Da una parte c’è il procuratore aggiunto di Milano, Alfredo Robledo, che in quei giorni sta indagando sui presunti ladroni del cerchio magico di Umberto Bossi. All’altro capo del telefono c’è l’avvocato Domenico Aiello, che dopo aver difeso Roberto Maroni sta diventando, proprio per effetto di quel terremoto giudiziario, il penalista di fiducia dell’intero partito padano. E in mezzo, ad ascoltare tutto, ci sono i carabinieri di una procura antimafia del Sud Italia. Che non si aspettavano certo di dover registrare dei colloqui riservati tra il pm anti-Lega e l’avvocato della Lega.
Su questo strano cortocircuito tra giustizia e politica sta indagando da circa un anno la Procura di Brescia. Un’inchiesta riservatissima, che per il pm Robledo era iniziata molto male. L’alto magistrato, almeno fino a pochi giorni fa, risultava ancora indagato, a quanto pare per un’ipotetica violazione del segreto istruttorio. Ma in questi mesi i pubblici ministeri bresciani hanno ormai approfondito il caso, che sembra essersi ridimensionato. E ora a Brescia, dove nel frattempo il nuovo procuratore Tommaso Buonanno ha scalzato lo storico pm Fabio Salamone, i magistrati sarebbero orientati a chiedere l’archiviazione. Il verdetto finale comunque spetterà ai giudici delle indagini e fino ad allora Robledo resterà, suo malgrado, formalmente inquisito. Proprio come il suo grande nemico, il procuratore di Milano Edmondo Bruti Liberati, a sua volta sospettato di omissione di atti d’ufficio, per un’inchiesta sulla Sea dimenticata in cassaforte e rivendicata da Robledo dopo un articolo de “l’Espresso”.
La nuova indagine bresciana non c’entra nulla con il feroce scontro tra Robledo e Bruti: è invece uno spezzone di un’istruttoria altrui, molto più ampia e ancora segreta. Si sa soltanto che una procura antimafia, per ricostruire le trame di un colletto bianco, ha intercettato (come sempre) tutti i suoi interlocutori, imbattendosi per caso in Aiello. E così, tra il 2012 e il 2013, per qualche tempo finisce sotto controllo pure il telefonino dell’avvocato. Che, a sorpresa, si sente più volte con Robledo. I carabinieri annotano. E nella primavera 2013 la loro procura manda a Brescia due denunce di reato.
Il tenore delle intercettazioni ha convinto quella procura antimafia che il pm Robledo e l’avvocato Aiello stiano orchestrando manovre per colpire l’ex sindaco di Milano, Gabriele Albertini. Che è un rivale politico: proprio in quei mesi si è candidato contro Maroni in Lombardia. Altre telefonate fanno temere che il magistrato possa avere anticipato all’avvocato qualche notizia riservata della sua inchiesta sui presunti rimborsi-truffa incassati da altri partiti. Di qui la trasmissione al Nord delle intercettazioni. A Brescia però, per fortuna di Robledo, i pm sono in grado di ricostruire un quadro più completo. Albertini, infatti, è già indagato (e oggi rischia il processo) con l’accusa di calunnia proprio ai danni del magistrato milanese: era lui che tentava di screditarlo. Denunciato da Robledo, l’ex sindaco cercava di avere l’immunità dal parlamento europeo, che poi lo ha bocciato. In quelle telefonate Robledo non nasconde l’antipatia per Albertini, ma cerca solo di d’informarsi se la Lega a Bruxelles voterà a suo favore. Mentre per i rimborsi, all’avvocato che gli contesta di perseguitare solo la Lega, il pm ribatte che indagherà su tutti i partiti, come poi succederà, ma senza fornirgli particolari segreti.
In attesa che i giudici bresciani tirino le somme, certo è che il pm e l’avvocato non parlavano di altre indagini che avrebbero potuto interessare entrambi. Nel 2010, quando è diventato il difensore di Maroni, Aiello guidava il ramo penale dello studio internazionale “Dla Piper”, dove a gestire il settore degli appalti era l’avvocata Giorgia Romitelli. Che nel marzo 2014, su richiesta di Robledo, è finita agli arresti domiciliari nell’inchiesta che ha decapitato Infrastrutture Lombarde, la centrale regionale delle grandi opere.