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Vaticano Offshore: ecco la rete del finanziere di fiducia del papa

Base a Malta. Affari a Cipro, Canada e Italia. Ecco chi è e cosa fa Joseph Zahra, banchiere vicino a Bergoglio

Il maltese Joseph Zahra, finanziere di lungo corso, banchiere e amministratore di grandi società internazionali, è un professionista di fiducia del Vaticano. Da una decina d’anni ha messo la sua esperienza al servizio di due papi: prima Benedetto XVI e poi Francesco, che lo ha scelto come vicecoordinatore del Consiglio per l’economia, la massima authority di vigilanza sulle finanze della Santa Sede.

Un curriculum da peso massimo, come ben sapevano i partecipanti alla consultazione su “Finanza e bene comune”, promossa dalla fondazione pontificia Centesimus annus. «Dobbiamo dedicare più tempo alla selezione di amministratori e consiglieri delegati», ha scandito Zahra davanti a una selezionata platea di studiosi e uomini d’affari, spiegando che «tocca ai dirigenti promuovere il cambiamento».

L’autorevole oratore non poteva immaginare che di lì a poco avrebbe sperimentato in prima persona l’importanza delle sue parole. A fine aprile del 2016, meno di tre mesi dopo quel convegno su Finanza e bene comune, Zahra ha dato le dimissioni dal consiglio d’amministrazione di Nemea Bank, con sede a Malta, dopo che la Banca centrale europea era intervenuta, limitando prelievi e versamenti dei correntisti, a causa di gravi irregolarità di gestione rilevate dopo una lunga ispezione. Nel marzo del 2017, la vigilanza europea ha infine ritirato la licenza bancaria a Nemea, un istituto fondato da due imprenditori finlandesi, che aveva raccolto via Internet decine di milioni tra i risparmiatori di svariati Paesi, tra cui l’Italia, promettendo tassi da favola, fino al quattro, cinque per cento annuo.

L’infortunio del consulente del Papa è passato praticamente inosservato. Zahra, 62 anni, è un professionista a cui certo non fanno difetto esperienza e relazioni ad alto livello. Questa rete di protezione ha funzionato alla grande anche due anni fa, quando il finanziere con base a Malta è uscito senza danni dallo scandalo che ha travolto la commissione vaticana Cosea, di cui era presidente. Istituita da Bergoglio nel luglio del 2013 per preparare la riforma della Curia vaticana, Cosea è finita sui giornali alla voce VatiLeaks, cioè la fuga di notizie per cui sono stati condannati il monsignore spagnolo Lucio Vallejo Balda e Francesca Chaouqui (entrambi membri della commissione) e assolti i giornalisti Emiliano Fittipaldi dell’Espresso e Gianluigi Nuzzi. Mentre l’anno scorso andavano in scena in Vaticano le udienze di un processo raccontato dai media di tutto il mondo, Zahra si era già accomodato sulla poltrona di numero due del Consiglio per l’economia guidato dal cardinale tedesco Reinhard Marx.

Il nuovo incarico suona come una conferma ulteriore della fiducia del Papa nei confronti dell’uomo d’affari maltese. Proprio partendo dall’isola, Zahra ha saputo creare una ragnatela di potere che va dall’Italia a Cipro arrivando fino al Canada, dove l’economista ascoltato da Papa Francesco meno di un anno fa è diventato membro del consiglio direttivo di una delle più importanti aziende locali, la Birks, produttore di gioielli con base a Montreal e negozi sparsi anche negli Stati Uniti.
Joseph Zahra

Zahra resta però legato soprattutto alla sua terra natale. Grazie ai MaltaFiles, l’archivio riservato elaborato dall’Espresso insieme al consorzio giornalistico internazionale Eic (European investigative collaborations), si scopre infatti che sono almeno una trentina le società con sede nell’isola di cui il professionista di fiducia del Vaticano risulta amministratore, azionista o rappresentante legale.

L’attività di consulenza aziendale ruota attorno alla Surge Advisory, la ditta di famiglia. A cui poi vanno aggiunti decine di incarichi nelle aziende più svariate. Si va dalla Medserv, che si occupa di logistica petrolifera, fino alla Misco, partecipata dal gruppo francese Ipsos, colosso delle ricerche di mercato. Affari e poltrone sono il frutto di un sistema di potere che si è consolidato nell’arco di una ventina di anni, durante il lungo predominio politico del Partito Nazionalista maltese, a cui Zahra è sempre stato molto vicino e dal quale ha ricevuto in cambio incarichi prestigiosi, come quello di presidente del Comitato per l’introduzione dell’euro nell’isola.

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Una poltrona affidatagli dall’allora premier Lawrence Gonzi, con cui Zahra ha condiviso anche il posto di consigliere della sfortunata Nemea Bank. Adesso a Malta comandano i Laburisti del primo ministro Joseph Muscat, ma le relazioni d’alto bordo restano. Il nome di Zahra ricorre anche a Cipro, crocevia di flussi finanziari offshore, miliardi di euro provenienti soprattutto dalla Russia. Il businessman di casa in Vaticano figura tra gli amministratori di società di consulenza aziendale e finanziaria come Chasophie group e 3A Global limited. E batte bandiera cipriota anche la Synovate Ltd, a cui è intestato il 49 per cento della maltese Misco.

Quest’ultima è sbarcata anche in Italia. Già nel marzo 2012 la Confindustria di Messina aveva organizzato un convegno per promuovere investimenti a Malta, una meta conveniente grazie agli incentivi fiscali garantiti dal governo di La Valletta. Tra i relatori dell’evento troviamo Zahra in persona, che nella città dello Stretto può contare sui buoni uffici di Francesco Vermiglio, ex docente di Economia alla locale università e titolare di uno studio di commercialista. Il fratello di Francesco, Carlo, è un avvocato che tra i tanti incarichi è stato vicepresidente del Consiglio nazionale forense fino alla fine del 2015, quando è stato chiamato nella giunta regionale siciliana di Rosario Crocetta come assessore alla Cultura in quota Alleanza Popolare, il partito di Angelino Alfano.

Anche Francesco Vermiglio è di casa in Vaticano. Il suo nome compare tra i sette membri laici del Consiglio per l’economia di cui, come detto, Zahra è vice coordinatore. La coppia di amici viaggia da tempo sugli stessi binari. Nel 2002 erano entrambi nel board della Bank of Valletta, il principale istituto di credito della piccola isola mediterranea. Misco Italy advisory, sede a Malta e partecipata da Vermiglio, ha invece avuto vita breve: nata nel 2011, è stata liquidata l’anno scorso. In Italia, i due professionisti collaborano come amministratori del gruppo Fire, un marchio ben conosciuto nel mondo del recupero crediti, con clienti come Tim, Vodafone, Enel ed Eni. Sede legale a Milano, base operativa a Messina, l’azienda controllata dalla famiglia Bommarito nel 2014 è stata multata dall’Antitrust per le pratiche un po’ troppo aggressive nei confronti di migliaia di clienti in arretrato nei pagamenti.

Il caso è stato chiuso con il pagamento di una multa di 150 mila euro e la promessa di interrompere quelle che l’Authority per la concorrenza ha definito «pratiche commerciali scorrette». Nel frattempo il gruppo siciliano ha fatto rotta verso il nord. A luglio 2014 è stato siglato l’accordo con il Credito Valtellinese, che ha venduto la quota di maggioranza della società Creset. Il gruppo Fire ha così affiancato alla tradizionale attività nel recupero crediti anche quella di riscossione di tributi per conto di decine di comuni ed enti locali del Nord.

L’affare Creset porta di nuovo dalle parti di piazza San Pietro. Nel 2014, quando è stata siglata la vendita a Fire, il presidente del Credito Valtellinese era Giovanni De Censi, classe 1938, banchiere cattolicissimo da sempre vicino alla Curia romana. A tal punto che nel 2009 venne scelto tra gli amministratori dello Ior, la banca del Papa. De Censi fece un passo indietro già l’anno successivo. Pochi mesi prima delle sue dimissioni, la procura di Roma aveva bloccato 23 milioni su un conto del Credito Artigiano di Milano, che fa capo al Credito Valtellinese.

Persa la poltrona allo Ior, il banchiere di Sondrio ha però mantenuto relazioni importanti ai vertici della Chiesa. Giusto un paio di anni dopo le sue dimissioni è infatti apparso all’orizzonte il gruppo Fire dei Bommarito, affiancati dal maltese Zahra e dall’amico Vermiglio. È così che è andato in porto l’affare Creset, siglato a Milano, ma con la targa del Vaticano.

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