Altra lista di connazionali con l’offshore. Dal genero della defunta Susanna Agnelli ai grandi armatori. E poi le banche, le assicurazioni e non solo. Ecco chi sono i ricchi italiani che hanno aperto società nelle isole caraibiche

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Il sole dei Caraibi ha riscaldato le fortune di una ricca corte di italiani. Industriali, manager della finanza, titolari di catene alberghiere, compagnie di navigazione, fabbriche di occhiali, società di rifiuti. Tutti alle Bahamas, nel paradiso fiscale più anonimo del pianeta, con un seguito di familiari, professionisti e avvocati. I documenti svelati dall’International Consortium of Investigative Journalists (Icij), esaminati da “l’Espresso” in esclusiva per l’Italia, fotografano un mondo parallelo: il lato nascosto dell’economia italiana. I protagonisti sono molto diversi, ma hanno due tratti comuni. Sono tutti ricchi. E hanno approfittato di un sistema globalizzato, fino a prova contraria legale, anche se ingiusto, che consente di non pagare nessuna tassa sui profitti internazionali: basta aprire una offshore. Una delle oltre 175 mila società anonime, ora schedate nei Bahamas Leaks, che avvantaggiano pochi privilegiati, mentre masse di cittadini nel resto del mondo restano tartassati e impoveriti dalla crisi.

Alle Bahamas sono registrati parecchi nomi dell’Italia che conta. Giancarlo Renda è un imprenditore con varie società nel settore dei rifiuti e delle energie alternative. La sua è una famiglia importante: ha sposato Samaritana Rattazzi, seconda figlia di Susanna Agnelli. Renda risulta azionista e amministratore, dal 4 luglio 2007, della Santa Maria Columbus Ltd, immatricolata dallo studio caraibico Gibson & Company. “L’Espresso” lo ha contattato, senza ottenere chiarimenti. Ha invece risposto il suo fiscalista, Sandro Macchioni, registrato come tesoriere della offshore: «Quella Ltd era una società immobiliare di diritto bahamiano. Non ne conosco né le dinamiche gestionali, né la sorte attuale, non essendo più collegato ad essa da circa un decennio». Inutile chiedere di più al terzo amministratore (director): è un’altra società anonima delle Bahamas, Metered Limited.

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Sergio Stevanato
è un grande industriale veneto che da una piccola fabbrica di bottiglie ha creato un colosso delle fiale per farmaci, arrivato a fatturare mezzo miliardo all’anno. Alle Bahamas viene registrato, il 9 maggio 2011, come amministratore della Seframa Limited, insieme alla moglie Barbara. La società paga dal 2006 al 2015 l’unica mini-tassa prevista ai Caraibi: 350 dollari all’anno. Il signor Stevanato ha gentilmente chiarito che «la Seframa Limited gestiva attività di natura finanziaria». E alla domanda se sia stata dichiarata al fisco italiano o regolarizzata con lo scudo o la disclosure, ha risposto: «Certamente».

In Grecia la crisi ha acceso le polemiche sulle offshore esentasse dei grandi armatori. Ma anche in Italia i big delle navi fanno rotta sui Caraibi. Stefano Rosina controlla il gruppo Premuda e ha come socio di minoranza Antonio Gozzi, patron di Duferco e presidente di Federacciai. L’armatore genovese è registrato alle Bahamas, dal 1996 fino al 2002 (almeno), come director della Premuda Obo Investments Ltd. Nel 1998 Rosina partecipa, con altri due italiani, anche al consiglio direttivo della Premuda Bulk Ltd, che aumenta il suo capitale a cinque milioni di dollari, provenienti da altre tre società anonime: Premuda International, Duferco Investments, Financiaire Cavour. Il signor Rosina non ha risposto alle domande de “l’Espresso”.

Immediati invece i chiarimenti offerti da Enrico Bogazzi, armatore di Carrara, registrato come director della Swedish Orient Line (Bahamas) Limited. «Sono stato per 4 o 5 anni azionista della Swedish Orient Line, una compagnia di navigazione quotata a Stoccolma, con il mio socio svedese Michael Kjellberg. Quando la società fu tolta dal listino, ne detenni il 50 per cento, che ho venduto nel 2005. Per quel che ricordo, la società delle Bahamas era una sussidiaria “one vessel”, titolare cioè di una delle navi del gruppo». Non una cassaforte, dunque, ma una portabandiera (esentasse).

Il paradiso fiscale ha attirato anche Yanko Della Schiava, manager dell’alta finanza e figlio dell’ex presidente della Camera nazionale della moda. Alle Bahamas Yanko risulta director, dal 2003 al 2007, della Windmill Fund Ltd. Al suo fianco c’è il banchiere Lupo Del Bono. L’offshore è stata sciolta nel 2013, mentre gli affari dell’ex direttore precipitavano. Yanko Della Schiava è genero e partner di Walter Noel, il fondatore americano del fondo Fairfield, che ha perso sette miliardi di dollari nel colossale crac di Bernard Madoff. Dal 2000 al 2007, Yanko ha presieduto anche l’anonima panamense Financial Advisory Partners. L’uscita dalle offshore coincide con i primi allarmi della Sec americana sul sistema Madoff. Da Della Schiava, nessun commento.

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Gli atti riservati delle Bahamas non portano solo ai santuari della finanza, ma a tutti i livelli dell’economia. Marcello Pigozzo è un imprenditore veronese titolare della catena di hotel di lusso Mpg. Dal 26 giugno 2001 al luglio 2003 risulta amministratore della Elegant Hotels Limited, che nel 2013 è ancora attiva, ma con altri gestori: l’ultimo lavora alle Isole Cayman. Nel 1996 Pigozzo aveva preso il timone anche della Good Beginning Development Ltd, che è un crocevia di paradisi fiscali: è nata alle British Virgin Islands con un pacchetto di società anonime create dalla filiale di Hong Kong dello studio Mossack Fonseca di Panama. Nel marzo 1996 il suo capitale sale a 3 milioni e 980 mila dollari. Mentre la società cambia nome e diventa Dihc (Holdings) Corporation. L’imprenditore non ha chiarito se le due offshore siano ancora attive e in regola col fisco italiano.

Edoardo Luigi Piva è l’amministratore del gruppo alberghiero Minihotel di Milano. Alle Bahamas nel 2009 diventa director della Hammond Properties Limited con un certo Andrea Cocini. La società era già citata nei Panama Papers, ma restava misteriosa, perché la proprietà era schermata da fiduciarie italiane e di Guernsey. Ora gli atti delle Bahamas mostrano che proprio Piva e Cocini, con altri familiari, hanno deciso di trasferirla da Nassau, nel giugno 2010, a Milano, allo stesso indirizzo della Minihotel. Dagli interessati, nessun commento.

Piereugenio Comacchio è uno dei principali azionisti della Matrix, una fabbrica veneta di occhiali da sole. Dal febbraio 2012 risulta anche director di una società delle Bahamas, Moon Beam Holdings Ltd. Oggi il suo avvocato, Pierpaolo Simonetto, assicura che «la posizione fiscale dell’ingegner Comacchio nei confronti dello Stato italiano è da collocarsi nella più assoluta regolarità e legalità».

Emanuele Cisa Di Gresy è un uomo d’affari italo-svizzero noto alle cronache per un maxi-progetto turistico in cantiere in un’oasi protetta di Siracusa. “L’Espresso” nel 2011 scoprì che quell’ondata di cemento era appoggiata dall’ex ministro dell’ambiente, Stefania Prestigiacomo, mentre i rogiti erano firmati dal marito notaio della parlamentare forzista. Gli oppositori, guidati da un sacerdote, vociferavano già allora di offshore misteriose. In effetti Di Gresy risulta director, dal 1999 al dicembre 2005 (almeno), della Global Market Strategies International Inc delle Bahamas. Di Gresy ha però chiarito di essere «cittadino svizzero per parte di madre» e di non avere alcun obbligo fiscale in Italia.

Alle Bahamas non mancano offshore alla rovescia, usate non per esportare soldi, ma per investirli in Italia. A spiegarlo è l’avvocato romano Michele De Meo, amministratore dal 2004 al 2009 della Northcote Holdings Limited insieme al russo Alexey Seleznev e al miliardario anglo-iraniano Ardavan Farhad Moshiri: una offshore con un capitale di 10 milioni di dollari. Alle Bahamas l’avvocato è stato anche procuratore della Elevon Ltd. De Meo chiarisce così il suo ruolo: «Circa dieci anni fa ho curato gli interessi di alcuni uomini d’affari, non europei, che compravano immobili in Italia. Per loro ho costituito società italiane con quotisti stranieri. Ho curato la sola parte contrattuale italiana». I forzieri esentasse, dunque, servivano solo agli stranieri «per investire in Italia».

Analoga, ma senza nomi, la risposta del commercialista bergamasco Michele Manzotti: «Una banca europea mi ha chiesto, tre o quattro anni fa, di svolgere la funzione di procuratore della Bluesidis Ltd, prospettando la possibilità di investimenti in Italia o in Europa. Ad oggi tale ipotesi non si è ancora concretizzata. Non ho interessenze in tale società, da cui non ho percepito compensi».

Di solito però succede il contrario: un professionista o un banchiere portano clienti italiani nei paradisi fiscali. Alle Bahamas, tra mille altri fondi, “l’Espresso” ha trovato la Apolloni Private Investments Holding Ltd, la tesoreria del gruppo offshore di Gian Luca Apolloni, il consulente romano arrestato nel 2013 per frode fiscale con Massimo Ciancimino, figlio dell’ex sindaco mafioso di Palermo. Apolloni era già citato nei Panama Papers: era diventato il rappresentante in Italia dello studio Mossack Fonseca. Ora si scopre che a garantire per lui a Panama, con una lettera «confidenziale» del 2008, fu l’allora direttore della filiale Roma 12 di Banca Intesa: «Apolloni è un uomo d’affari affidabile e ha sempre onorato i suoi impegni».

Alessandro Mitrovich è un banchiere che ha diretto in Italia colossi come Jp Morgan e Royal Bank of Scotland guidando anche la fusione con Abn Amro. Oggi presiede la Phinance Partners, che ha gestito la maxi-vendita degli immobili ex Telecom. Dal 2011 risulta anche director della Ursa Assets Ltd delle Bahamas. Anche da lui nessuna risposta.

Dalle banche alle assicurazioni: Francesco Bosatra è un manager delle Generali, già capo-area per Svizzera, Germania, Gran Bretagna e Stati Uniti. Il 24 maggio 2011 viene registrato alle Bahamas come amministratore della Generali Worldwide Insurance Company Limited. Ma a cosa serve quella offshore? E gestisce anche soldi di italiani? La società nata a Trieste ha risposto che «Generali Worldwide (Gww) è un’impresa assicurativa del gruppo, con sede a Guernsey e filiali in altri Paesi, tra cui Bahamas: è specializzata in coperture assicurative per multinazionali. La filiale delle Bahamas offre prevalentemente coperture per spese mediche a persone e aziende di quelle isole, dove non esiste un servizio sanitario nazionale». Una specie di mutua offshore, insomma. Tutti in regola, questi italiani alle Bahamas.

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