Mafia, la 'ndrangheta fa poker a Malta Le cosche lucrano sul gioco d'azzardo on line

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La malavita calabrese ha trovato una miniera: ?il gioco in rete gestito dall’isola a sud della Sicilia. Dove ha ottenuto complicità ad altissimo livello

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Mariolino Gennaro ha fatto il grande salto: da ex rapinatore di periferia a manager del gioco on line. Dalla strada violenta agli uffici finanziari di prestigio. Da Reggio Calabria a Malta. Separate dal mare, unite da un business miliardario. È come se i quattrini dei clan avessero legato con un ponte immaginario queste due terre del Mediterraneo.

La ’ndrangheta ha infatti scelto di giocare pesante nel settore oggi più remunerativo e meno rischioso: l’azzardo sul Web, che sembra legale ma tale non è. Almeno in Italia, dove l’Aams - l’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato - non sa nulla dei tavoli verdi virtuali su cui si puntano scommesse milionarie. Le giocate vengono ricevute da server che si trovano in un altro Paese, vicino geograficamente all’Italia, ma blindato da una legislazione che tutela uomini e capitali, spesso sporchi.

È a Malta che batte il cuore strategico e finanziario del betting targato ’ndrine, ma per puntare sui tavoli che gli uomini dei clan hanno apparecchiato non c’è bisogno di spostarsi. Basta trovare una delle oltre 1.500 agenzie che sono state convinte, con le buone o con le cattive, ad adottare il sistema per scommettere “fuori banco”. Un software e il gioco è fatto: il cliente versa i soldi in contanti, poi decide su cosa puntare. Ma di tutto questo lo Stato italiano non sa nulla. A garantire l’anonimato è il suffisso “com” che identifica i siti di gioco on line fuori dalla portata delle autorità italiane preposte al controllo dell’azzardo e dunque considerati illegali, ma su cui Malta non ha nulla da ridire. Per questo è su quel fazzoletto di terra nel Mediterraneo che le cosche di Reggio Calabria hanno piazzato il quartier generale di quella che per gli investigatori è una delle più grandi lavatrici di denaro sporco.

A gestire la rete per conto del clan è un gruppo di leoni di questo nuovo affare. Fra loro, c’è chi, a 35 anni, è già manager di importanti società del betting. Ma non si tratta di tycoon in erba, né di maghi della finanza internazionale. Per i magistrati, sono uomini a cui la ’ndrangheta ha affidato un incarico. Per questo anche nel loro nuovo mondo la lingua franca non è l’inglese dei mercati internazionali, ma il calabrese. Quando parlano in maniera compulsiva al telefono per organizzare il lavoro e le serate, le loro voci si sentono fin sotto la piazzetta del residence dove alloggiano. Un complesso con 400 lussuosi appartamenti (arrivano a costare anche un milione di euro) che ospita anche l’hotel Hilton, un porto turistico per gli yacht, un casinò, ristoranti, shopping center e un grande parcheggio multipiano. Gli uffici dove operano si trovano a pochi metri da dove vivono. Alle spalle di questa struttura svetta la Portomaso tower, 112 metri di vetro e cemento nel cuore di Saint Julian, il centro maltese della movida e degli affari. Così tutto diventa possibile: anche che un ex rapinatore della ’ndrangheta diventi manager di un colosso del gioco.

Non è la prima volta che gli inquirenti italiani scoprono interessi mafiosi a Malta. Le procure di Napoli e Reggio Calabria più volte hanno seguito i boss fin qui, per poi perderne le tracce, rese evanescenti da società che rimangono anonime anche di fronte alle più cocciute rogatorie. Possono, il diritto locale lo consente. Questa volta però i pm Giuseppe Lombardo e Stefano Musolino, insieme ai sostituti Luca Miceli e Sara Amerio, hanno scoperto la rotta - finanziaria e criminale - che dalla punta dello Stivale porta fino a La Valletta. E per la prima volta affiorano complicità che lambiscono la politica e toccano gli ambienti finanziari.

Tra gli indagati dell’inchiesta Gambling, infatti, compaiono alcuni maltesi di peso. C’è, per esempio Iusif Galea, un faccendiere con un passato nell’autorità maltese di vigilanza sulle scommesse e un tempo legato all’ex commissario europeo John Dalli. Dalli fu il primo e l’unico commissario costretto a dimettersi per un’indagine avviata dall’Olaf (l’ufficio antifrode dell’Ue) e poi archiviata. Nel suo Paese ha ricoperto anche vari incarichi ministeriali nel governo di Lawrence Gonzi, anche lui esponente del partito nazionalista. Un cognome che compare pure nei documenti in mano ai pm dell’antimafia calabrese: nei rapporti della Guardia di finanza infatti c’è il figlio dell’ex primo ministro, David Gonzi, che con il padre ha fondato uno degli studi legali e di consulenza più prestigiosi dell’isola, con una specializzazione nel settore del betting. Anche il giovane rampollo Gonzi è tra gli indagati.

Sia Gonzi sia Galea sono finiti nel mirino degli investigatori per i loro ruoli in una delle due società maltesi utilizzate dagli imprenditori reggini per la raccolta dei soldi delle scommesse. Entrambi hanno a che fare con la “Betsolution4you Ltd”. Il figlio dell’ex premier è il socio di una delle società che controllano tramite una serie di altre holding la Betsolution, mentre Galea è amministratore unico di quest’ultima.

A fare da trait d’union fra la Malta che conta e la ’ndrangheta è Mario Gennaro. “Mariolino” non è un broker, ma un ragazzo della periferia nord di Reggio: strade che sembrano mulattiere circondate di case popolari e condomini abusivi. «Era uno che da ragazzo rubava i motorini per comprarsi le calze» dicono di lui i pentiti. “Mariolino” è stato chiamato a diventare nome, volto e referente della società dei clan reggini. Così si è trasferito in un residence di lusso e ha preso le distanze dai “compari” di sempre. La vita dell’ex rapinatore di periferia è cambiata, i suoi interlocutori sono personaggi di alto profilo a Malta e grandi boss a Reggio.

La fortuna di Mario il manager è aver conquistato la stima del genero del boss Tegano, la famiglia alleata dei De Stefano. E aver fatto della sua passione, il poker, un business utile per il clan. Da un misero Internet point a Reggio Calabria, Mario Gennaro, approda prima a Padova, quindi a Roma e poi a Malta. Si afferma come country manager dei maggiori siti per il gioco on line, da Sport and Games, passando per Goalsbetitalia, fino al maltese Betuniq. Grazie al poker aggancia professionisti e politici che gli consentiranno di organizzare un torneo sovvenzionato dall’amministrazione di Giuseppe Scopelliti nel centro culturale della città, ma anche professionisti del betting come Riccardo Tamiro, ex responsabile per la Gran Bretagna della Betshop, approdato in seguito a Malta dove si è affermato come consulente della Aycons, monopolista del settore delle scommesse sportive, nonché nome e volto della Skirmony.

Quest’ultima società maltese si presenta come “centro studi di professionisti, che da diversi anni accompagna gli operatori di gioco nazionali ed internazionali nella loro crescita sul mercato dei giochi in Italia”, ma i suoi tentacoli operativi sono molti. Skirmony controlla direttamente la società di scommesse maltese Gamelux, ma per le Fiamme Gialle ha rapporti anche con la Finecom Spa, fra le principali realtà italiane di gambling on line. Allo stato Tamiro non è indagato nell’inchiesta della procura reggina, ma per gli inquirenti è lui il mentore di uno degli storici soci di Gennaro, quel Cesare Oscar Ventura di cui è anche cugino e cui ha fornito le dritte per muovere i primi passi nel mondo del gioco on line.

Suggerimenti di cui ha beneficiato anche Mariolino, che per gli inquirenti è in tutto e per tutto un uomo di ’ndrangheta. E non solo perché a finanziare la congerie di società del suo sistemone, è stata un’enorme mole di capitali mafiosi. «Dietro Mario Gennaro», scrive il gip, «c’è la ’ndrangheta, che lo ha prima allevato e poi elevato a referente nel mercato dei giochi». Una rete in cui sembrano essere rimasti impigliati anche nomi noti dell’establishment maltese. E, forse, non solo maltese.

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