Per la prima volta il Miur diffonde i dati sull'edilizia scolastica. E si scopre che le strutture sicure costituiscono l'eccezione e non la regola. Scoprite nel nostro interattivo qual è a situazione nella vostra città


Le scuole del nostro Paese non stanno bene: e non si tratta di un modo di dire, ma della preoccupante situazione in cui versa l'edilizia scolastica. Per la prima volta infatti, grazie ai dati forniti dal ministero dell’Istruzione, è possibile avere una panoramica generale dello stato degli edifici che ospitano gli istituti in giro per la penisola. E le notizie sono tutt'altro che buone.

Oltre 2.700 scuole italiane si trovano in zone a elevato rischio di terremoti, ma non sono state progettate o adeguate alle più recenti norme antisismiche. Difficile prevedere quali saranno le conseguenze in caso di un terremoto di una certa intensità, ma certo i precedenti non invitano all’ottimismo.

LEGGI La replica del Miur e la nostra risposta

Si tratta di un gruppo a maggior rischio, perché si trova in aree molto sismiche, ma che dal punto di vista edilizio non può essere considerato un’eccezione. Gli stessi dati del MIUR, aggiornati all’anno scolastico 2015/2016, mostrano che poco meno di nove scuole su dieci non garantiscono i migliori standard di sicurezza a studenti e docenti. A trovarsi in questa condizione 44.486 scuole pubbliche, su un totale di 50.804 censite. All’interno delle statistiche mancano invece le strutture delle province autonome di Trento e Bolzano.

Le norme antisismiche cui fanno riferimento i dati sono tutt’altro che recenti: difficile pensare che non ci sia stato il tempo di adeguarsi. Parliamo di un decreto che risale ormai a quasi dieci anni fa, approvato nel gennaio 2008. Ma la volontà politica e le risorse stanziate sono tutto un altro discorso. Al di là della retorica neppure il terremoto del Molise del 2002, in cui persero la vita una maestra e 27 bambini proprio nel crollo di una scuola elementare, pare essere stato sufficiente per far diventare una priorità la sicurezza degli edifici scolastici.

Ma ora è quanto meno possibile costruire una mappa nazionale per comprendere la dimensione del problema, e accertarci se la nostra scuola o quella che frequentano i nostri figli, risulta in sicurezza o meno. Se la politica non sembra interessarsi al problema, forse qualche risultato può essere raggiunto tramite la pressione dell’opinione pubblica

La mappa del rischio



(La mappa a tutto schermo può essere consultata qui)

Una delle difficoltà maggiori è che molte strutture sono vecchie, e per questo più vulnerabili. Oltre 8mila scuole si trovano in edifici costruiti almeno 50 anni fa, e 331 di queste risultano proprie nelle aree del paese in cui si prevede che ci saranno i sismi più devastanti. Come se non bastasse, alcune sono anche soggette a vincolo idrogeologico, il che significa che esse sono esposte contemporaneamente a tutti i rischi possibili.

Alcuni istituti risultano in questa situazione estrema: quasi tutte scuole elementari, insieme a una materna e a un istituto professionale. Anche se si tratta di scuole differenti, alcune di queste sono ospitate nella stessa struttura.

Per comprendere il livello di rischio in cui si trovano queste strutture non serve particolare immaginazione: basta ricordare che fra esse si trovava la scuola crollata la scorsa estate ad Amatrice, in seguito al sisma del centro Italia.

Gli edifici più in pericolo



A voler allargare lo sguardo, area per area, si fa prima a contare le strutture sicure, che quasi sempre sono l’eccezione e non la regola. In tutta la provincia di Roma, per esempio, su oltre 2mila scuole censite, di progettate o adeguate in seguito alle norme antisismiche ne risultano 60. A Milano sono invece 33, a Napoli 151, e così via. In province come Cagliari, Oristano, Sassari, Gorizia e Trieste non ne compare neppure una. Al contrario, tra le zone con maggiore presenza di scuole sicure troviamo la provincia di Lucca, con il 73 per cento del totale, ma subito dopo il calo è repentino: segue Trapani (46 per cento), L’Aquila (43 per cento) e Frosinone (40 per cento).

Si tratta comunque di aree dalle caratteristiche diverse, e come mostra la mappa del rischio sismico in alcune è assai più probabile che si verifichino terremoti intensi che in altre. Quest’ultimo è un fattore cruciale per capire dove il problema è urgente, e dove invece lo è meno.

Come sono gli edifici nella tua città


Il MIUR, interrogato sulla qualità di queste statistiche, ricorda che: «I dati presenti in anagrafe sono inseriti dagli enti locali ai quali compete la gestione degli edifici», ovvero «i comuni per le scuole del primo ciclo e le province per le scuole del secondo ciclo». In alcune occasioni le informazioni sono mancanti, e questo significa che «l’ente locale competente, al momento dell’inserimento dei dati, non ha indicato nulla», dunque è a esso che vanno imputate eventuali mancanze o errori.

«Il dato non mi sorprende - commenta Enrico Spacone, professore di ingegneria strutturale all’università di Chieti-Pescara - Una parte rilevante degli edifici scolastici è caratterizzata da strutture vecchie e progettate secondo classificazioni sismiche del territorio ormai datate».

D’altra parte l’età dell’edificio è «sicuramente rilevante» perché, spiega ancora Spacone: «La normativa del 2008 è molto diversa da quella che si applicava 50 anni fa. L’ingegneria sismica è una scienza piuttosto recente, e allora si sapeva molto meno di quanto si sa oggi. Le leggi attuali sono molto più avanzate, con criteri di progettazione diversi e una maggiore cura dei particolari costruttivi. Inoltre una struttura con più di 50 anni va controllata, per verificare qual è lo stato di conservazione dei materiali e se vi sono segni di deterioramento».

Scopri se la tua scuola è sicura



Certo la questione della sicurezza sismica è assai più generale di quanto può apparire a prima vista. «Me ne sto interessando da anni», continua Spacone, «per mitigare il rischio non solo e non tanto nel singolo manufatto, ma a livello urbano e territoriale. Ma il problema va affrontato con lucidità e senza gli isterismi mediatici che dominano soprattutto giornali e televisioni dopo un terremoto. Bisogna partire dall’analisi dello stato di fatto per identificare le linee di intervento, privilegiando prima edifici strategici come scuole e ospedali, e mettere in piedi incentivi per i privati affinché intervengano sui propri edifici. Un intervento a pioggia però non serve. Faccio un esempio. Posso anche rimettere a posto la mia casa, ma a che scopo se poi crolla la strada per arrivarci? Qualunque azione deve essere preceduta da una pianificazione urbana territoriale e nazionale degli interventi. Altrimenti l’anarchia che ha condotto al disordine attuale darà luogo a interventi scollegati che per mitigare i rischi non serviranno a nulla».

L'autore ringrazia Paola Morrone e Stefano De Gregorio per l'aiuto durante il lavoro di ricerca per questo articolo.

Aggiornamento 5 Giugno
Qui è possibile leggere la repica del Miur all'articolo e la nostra risposta

Aggiornamento del 16 giugno

Qui è possibile leggere il Preciso che della scuola Mariele Ventre di Ragusa