È la più grande fuga ?di notizie nella storia ?dello sport mondiale. ?E rivela un malaffare ?che danneggia tutti ?i contribuenti onesti. Ecco da dove parte il lavoro dell'Eic a cui l'Espresso ha lavorato in esclusiva per l'Italia

Otto hard disk, 1,9 terabyte di dati. l’equivalente di mezzo milione di Bibbie. O, per dirla più semplicemente, la più grande fuga di notizie nella storia dello sport. Questo è Football Leaks. ?Il frutto delle rivelazioni di una fonte anonima.

Del lavoro di indagine di quasi sessanta giornalisti. Di migliaia di contratti, messaggi, email, fatture. Documenti che mostrano senza filtri i meccanismi - leciti e illeciti - attraverso cui lo sport più popolare al mondo è stato trasformato in una delle industrie più avide e spericolate. Con giocatori trattati come titoli finanziari. Decine di milioni di euro nascosti nei più riservati paradisi fiscali, da Jersey a Madeira, da Panama alle British Virgin Islands. Il tutto a danno dei contribuenti di quei Paesi che avrebbero dovuto incassare questi soldi, Italia inclusa. E dei tifosi, ?di chi spende denaro - un biglietto per ?lo stadio, un abbonamento per la pay-tv, una maglia per il figlio - per godere ?del cosiddetto “beautiful game”.

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La storia di Football Leaks inizia alla fine del 2015, quando l’omonimo sito internet comincia a pubblicare ?alcuni contratti di calciatori. ?Documenti esplosivi, che arrivano ?da una fonte anonima.

La Fifa avvia subito indagini su diverse squadre. In Olanda viene squalificato per tre anni dalle competizioni internazionali il Twente, club segretamente finanziato da un fondo d’investimento diventato così proprietario di alcuni giocatori. Alla Commissione europea viene chiesto di avviare un’inchiesta sul trasferimento di Gareth Bale, passato dal Tottenham al Real Madrid per 100 milioni di euro anche grazie alle garanzie fornite da alcune banche spagnole, le stesse salvate qualche anno prima dal governo locale con 40 miliardi di euro pubblici. Insomma, le rivelazioni provocano un terremoto nel magico mondo del pallone. E il sito, sopraffatto dal suo stesso successo e oggetto di sempre più frequenti attacchi informatici, decide di interrompere l’attività.

È qui che inizia il lavoro dell'EIC – European Investigative Collaborations – un network giornalistico europeo formato da 12 testate, di cui l’Espresso è fondatore e unico rappresentante per l’Italia. Dietro la fuga di notizie c’è John, un nome di fantasia usato per identificare la fonte delle informazioni.

Le testate fondatrici del consorzio EIC


Nella primavera del 2016, pochi mesi dopo lo stop del sito Football Leaks, il whistleblower decide di condividere i segreti con il settimanale tedesco Der Spiegel. L’obiettivo è quello di non limitarsi più a pubblicare singoli documenti, ma mostrare al pubblico ?il quadro generale, evidenziando le connessioni e i personaggi che si nascondono dietro questa massa impressionante di documenti.

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Un lavoro d’indagine lungo e complesso, con ramificazioni in buona parte del globo. Anche per questo, entrato in possesso degli hard disk, Der Spiegel li condivide con l’EIC. Nel corso degli ultimi nove mesi, 52 giornalisti investigativi di tutta Europa, con l’aiuto di una decina di esperti del web, hanno analizzato i dati, si sono incontrati di persona (ad Amburgo, Bruxelles, Parigi, Lisbona), hanno utilizzato una piattaforma internet criptata per comunicare ?in sicurezza a distanza.

Ma chi è John? Chi lo aiuta? E perché fa tutto questo? Sebbene Der Spiegel sia stato in contatto con lui per più di un anno, lo abbia incontrato decine di volte e ci abbia parlato per centinaia di ore, non è ancora chiaro se questo giovane nato in Portogallo, che parla cinque lingue e ne sta imparando altre due, abbia ricevuto aiuti finanziari. Lui si limita a dire che Football Leaks è il prodotto di un gioco di squadra: «Non abbiamo mai hackerato nessuno, non siamo hacker. Tutto ciò che abbiamo sono delle buone fonti».

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Nel database, in effetti, alcuni indizi fanno credere ?che il lavoro non appartenga esclusivamente a una persona. Ma su questo la fonte non aggiunge altro. La sua attenzione è rivolta al contenuto ?dei file. «È ora finalmente di dare una ripulita al mondo del calcio», è la tesi, ?«i tifosi devono capire che con ogni biglietto dello stadio, con ogni maglietta della squadra del cuore, ?con ogni abbonamento per guardare ?le partite in tv stanno alimentando un sistema estremamente corrotto».

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John sa bene di essersi fatto dei nemici con Football Leaks, e sa anche che i nemici aumenteranno ora che le testate dell’EIC inizieranno a pubblicare le storie. Fra i dati, infatti, si trovano connessioni con la mafia russa, despoti africani, miliardari kazaki e turchi. Gente che ha guadagnato, o ha provato a guadagnare, montagne di soldi con ?il calcio, ma che ha sempre cercato di mantenere segreta la propria identità. ?È il caso di Doyen, la società finora più esposta dai Football Leaks, di cui sono stati resi noti alcuni affari importanti ma non i nomi degli investitori.

Questa storia non è fatta però solo ?di coraggio e amore per la verità. ?C’è anche un tentativo di ricatto. È il 3 ottobre 2015. Meno di una settimana prima il misterioso sito ha iniziato a pubblicare documenti sul mondo del calcio. Una email raggiunge Nelio Lucas, l’agente portoghese che rappresenta Doyen. Il mittente è Artem Lobuzov. Uno pseudonimo, forse. L’unica certezza è che il messaggio arriva da Yandex, provider russo usato anche da Football Leaks.

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Oggetto della email: documenti di cui Lobuzov sarebbe in possesso. Informazioni pericolose per Doyen. «Possiamo risolvere tutto questo facilmente ?e nel massimo riserbo, preferibilmente attraverso degli avvocati», scrive Lobuzov. Il 21 ottobre le cose sembrano andare in questa direzione. Da due settimane ormai il sito ha smesso ?di pubblicare informazioni su Doyen. ?

In una stazione di servizio fuori Lisbona s’incontrano Lucas, il suo avvocato e Aníbal Pinto, il legale scelto da Lobuzov. Lucas fa due proposte. La prima è di dare a Lobuzov 300mila euro in cambio dello stop immediato alla fuga ?di notizie. La seconda prevede che ?il presunto hacker inizi a lavorare per Doyen, con un bonus d’entrata da 1 milione di euro. Com’è finita? Gli stessi file di Football Leaks raccontano che l’incontro avvenuto fuori Lisbona è stato registrato dalla polizia portoghese. Il tentativo di ricatto non è dunque andato a segno, e questo è uno dei motivi che ha convinto l’EIC a proseguire nel suo lavoro. L’altra ragione è ancora più importante.

Sebbene non siamo riusciti a determinare precisamente chi c’è dietro questa fuga di notizie, insieme ?a Der Spiegel e agli altri partner dell’Eic l’Espresso ha deciso di pubblicare comunque articoli basati sui Football Leaks perché i dati sono socialmente rilevanti: aiutano a fare chiarezza ?sul mondo del calcio, di gran lunga ?lo sport più popolare d’Europa. ?Un’industria in cui, come dimostrano ?i documenti dell’inchiesta, si opera spesso illegalmente.