Secondo gli ultimi dati dell’agenzia europea di statistica in quasi tutti i settori i nostri salari medi non reggono il passo con quelli francesi, tanto meno con tedeschi o inglesi. E il divario tra uomini e donne cresce con l'età
Gli stipendi degli italiani continuano a essere fra i più bassi d’Europa. Secondo gli ultimi dati resi noti dall’agenzia europea di statistica, relativi al 2014, in quasi tutti i settori i salari medi non reggono il passo con quelli francesi, tanto meno con tedeschi o inglesi. Fra le nazioni principali soltanto quelli spagnoli sono inferiori - sebbene serva tenere in considerazione anche i diversi costi della vita nei vari paesi nonché il variabile peso del fisco.
Sia nei principali settori industriali che nei servizi gli stipendi risultano minori per centinaia - in qualche caso persino migliaia - di euro al mese. Dove invece sono grosso modo nella media è nel campo degli alloggi e della ristorazione, nonché nella sanità e nei servizi sociali. Decisamente buoni, d’altra parte, gli stipendi medi all’interno delle attività di estrazione di combustibili fossili.
Dalle stesse informazioni possiamo anche ricostruire quanto prendono i
giovani rispetto ai lavoratori maturi. Quasi sempre l’anzianità paga e, con qualche eccezione minore, il reddito cresce con l’età. La distanza fra matricole e veterani appare particolarmente ampia nei servizi finanziari o di informazione e comunicazione nonché - di nuovo - nelle attività estrattive.
Lo scarto appare invece molto più corto in diversi altri settori, dove magari a inizio carriera non si prende molto meno rispetto a campi più blasonati, ma neppure ci si può aspettare di andare chissà quanto avanti. È il caso, per esempio, dell’istruzione o del trasporto. Per parte sua, invece, il commercio è fra i pochi settori in cui lo stipendio medio cresce fino ai 60 anni, ma da lì poi torna un po’ indietro.
Ma che il salario debba sempre e per forza crescere con l’età è un’idea forse più diffusa in Italia che altrove, o comunque in quelle nazioni dove si tende a premiare l’anzianità di servizio come un valore in sé. Altrove, in Europa, le cose vanno in modo diverso, e quanto si riceve tende a essere collegato in maniera più stretta a quanto si produce, a prescindere dall’età. Succede per esempio in Germania e nel Regno Unito, dove praticamente in tutti i campi il picco arriva intorno ai 50 anni, quando l’esperienza si coniuga alla capacità di imparare cose nuove. In seguito però lo stipendio medio tende a calare, invece che continuare a crescere come avviene appunto in Italia o in Spagna.
Dando un’occhiata agli stipendi, emerge subito anche
la differenza fra uomini e donne. Dai settori in cui appare relativamente piccola, come negli alloggi e nella ristorazione dove vale un centinaio di euro al mese, per arrivare alla finanza o alle professioni scientifiche e tecniche - quando invece vale quasi mille euro.
Ci sono varie ipotesi per spiegare un divario tanto ampio. Potrebbe trattarsi, sostengono alcuni studi, di campi in cui spesso è necessario lavorare al di là delle tradizionali ore da ufficio, e questo in qualche modo risulta uno svantaggio per le donne. C’è poi il problema
istruzione: una volta le donne erano spinte verso studi che portavano a redditi più bassi, anche all’interno dello stesso settore, e questo non può che ripercuotersi sulla loro vita lavorativa - anche se oggi forse un po’ meno di ieri. Resta comunque che anche se le giovani hanno una retribuzione simile a quella dei loro colleghi, per le età più avanzate il divario diventa sempre maggiore - e a fine carriera porta a un reddito medio doppio, triplo o ancora superiore.
Quando si parla di stipendi, bisogna comunque tenere a mente che si tratta di valori lordi, cioè prima che arrivino a mordere le tasse. Per capire quanti soldi - concretamente - restano in tasca alle persone bisogna poi sottrarre anche
imposte e contributi previdenziali che incidono in maniera molto diversa da nazione a nazione e da persona a persona.
Nel fare confronti fra nazioni diverse bisogna anche ricordare che sì, la moneta può anche essere unica, ma questo non significa che sia per forza identica ovunque.
Mille euro guadagnati in Italia non sono uguali a mille euro guadagnati in Spagna o in Francia, perché a cambiare è il potere d’acquisto. A volte con la stessa cifra è possibile comprare più cose, a volte meno - per esempio perché c’è maggior concorrenza e i prezzi sono più bassi -, e questo significa che a conti fatti il valore reale del nostro stipendio dipende anche da dove lo guadagniamo.
Ma possiamo tenere in conto anche questo: fatta 100 la media di 28 paesi europei, viene fuori che un euro francese vale circa 7 punti percentuale in meno, uno tedesco 4. Viceversa, la stessa somma in Italia compra grosso modo 3 punti in più di beni o servizi, 8 nel Regno Unito e 11 in Spagna. Tutto considerato, quindi, gli stipendi nel paese iberico sono abbastanza più alti rispetto a quanto sembrerebbe a prima vista, quelli italiani leggermente di più; francesi e tedeschi al contrario vanno aggiustati in una certa misura nell’altra direzione.
Eppure, anche con tutti gli aggiustamenti del mondo, il problema dell’Italia resta.