Manager, imprenditori, possidenti. Ma anche sacerdoti e principesse. Ecco i clienti di Appleby, la grande fabbrica di società anonime dalle Bermuda alle isole Cook. Un elenco che nei prossimi giorni crescerà
Ci sono imprenditori, manager di grandi aziende e ricchi uomini d'affari. Avvocati e consulenti fiscali, che potrebbero agire in proprio oppure come fiduciari per conto di clienti che non vogliono comparire. Ma ci sono anche nobili, possidenti, sacerdoti, commissari giudiziari. E perfino piccoli artigiani o commercianti: una offshore non si nega a nessuno.
Ecco i primi nomi italiani dei Paradise Papers, i documenti riservati dei paradisi fiscali. Sono
soggetti registrati dallo studio Appleby – al centro della grande fuga di notizie ottenute dal consorzio giornalistico Icij - come azionisti o dirigenti di società offshore. In alcuni casi nei documenti delle Bermuda o di altri paradisi fiscali c'è solo un nome e un generico riferimento alla cittadinanza: Italy.
In questo elenco
L'Espresso pubblica solo nomi di persone identificate con certezza, confrontando i dati registrati da Appleby con le visure societarie italiane.
Attenzione però alle omonimie:alcuni titolari di società offshore potrebbero avere lo stesso nome e cognome di persone che non c'entrano nulla con i paradisi fiscali. Nei registri societari italiani, per esempio, compaiono 29 imprenditori diversi che si chiamano tutti Giovanni Stabile e in qualche caso hanno anche lo stesso secondo nome, anno di nascita e città di riferimento professionale. L'unico signor Stabile registrato come direttore di una offshore delle Isole Vergini Britanniche (a cui si riferisce la tabella che pubblichiamo in questo articolo) è un imprenditore dei trasporti e consulente aziendale, con interessi tra Roma e Genova, che ha trasferito la residenza fiscale a Montecarlo e controlla anche società di Malta. Quindi non va confuso con altri imprenditori omonimi e in particolare con il signor Giovanni Antonio Stabile, titolare di un'azienda di pulizie di Roma, che non ha mai avuto società offshore e non ha alcun legame economico né rapporti di parentela con il primo.
L'Espresso offre a tutti gli interessati il
diritto di replica:
in questo link pubblichiamo integralmente le lettere di precisazioni e spiegazioni inviate per email alla nostra redazione. In particolare, il signor
Paolo Pietrogrande chiarisce di essere stato inserito in una società delle Bermuda come manager di Enel Green Power che aveva acquisito un gruppo estero; gli avvocati
Domenico Capra (che è anche docente universitario),
Elisa Cappellini e
Gianpietro Quiriconi spiegano di aver assistito una società con sede nell'isola di Man soltanto come legali in quattro cause civili davanti al tribunale di Milano;
Sebastiano Bazzoni precisa di aver amministrato un fondo d'investimento alle Bermuda su designazione di Unicredit, la banca per cui lavorava; il commercialista e commissario giudiziario
Ignazio Arcuri e il manager finanziario
Mario Barozzi chiariscono la loro posizione e sottolineano di avere rispettato tutte le leggi in vigore. Tutti precisano di non aver mai nascosto alcun reddito al fisco italiano.
Finora nessuno degli oltre cento italiani identificati da L'Espresso all'interno dei Paradise Papers
ha smentito la notizia di essere stato registrato dallo studio Appleby tra gli azionisti o dirigenti di società o trust offshore, con sede in uno dei 19 paesi indicati dal consorzio giornalistico Icij come paradisi fiscali e societari.
La mappa degli italiani dei Paradise Papers