Lista Falciani, quanti ostacoli nelle indagini
Tra prescrizione e "silenzio" degli svizzeri
Sono passati cinque anni da quando l'informatico ha consegnato alla procura di Torino l'elenco degli italiani con un conto nella sede elvetica della Hsbc. Ma le indagini si sono arenate di fronte a problemi legali e burocratici
La caccia agli evasori della lista Falciani è lo specchio dei problemi della Giustizia italiana. Troppi condoni fiscali, che hanno offerto una via di fuga a basso costo per i furbetti. E una prescrizione capace di spazzare via rapidamente indagini complesse come quelle sulla finanza offshore. Tutto questo sommato a un'interpretazione delle leggi che spesso in nome del garantismo contribuisce a creare un forte senso di iniquità. Tutto è cominciato nel settembre 2009, più di cinque anni fa. Un pomeriggio l’informatico italo-francese Hervé Falciani entra nella Procura di Torino accompagnato dal suo avvocato Patrick Rizzo. Ha qualcosa da dire sui clienti italiani con un conto alla Hsbc Private Bank di Ginevra. Nell’ufficio del sostituto procuratore Giancarlo Avenati Bassi, con il capo della Dda Sandro Ausiello e con un ufficiale delle Fiamme Giallle, Falciani inizia a parlare. Così iniziano le indagini italiane. Ma dopo cinque anni, nonostante l’impegno degli investigatori, le condanne penali ottenute sono state poche: poche le informazioni e il tempo a disposizione, troppi gli ostacoli.
Nel 2009 Falciani si dice disposto a collaborare per senso di giustizia e di trasparenza. Racconta degli hard disk coi dati dei clienti della Hsbc, banca che aiuta a occultare patrimoni illeciti. Per sicurezza la Procura di Torino non chiede una copia direttamente all’informatico, ma alle autorità francesi con due rogatorie: lì hanno messo le mani su quel “tesoro” il 20 gennaio 2009 quando, su richiesta della procura di Ginevra, il procuratore capo di Nizza Eric De Montgolfier manda la gendarmerie a casa di Falciani per sequestrare il materiale informatico sottratto in Svizzera. De Montgolfier però si accorge che quei dati potrebbero essere utili, motivo per cui ne tiene una copia e comincia a indagare. [[ge:rep-locali:espresso:285144811]] Dopo mesi, nel 2010, la Francia trasmette le informazioni all’Italia. Emergono nomi e cognomi dei titolari del conto, il luogo di nascita e il saldo disponibile. Un po’ poco, ma è già un inizio. La lista viene utilizzata in due modi: una copia al Comando generale della Guardia di finanza, che porta avanti le verifiche fiscali nell’ “operazione Ginevra”, mentre i nomi dei correntisti vengono distribuiti alle 120 procure italiane col compito di portare avanti le indagini penali. Alcuni magistrati, nonostante le linee guida decise in un supervertice a Torino, preferiscono non usarla. È il caso della Procura di Pinerolo, che chiede l’archiviazione di un’indagine perché ritiene illegittimo l’uso di quei dati. Il 4 ottobre 2011 il giudice le dà ragione: il dato era «processualmente inutilizzabile» in quanto la lista Falciani era il provento di una «appropriazione indebita aggravata di documenti». Il procuratore capo di Torino Giancarlo Caselli si impunta, reputa che quei dati debbano essere sfruttati. Però poche settimane dopo è la Commissione tributaria di Como a ritenere inutilizzabili quelle informazioni negli accertamenti fiscali.
Queste non sono state le uniche difficoltà sorte. Le indagini penali hanno dovuto muoversi tra vari ostacoli. Nella maggior parte dei casi le autorità giudiziarie elvetiche non hanno mai collaborato con gli investigatori italiani che operavano sulla “lista Falciani”. Inutile anche il viaggio di Caselli e del procuratore aggiunto Alberto Perduca nella Confederazione: per gli svizzeri la lista Falciani era frutto di un furto e per loro era impossibile fornire dettagli sui movimenti bancari operati dai titolari o informazioni aggiornate sui clienti italiani. In alcuni casi, poi, sul fronte delle verifiche fiscali ci si è dovuti fermare di fronte ai condoni e gli scudi fiscali voluti dai governi. Poi c’era la prescrizione, sempre in agguato: i dati dell’informatico risalgono a conti del 2005, 2006 e 2007 e per i reati fiscali la prescrizione è di circa sette anni: difficile ottenere condanne definitive in tempo. Per scoprire altri reati, come il riciclaggio, il gioco è più duro nonostante i termini di prescrizione siano più lunghi: nome, cognome e saldo disponibile non bastano a capire se quei soldi sono stati accumulati illecitamente, occultando le proprie ricchezze al fisco, accumulando tangenti o nascondendo i proventi di traffici illegali. Gli stessi problemi si ripercorrono anche ora che la procura di Torino e il Nucleo tributario della Guardia di finanza stanno lavorando sulla lista “Falciani” ricevuta un anno fa dalla Fiscalia Anticorrupcion di Madrid, con cui Falciani collabora dal periodo del suo arresto a Barcellona nel 2012: molti dei nominati emersi sono già noti, pochi quelli su cui lavorare ancora, cercando di non inciampare negli ostacoli. Tutto inutile, o quasi.