Al confine svizzero di Como e Varese come a quello francese di Ventimiglia tornano di moda i passeur. E sono i profughi la “merce” da esportare. Ecco come funziona il nuovo mercato

Al bar di fianco al valico sorridono. «È lo stesso mestiere di sempre». “Mestiere”: il contrabbando. Qui epica familiare di notti di luna con sacchi in spalla, di finanzieri “nemici” su sentieri segreti, di carichi in soldi, sigarette, caffè, valori, cioccolata. Poi droga. E oggi: migranti. I trucchi tramandati da generazioni di spalloni sono stati adattati all’ultimo business di frontiera: i profughi. Stranieri o italiani, disoccupati o piccoli delinquenti, sulla loro auto, a piedi, dall’ufficio o alla guida di un tir, sono in tanti ad essere entrati, silenziosi ed efficaci, nell’affare dei “passaggi”, ereditando l’esperienza delle valli.

Nel 2015 la Guardia di confine svizzera ha fermato 414 passeur. A gennaio ne ha presi 32, di cui due italiani. Facilitatori sparsi nel flusso di oltre 29mila migranti che hanno tentato il Nord. Personaggi defilati che possono guadagnare molto: le barriere d’Europa favoriscono infatti un mercato nero di viaggi e documenti falsi destinati a chi può solo pagare illegalmente per arrivare dove ha bisogno. C’è chi insegue il suo sogno seduto da passeggero così, e chi finisce schiacciato nel retro di un camion, rischiando di soffocare. Per i profughi i diritti sono un optional che costa: la qualità della rotta dipende dai contanti versati.

Soldi che finiscono a “individui, opportunisti, di basso livello” che fanno da sponda alle reti di trafficanti, come li ha bollati l’Europol in un rapporto pubblicato a febbraio per il primo “centro europeo contro gli smugglers”. E ora gli sbarchi in aumento sulle coste siciliane - 18 mila arrivi in tre mesi - e i muri, come quello che sta alzando l’Austria, rischiano di dare nuova linfa ai mezzi clandestini: solo nei primi tre mesi del 2016 la polizia di frontiera a Ventimiglia ha arrestato 17 passeur. Gli ultimi erano una coppia: lui francese, lei polacca. Si erano fatti caronti fra Mortola e Mentone a favore di due migranti. Sei chilometri. Per 250 euro ciascuno.
Migrante in attesa del treno Ventimiglia-Nizza

USURA AGGRAVATA
Da Milano alla Germania i passatori chiedono 800 euro a persona. Lo stesso viaggio, in bus, ne costa 70. È questa sproporzione ad aver convinto i magistrati svizzeri a indicare il reato di “usura aggravata” in due processi contro alcuni passeur italiani. Stefano M. è stato condannato a febbraio, per questo, a 15 mesi. Trentasette anni, una casa nel borgo storico di Luino - in provincia di Varese, da una parte il lago, dall’altra il confine - seguiva le indicazioni di un iraniano residente in Ticino. L’uomo era il suo datore di lavoro: legale, in un negozietto a Lugano. E illegale, per i “passaggi” di extracomunitari.

Era lui a gestire le richieste di trasporto e a ricevere i soldi dalla Germania, dalla Grecia o dalla Turchia, per poi pagare in contanti Stefano e gli altri che si occupavano di portare in auto i profughi da Milano (i punti di raccolta: un kebab in via Padova, uno svincolo in viale Rubicone) alla Germania. Una rotta semplice, con la sola spina dell’attraversamento della dogana italo-svizzera. Lì, usavano la staffetta: il capo passava da un valico minore, si accertava che non ci fossero controlli, quindi dava il via libera agli altri. Proprio come nella tradizione del contrabbando.

Gli affari andavano talmente bene ch’erano pronti a espandersi: stavano organizzando un trasporto direttamente dalla Grecia. Stefano M. avrebbe dovuto andarci in camper, con la moglie. Per tornare dalla “vacanza” con un carico umano. Stefano: chi l’ha conosciuto per le indagini lo descrive come una persona “in stato precario”, finita nella banda nella speranza di mantenere il suo impiego e il permesso di soggiorno in Svizzera. L’iraniano gli dava uno stipendio di 700 franchi, più altre poche migliaia per gli otto viaggi compiuti in tre mesi. Per un altro italiano,

Giuseppe M., i guadagni sono stati ben superiori: tra i 56 e gli 80 mila euro, per un’ottantina di passaggi in due anni da Como alla Germania. Processato lo scorso maggio, era stato arrestato in Ticino mentre trasportava tre siriani sulla sua bella Mercedes. Non ha rischiato molto, in fondo: è stato condannato a 24 mesi, di cui 14 sospesi. Ai profughi chiedeva di versare il denaro direttamente dall’estero, perlopiù tramite compagnie di money transfer. Pagamenti anticipati. Sul campo, poi, sapeva lui come muoversi. Conosceva le strade, gli orari, le facce. Era un habitué: il valico che utilizzava era sempre lo stesso, quello tra la val d’Intelvi, in provincia di Como, e Arogno, il comune svizzero dove aveva da tempo un’attività.
due rifugiati afgani scovati dalla polizia francese dopo essere entrati da Ventimiglia

TRADIZIONI
Don Giusto della Valle indossa un giaccone trasandato e pantaloni scuri. È giovedì pomeriggio e per raggiungerlo bisogna farsi largo nella comunità densa che frequenta la sua parrocchia a Rebbio, un quartiere di Como: i profughi che ospita fino in casa sua, le signore che preparano la messa, i ragazzi che giocano a calcio, le donne turche che festeggiano un compleanno all’oratorio, i coscritti comaschi che preparano la cena. «Qui accogliamo tutti», dice. Uno spazio raro. Racconta di una serata in cui provocatoriamente, dal microfono, disse a un incontro: «C’è qualcuno che potrebbe far pagare meno di 800 euro a queste persone il passaggio verso Nord?». Due giorni dopo un abitante andò da lui e gli disse, serio: «Don, se serve un mio amico di Ronago lo fa di mestiere».

Il mestiere: contrabbandiere d’uomini. De sfroos, di frodo. «È considerato “normale”, nulla di strano, vecchia tradizione», commenta il prete: «Finché i confini per i migranti saranno un ostacolo, si favorirà questo mercato». È esattamente come la pensano al bar di Ronago, confine Italia-Svizzera, sbarre alzate, pigre, quattro uomini fuori. I passeur? «È da trent’anni che ci sono». Anche per i migranti? «Sai che scoperta. Certo: pagano». E i controlli? «Esistono i cellulari. I piantoni c’erano, ci sono e ci saranno. Quando uno verrà preso, sarà sempre la prima volta». Le reti sono fatte per essere bucate. «Lo sanno anche i sassi, qui». E i valichi sono poco presidiati.

È qui a Ronago che a gennaio un furgone non si è fermato al posto di blocco. Una guardia ha intimato l’alt, sparando, l’autista ha fatto inversione ed è tornato in Italia. Sarebbe stato un pregiudicato emiliano. Con al fianco persone di colore. Un passatore? Sempre a Ronago nel 2011 erano stati fermati Guido Polese e Mario Poerio, due trentenni del comasco, che stavano accompagnando a piedi nei boschi sei eritrei, fra cui una donna incinta. Il primo fu condannato in direttissima a un anno. Ad aprile 2015 condividevano ancora, su Facebook, l’arresto di un trafficante d’uomini a Lampedusa. Mentre nell’estate del 2014 Polese ha pubblicato un video, citando l’amico, in cui si vede una macchina ridipinta con una bomboletta spray nera. «È meglio che non faccia vedere la targa», dice. E nota: auto “in partenza per un viaggio senza ritorno”.
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Io, profugo, cacciato dai preti di Francesco
21/10/2015

IL DECALOGO DEL PROFESSIONISTA
Per aggirare ogni barriera basta conoscere la strada, un giro più largo, un nascondiglio più complesso, una cifra più alta. Fa parte del “know how” dei passeur. Lo sanno bene a Ventimiglia: dopo il blocco francese della frontiera, a luglio, mentre i richiedenti asilo si arrampicavano sugli scogli in protesta, i passatori hanno visto fiorire i loro traffici. Da agosto a dicembre le azioni coordinate delle polizie d’Italia e Francia hanno permesso di arrestarne 31. «Non dimenticherò mai un’operazione dei primi di settembre», racconta Martino Santacroce, il dirigente del corpo di frontiera: «Avevamo notato un furgoncino alla periferia di Ventimiglia, fermo da giorni». Un veicolo vecchio, rovinato. Come accade quasi sempre. Di notte vengono fatti salire i migranti. L’autista è un italiano di 38 anni, nato a Roma, residente a Milano. Il compenso richiesto: meno di 100 euro a testa, pagato in parte a destinazione.

«Per questo, perché non scappassero, aveva chiuso le persone dall’esterno. In 23. Bloccate da fuori, ammassate», continua Santacroce: «L’abbiamo seguito sull’A8 in direzione Mentone. Appena oltre la frontiera, l’abbiamo fermato. Ha provato a scappare. Prima in macchina. Poi si è messo a correre a piedi. Quando abbiamo spaccato il lucchetto, sono stato male. C’erano anche due minori fra i 23. L’aria era finita. Alcuni erano sul punto di svenire». A tentare in ogni modo una strada verso la Francia, la Germania, o il Nord scandinavo sono soprattutto eritrei, pakistani, bangladeshi, sudanesi o malesi, dicono i dati della polizia di Ventimiglia. A traghettarli fra i confini interni d’Europa sono stati arrestati nordafricani, pakistani, romeni, francesi. E questi nuovi italiani.
Dalla polizia di frontiera di Ventimiglia

Come un fiume, aggirano le barriere mobili poste contro i migranti. Aumentano i controlli sui treni? Le ultime operazioni, a marzo, hanno fatto scoprire agli agenti profughi ammassati sul retro delle locomotive, di cui i passeur avevano ottenuto la chiave. L’autostrada è monitorata? A gennaio hanno arrestato due passatori, con tre clienti, al valico di Olivetta San Michele, chilometri di tornanti su una statale della campagna ligure. «Ora le operazioni di controllo e contrasto sul confine francese sono costanti», spiega Domenico Savi, direttore interregionale della polizia di frontiera: «Restiamo in un clima di attesa per quello che accadrà nei prossimi mesi. Con l’arrivo della bella stagione, gli aumenti degli sbarchi in Italia, e sempre meno Paesi confinanti che rispettano le norme di Schengen...».
Alcuni migranti in treno verso la Francia - di Gianni Cipriano

TRAFFICANTI PER CRISI
«L’Italia rischia di trasformarsi in un tappo che salirà fino ad esplodere», commenta Alberto Sinigallia, presidente della fondazione Arca di Milano, che ha dato supporto a oltre 30mila richiedenti asilo in transito solo negli ultimi sei mesi: «Sempre più spesso vediamo ragazzi che partono la mattina e tornano la sera, respinti». Ci provano. Sono invitati a provarci, nonostante il blocco del Brennero, nonostante i controlli. «I passeur li aspettano in stazione», raccontano Ivan Colnaghi e Saif Eddine Abouabid, due operatori del centro: «Li aiutano a fare i biglietti, conoscono gli orari migliori, i notturni, i festivi, o quelli dei pendolari, quando basta una camicia per mimetizzarsi. Per ogni biglietto impongono un sovrapprezzo di 20,30 euro. Un passeur capace in giornata ne guadagna anche 400».

I giovani di Arca sono lì dal mattino. Cercano di far desistere i richiedenti asilo dall’usare quei mezzi. A volte riescono. Ma a volte il desiderio di raggiungere i familiari a Nord è più forte del rischio dell’illegalità. Come lo è per gli italiani la possibilità dei soldi che l’improvvisarsi contrabbandieri può portare, anche a fronte dei rischi. «Ci sono stati molti meno fermi in Ticino negli ultimi mesi», commenta Damiano Risi, il commissario capo di Ponte Chiasso: «I passeur stanno sempre più dietro le quinte: fornendo documenti e itinerari».
Dalla polizia di frontiera di Ventimiglia

I trafficanti, di solito, «sono membri della comunità: eritrei, siriani, iracheni, magrebini», aggiunge Christoph Cerinotti, capitano della polizia del Canton Ticino e direttore del Gruppo interforze per la repressione dei passatori, un pool con base a Chiasso creato a settembre: «Pensiamo che gli italiani di cui stiamo seguendo le tracce invece siano passatori occasionali, persone che capiscono che si può fare e quindi si mettono a disposizione, per arrotondare lo stipendio».

È quanto dimostrato anche nella maxi-inchiesta della procura di Palermo contro un network di trafficanti d’uomini eritrei, “Glauco”: Roberto, Valentino, Marco, sono italiani che si prestano a fare da autisti per qualche migliaia d’euro al mese. O da mariti di convenienza (vedi box), se serve. La crisi sembra averli buttati nel business. Così dicono in paese anche per Daniele Filippini, un uomo di 50 anni, di Fino Mornasco, in provincia di Como. La moglie impiegata alle poste, lui proprietario di un negozio di elettronica che i vicini raccontano chiuso da anni. E non ne vogliono parlare. Filippini è stato arrestato in Ungheria mentre trasportava sul suo Ducato rosso 33 siriani che volevano arrivare in Austria. Rischia fino a 5 anni di carcere, ora. Lì non conviene, improvvisarsi contrabbandiere.