaggi però sono gli stessi, per tredici episodi di 24 minuti e chissà che qualcuno non incroci le dita augurandosi di ricevere qualche briciola del polverone passato che tanta fama contribuì a dare al prodotto originale. Anche se sarà difficile, perché come si sa, oggi neanche la censura è una cosa seria.